La Lettera

Per ripulire la democrazia inquinata i ragazzi hanno bisogno di un giornale libero

di

È abbastanza frequente che editori della carta stampata chiudano i loro giornali. Anche a me è capitato quando dirigevo “L’Avvenire d’Italia”, e oggi si annuncia una vera e propria epidemia a causa della decisione del governo di togliere i fondi all’editoria giornalistica. Ma che chiuda Domani di Arcoiris Tv, che è un giornale on line, è una notizia …

La Lettera

Domani chiude, addio

di

L’ironia di Jacques Prévert, poeta del surrealismo, versi e canzoni nei bistrot di Parigi, accompagna la decadenza della casa reale: Luigi Primo, Luigi Secondo, Luigi Terzo… Luigi XVI al quale la rivoluzione taglia la testa: “Che dinastia è mai questa se i sovrani non sanno contare fino a 17”. Un po’ la storia di Domani: non riesce a contare fino …

Libri e arte » Teatro »

Teatro bene comune per il palcoscenico di dopodomani

di

Teatro Municipal - Foto di Elton Melo

“Non si può bluffare se c’è una civiltà teatrale, ed il teatro è una grande forza civile, il teatro toglie la vigliaccheria del vivere, toglie la paura del diverso, dell’altro, dell’ignoto, della vita, della morte”. Parole di Leo …

Inchieste » Quali riforme? »

Il governo Berlusconi non è riuscito a cancellare l’articolo 18, ci riuscirà la ministra Fornero?

di

Il governo Monti ha perso il primo round con Susanna Camusso che fa la guardia alla civiltà del lavoro, fondamento dell’Europa Unita. Sono 10 anni che è morto Marco Biagi, giuslavorista ucciso dalle Br. Si sentiva minacciato, chiedeva la scorta: lo Scajola allora ministro ha commentato la sua morte, “era un rompicoglioni”. Rinasce l’odio di quei giorni? Risponde Cesare Melloni, …

Mondi » Alfabeto dell'Africa »

L’oro blu sempre più raro minaccia la vita di milioni di persone ed è la pena delle donne che ogni giorno camminano per dieci chilometri con 20 litri di acqua sulla testa. Ma i pozzi si asciugano e le grandi multinazionali comprano le ultime riserve. In quale futuro può sperare il continente nero?

L’ALFABETO DELL’AFRICA – A come l’Acqua dell’immenso lago Ciad che fra 20 anni la siccità avrà asciugato

18-08-2011

di

A N’Djamena, capitale del Ciad, piove poco e fa ancora caldo. In teoria siamo in piena stagione delle piogge. In pratica niente acqua, come in molte terre sub-sahariane e in modo particolare nelle regioni del Corno d’Africa afflitte dalla peggiore carestia degli ultimi 60 anni. La semina deve allora pazientare e i raccolti sballano. Ma la fame, quella no, non attende. Come non attendono le donne per correre ai pozzi e fare scorta nei pentoloni che caricano sulle teste. Poi via a piedi, senza versare una goccia, senza un lamento. Secondo le Nazioni Unite il peso medio dell’acqua che ogni donna africana carica sul capo ogni giorno si aggira attorno ai 20 Kg. Niente male…o forse sì, sulla testa. Intanto il lago Ciad (settimo al mondo per dimensioni e quarto in Africa), che 50 anni fa era più vasto dello Stato di Israele è oggi dieci volte più piccolo e rischia di scomparire del tutto tra 20 anni. Il cambiamento climatico e il sovrasfruttamento stanno mettendo in pericolo l’esistenza stessa di uno dei più imponenti laghi africani e con esso la vita di 30 milioni di persone che dipendono dalle sue acque.

Gli esperti ci dicono che entro i prossimi 15-20 anni la temperatura mondiale si innalzerà in media di 2 gradi centigradi, e in Africa anche di 3-4°. Basta però soltanto l’aumento di 1,5° per sciogliere ghiacciai e nevai. Solo una minima parte dell’acqua del pianeta è dolce e la maggior parte è contenuta nei ghiacciai. Il conto è presto fatto: meno fonti idriche e corsa pazza all’acqua. Pazza al punto da arrivare a concepirla come merce e fonte di nuovo business. Invece che come bene pubblico e diritto umano universale e fondamentale. Non era mai successo nella storia di un’umanità che aveva sempre considerato il liquido per eccellenza come risorsa condivisa. Non servono esperti per capire allora come le multinazionali stanno mettendo le mani sull’acqua del pianeta facendo crescenti pressioni sulle istituzioni per privatizzarla, sulle varie Conferenze internazionali (Copenaghen in testa) perché non prendano nessun accordo vincolante per salvare il pianeta e sul Wto perché venga inclusa nella lista dei servizi. Con conseguente aumento dei prezzi e impossibilità di accesso per i poveri. Le prime 8 aziende trasnazionali sono europee. In testa al gruppo le francesi VEOLIA (ex Vivendi), ONDEO (ex Suez), SAUR, la tedesca RWE, la britannica UNITED UTILITIES. In coda i tanti Stati, regioni e comuni che si inginocchiano di fronte ai potentati economico-finanziari, i veri padroni della terra. Comanda la finanza non certo la politica! Ci hanno provato anche in Italia con la legge Ronchi, spazzata via dalla bellissima vittoria del referendum di giugno e dalla riscossa della società civile. Ma Banca Mondiale e Fondo Monetario Internazionale non demordono e premono sui paesi più poveri perché svendano la loro acqua alle multinazionali per ridurre il loro debito. Non gli basta che l’88% delle risorse idriche sia consumato dall’11% della popolazione mondiale. Il neocolonialismo strisciante è più vivo che mai. Con la scusa e il tornaconto del debito provano a sbaffarsi oggi per vie traverse quello che ieri facevano alla luce del sole. Il sistema imperante dei potentati economico-finanziari si nasconde bene dietro agili pretesti per fare quello che ha sempre fatto: rubare materie prime. Ora si è arrivati alla terra e all’acqua. A quando l’aria?

Solo il 3% di tutta l’acqua del mondo è potabile. Di questa percentuale, il 2% dell’acqua è racchiusa nei ghiacciai, quindi in serio pericolo di fronte al surriscaldamento della terra. Di questo stesso 3%, il 2,70% è usato per l’agricoltura industriale governata dai ricchi del mondo mentre 1 miliardo e 400 milioni di persone non hanno accesso all’acqua potabile (il 40% della popolazione dell’Africa sub-sahariana). Secondo l’ONU diventeranno 3 miliardi in trent’anni. Rischiamo così di avere 100 milioni di persone all’anno morte per sete se l’acqua diventa merce! Che potrebbero aggiungersi ai 50 attuali per fame. Percentuali e numeri dietro ai quali ci sono persone e volti con storie, lotte e speranze. La vita e la sopravvivenza del continente è minacciata. Si tratta di cifre che rischiano di generare nuove tipologie di migranti (i migranti climatici) e nuove guerre per l’acqua. Oggi si fanno per l’”oro nero”, il petrolio. Domani per quello “blu”. Ma è un domani non tanto lontano e che fa già riecheggiare tamburi di guerra tra Egitto ed Etiopia e tra Nord e Sud Sudan per la gestione delle risorse idriche del fiume Nilo. L’ONU prevede infatti che l’acqua scarseggerà sempre di più per via dei cambiamenti climatici che sciolgono ghiacciai e nevai e per l’incremento demografico che ha portato il pianeta Terra a ospitare oggi 7 miliardi di persone. La sua disponibilità globale pro-capite potrebbe diminuire, nei prossimi vent’anni, di un terzo. Colpendo ovviamente di più coloro che già soffrono per la sua mancanza. Africa in testa!

Intanto ogni anno più di cinque milioni di persone, soprattutto bambini, muoiono a causa di malattie legate all’acqua, come la dissenteria e la diarrea. In Africa sub-sahariana l’80% delle malattie sono legate alla mancanza di acqua pulita. Considerando che il corpo umano è formato per il 70% di acqua, è evidente che, se questa è sporca, batteri e parassiti vanno a nozze e le malattie aumentano. Intanto l’ l’igiene non può che restare un miraggio laddove scarsità, caldo e fatica impongono le priorità del nutrirsi e del dissetarsi.

Il problema è che il consumo idrico globale si duplica ogni vent’anni, più del doppio del tasso di crescita della popolazione. Se non invertiamo la tendenza non ci sarà presto acqua per tutti. E qualcuno risulterà in più: guarda caso sempre i poveri. In Africa soprattutto. Se le Nazioni Unite parlano di 50 litri al giorno per persona come necessari per una vita degna dobbiamo rivedere radicalmente l’utilizzo dell’acqua. Perché non è più possibile accettare che nei paesi più poveri se ne utilizzino in media per persona 10 litri al giorno per bere, cucinare e lavarsi contro i 200 in Europa e i 400 in Nord America. Serve indignarsi profondamente quando l’acqua è sprecata e buttata via per portare frutti che non vengono raccolti. In totale in Italia nel 2010 ne sono stati sprecati 12,6 miliardi di metri cubi per colpa di 14 milioni di tonnellate di prodotti agricoli non raccolti. Come mele, pomodori, olive lasciati marcire perché non convenienti per il mercato. E’ urgente allora darsi tutti da fare: riciclare l’acqua, soprattutto nell’industria, raccogliere quella piovana, ridurne il consumo e gli sprechi, migliorare la gestione dei bacini idrici e l’efficienza delle irrigazioni. E’ urgente una nuova sensibilità e attenzione all’acqua. Al suo valore e al suo utilizzo.

L’Africa ha sete. Certo di giustizia, ma anche di acqua, possibilmente pulita. Fonte di vita. Diritto umano inalienabile, universale e fondamentale. Bene pubblico di non rilevanza economica. Mai merce o fonte di lucro. Altrimenti rischiamo davvero di non avere più niente in comune sulla terra. Neanche il futuro.

Filippo Ivardi Ganapini è un giovane missionario comboniano. Opera nella missione cattolica di Moissala, Ciad meridionale.
 

Commenti

  1. Mauro Matteucci

    Grazie, padre Filippo, a richiamarci ai nostri doveri di privilegiati verso i poveri della terra.

I più votati

--

I più scaricati

--