Il Generale Estate non riserverà sorprese diverse da quelle che ogni giorno siamo costretti a subire. Mercenari che fanno numero ma non politica. Stiamo scivolando in una crisi senza fine. Al ritorno troveremo nuovi scandali. Letta e Tremonti non risuciranno a sopravvivere al post Cavaliere
Enzo MARZO – Al rientro solo Napolitano potrà salvare il Paese mettendo fine allo scandalo del governo Berlusconi
04-08-2011Che ci porterà il Generale Estate? Ormai è tradizione consolidata che l’agosto italiano sia molto movimentato. Già da tempo è da incoscienti azzardare profezie. Tutti i giorni sono buoni per il deflagrare di uno scandalo o per un sommovimento politico. Tuttavia, purtroppo, ormai per una generazione di italiani ogni settembre ha confermato la discesa di qualche gradino nella “discarica” e, per i più giovani, il famigerato “è tempo di migrare”. Ogni volta ci dicevamo: “siamo arrivati a toccare il fondo”; alcuni più spiritosi aggiungevano: “e adesso cominciamo a scavare”.
Eppure questa volta due sono le convinzioni profonde che osiamo affermare: uno, la parabola politica del berlusconismo è giunta al suo termine, e, due, è diventata di massa la consapevolezza di quale grumo di criminalità, di sfacciataggine, di arroganza sia l’attuale gruppo di potere. Ora si fanno ingannare solo coloro che vogliono essere ingannati. Berlusconi ha sempre agito senza maschera e quindi coloro che lo hanno assecondato non hanno attenuanti; oggi però il presidente del consiglio ha abbandonato ogni ritegno e pur di salvare la sua posizione personale si è messo a fare man bassa d’ogni residuo di democrazia. La fretta e l’incalzare degli eventi lo mostrano ancora più nudo e sfrontato, ma anche più maldestro.
Se volessimo arrischiare una sistematizzazione di tutto il berlusconismo, potremmo dire che a questo ultimo periodo ben si adatta l’etichetta “alla Fede”. Perché si è passati dalla ipocrisia buffonesca del Contratto con gli italiani, cioè “dalla fase Vespa”, alla cialtroneria più impudica, appunto “alla fase Fede”. Considerandoci ancora un paese di democrazia occidentale, Berlusconi dovrebbe dimettersi non per la somma di tutti gli i suoi atti ma gli dovrebbe bastare anche solo un singolo episodio scelto a caso. Basti vedere le ultime nomine nella compagine governativa, con filo-mafiosi corrotti e già incriminati, fino alla ventesima, la più sciagurata, legge ad personam. Il regime berlusconiano è stato colpito al cuore non certo per merito degli oppositori, ma dalla frantumazione di se stesso avvenuta esattamente un anno fa.
Il Generale Estate del 2010 ci regalò la consunzione del patto che univa le due maggiori forze di maggioranza. Anche se i giornali benpensanti si affrettarono a chiudere ben presto quel capitolo e a sottovalutarlo per giocare tutti a favore di Arcore, è indubbio che la cacciata-secessione di Fini ha costituito l’inizio della vera fine. Berlusconi da quel momento ha perduto ogni alibi di politicità del suo governo. I successivi errori del Terzo Polo gli hanno permesso di recuperare con l’azione abietta della compravendita di parlamentari una maggioranza esclusivamente numerica. Ma con questa si vivacchia sotto ricatto, non si governa. Oggi Berlusconi è solo se stesso. La politica quasi non c’entra più.
Ogni giorno i quotidiani riportano come il castello di carte, certamente sopravvalutato dall’opposizione che ha dato più di una mano per costruirlo e per conservarlo, si sta sgretolando sotto gli accertamenti delle Procure. Il quadro che emerge è oltremodo putrido, ma non dovrebbe scandalizzare nessuno perché è perfettamente coerente con la natura e l’etica pubblica professata da due decenni dai membri più autorevoli del gruppo di potere berlusconiano.
Tornati dalle vacanze, gli italiani non potranno che trovare nuovi scandali e saranno ancor più motivati i mantra che andiamo ripetendo in ogni occasione: “la realtà supera la fantasia”, oppure “oltre questo non si può scendere”. E invece si continuerà a precipitare finché il Presidente della Repubblica, avvalendosi delle sue prerogative costituzionali, non si deciderà a metter fine al golpe populista e personale del Cavaliere.
Napolitano si deve rendere conto che commissariare questo governo e portare il paese a nuove elezioni con regole elettorali diverse dalla “porcata” è un gesto di patriottismo costituzionale pienamente legittimo da offrire a questo Parlamento. Spero che gli italiani abbiano un autunno 2011 esattamente opposto all’autunno 2010. Ovvero, invece di lasciare ai deputati l’alternativa suicida “o Berlusconi o il buio”, si offra loro la scelta “o un governo che ridà credibilità all’Italia sia sui di mercati sia nelle relazioni internazionali, o elezioni”. E non darei assolutamente per scontato che persino in questo Parlamento di mercenari sarebbe minoritaria una soluzione positiva che assicurasse almeno per qualche mese il proseguimento della legislatura, però con un governo che di fatto mette in soffitta l’esperienza berlusconiana.
Per ora andiamocene in vacanza con i buoni auspici di una tarda primavera – inizio estate che ha fotografato con crudezza “la fogna”. È come se una telecamera introdotta nel tunnel oscuro del potere berlusconiano abbia mostrato, illuminandolo improvvisamente, lo schifo suscitato da alcuni illustri protagonisti e li abbia liquidati anche per il post Berlusconi. Due in particolare: l’andreottiano Gianni Letta che rappresenta davvero la continuità tra la Seconda Repubblica e il peggio della Prima, e il super ammirato Tremonti che si è dimostrato addirittura peggiore degli altri, nonché politico mediocrissimo. Sapere tutto ciò con più evidenza è già qualcosa. In questo filmaccio osceno, senza aspettare che arrivino a cavallo i “nostri”, impegnati con i panni sporchi di famiglia, i “cattivi” si stanno suicidando di fronte a tutti. E già arrivano i titoli di coda.
Enzo Marzo da oltre trent'anni è giornalista del "Corriere della Sera", dove ricopre e ha ricoperto incarichi di responsabilità sia nel settore politico che in quello culturale. È docente di Profili deontologi della professione giornalistica presso la scuola di giornalismo Luiss. È direttore di «Critica liberale», mensile di sinistra liberale, e presidente della Fondazione Critica liberale, che ha avuto come presidente onorario, fino alla sua scomparsa, Norberto Bobbio. È stato tra i promotori di «Opposizione civile». È stato promotore del «Manifesto laico», coautore dell'omonimo libro, e membro del comitato di presidenza della Società laica e plurale.