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Tana DE ZULUETA – Legge elettorale, nelle mani dei “capetti”: che senso ha votare?

19-01-2010

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Non c’è dubbio, parlare di riforma elettorale di questi giorni suona démodé. O forse è semplicemente stanchezza. Dopo due referendum elettorali (più uno fallito) e due riforme in meno di vent’anni, ci ritroviamo con il peggio di due sistemi e un Parlamento caduto in disistima. Tutti concordano, i parlamentari sono troppi, vanno pagati meno. L’unica riforma su cui tutti sono d’accordo è di ridurne il numero. Bene. Ma per fare che? Pochi si ricordano a che serve e cosa rappresenta il Parlamento. All’appello di Riccardo Lenzi di discutere di riforme vere, quelle che i cittadini vogliono, vorrei rispondere parlando di riforma elettorale. A mio avviso questa è la riforma più urgente di tutte, per mettere in sicurezza la democrazia. La disistima in cui è caduto il Parlamento è funzionale al progetto populista di Berlusconi.

L’attuale legge elettorale, immortalata dal suo stesso autore come solenne “porcata”, fu fatta per fare piacere ai capi partito, tutti — senza tenere in nessun conto la volontà degli elettori.

Ho partecipato ad un’elezione, la prima, quella del 2006, con le regole vigenti, e ho deciso che sarebbe stata l’ultima. È un sistema nato per illudere i capi e i capetti di partiti esangui che, avendo il potere di nominare i componenti del Parlamento, contino ancora per qualcosa nel paese. Il disastro era annunciato e anche palpabile, dal momento della formazione delle liste. Al momento del voto per il cambio di sistema elettorale era scesa una cappa di complicità traversale, nonostante lo sconcerto in Europa. Cambiare le regole del gioco a poche settimane dal voto, come stava facendo l’allora governo Berlusconi, era un’operazione degna di una repubblica caucasica. Ma Berlusconi e i suoi alleati erano sicuri di perdere con il sistema maggioritario allora vigente, e lo cambiarono, senza girarci troppo intorno. Non mi sono mai capacitata della facilità con cui ci riuscirono. La “porcata” di Calderoli passò alla Camera in soli tre giorni.

Il vecchio sistema elettorale, il tanto deprecato ‘mattarellum’, era stato il risultato di una battaglia referendaria fatta nel nome del rinnovamento. Quella promessa, però, non fu onorata. Anche con il maggioritario i partiti continuarono a spartirsi le candidature. Anzi, con la scusa della coalizione, saltarono i meccanismi, ormai residuali, di partecipazione democratica alla selezione dei candidati all’interno dei partiti. Le primarie non furono mai seriamente contemplate, e anche gli elettori si rassegnarono. E qualcuno, aggiungo, se ne approfittò. Nonostante i suoi difetti, quella legge elettorale aveva il pregio di obbligare i partiti a scegliere candidati con spessore sufficiente per sostenere una battaglia in testa a testa sul territorio. Gli elettori, a loro volta, sapevano chi avevano eletto e a chi chiedere conto.

Durante l’ultimo breve governo Prodi ci fu una discussione sulla riforma elettorale appena abbozzata, con scarsi risultati. Tutti i partiti, senza eccezione, si rivelarono incapaci di contemplare un altro orizzonte che non il proprio, piccolo tornaconto. Nessuno, nemmeno i piccoli partiti della sinistra Arcobaleno, ebbe il coraggio di affrontare le successive elezioni, anche quelle europee, con candidati scelti con metodo trasparente e partecipato. Un campo di macerie, non c’è che dire. Difficile, in questo contesto, sapere da dove ripartire.

In mancanza d’altro suggerisco di partire dalle parole di Casini, unico leader, a quanto mi risulta, a parlare di riforma elettorale di questi tempi. Quello che Casini chiede (lo ha fatto di nuovo durante la sua recente apparizione a Che Tempo che Fa) è il sistema elettorale tedesco. Sappiamo perché lo fa: vuole un sistema che faciliti il suo disegno strategico, la costituzione di un blocco di centro, guidato dal suo partito, indispensabile a qualsiasi coalizione di governo. Né più né meno della buona vecchia politica dei due forni cara ai centristi della prima Repubblica. Al punto in cui siamo arrivati, con la legittimazione del razzismo al governo e lo Stato e le sue istituzioni piegati agli interessi privati del presidente del Consiglio, un ritorno alla corruttela vellutata della prima Repubblica potrebbe anche apparire una prospettiva consolante. Ma non facciamoci impressionare. Suggerisco di prendere Casini in parola. Vada, dunque, per il sistema elettorale tedesco. A patto, però, di prenderlo tale e quale, così come viene attuato in Germania.

L’unico aggiustamento che proporrei al sistema elettorale vigente in quel paese è una piccola modifica per evitare un imprevisto che da loro viene accettato: il numero di parlamentari può variare di volta in volta, secondo il risultato del voto. Un’eventualità esclusa dalla Costituzione italiana che fissa per legge il numero dei membri delle due camere.

Per il resto il sistema elettorale tedesco andrebbe più che bene. La Costituzione tedesca, come la nostra, fu scritta sulle macerie della seconda guerra mondiale, con lo stesso desiderio di ritrovare nella democrazia e nello stato di diritto i migliori anticorpi alle derive totalitarie che avevano portato quel paese al baratro del nazismo, così come la nostra Costituzione fu pensata in risposta al disastro speculare del fascismo. A differenza di quella italiana, invece, la Costituzione tedesca è la legge fondamentale di uno Stato federale, con istituzioni e contrappesi pensate per garantire le autonomie, senza mettere a rischio l’unità. Anche per questo, di fronte alle spinte disgregative in atto in Italia, guardo con interesse al modello tedesco.

Così come la legge italiana, il sistema elettorale tedesco non è stato costituzionalizzato; la legge vigente potrebbe, dunque, venire cambiata con legge ordinaria. Il fatto che nessuno si è sognato di farlo per più di cinquant’anni ne dimostra la perdurante validità. La legge fu scritta nel 1956, agli albori della nuova Bundeswehr , in uno di quegli rari momenti della storia degli Stati in cui i legislatori non sono ostacolati dal peso dell’interesse di parte: nessuno aveva ancora ben chiaro quale sistema lo avrebbe favorito a scapito dell’altro. Il risultato è un sistema che equilibra mirabilmente, a mio avviso, il principio democratico di rappresentatività con l’esigenza della governabilità. È un sistema proporzionale, con due importanti correttivi: una clausola di sbarramento del cinque per cento, mitigato, a sua volta, dalla possibilità di voto per candidati nel collegio uninominale, un’opzione che può portare all’elezione di parlamentari i cui partiti non abbiano raggiunto il quorum a livello nazionale. Fu grazie a questo sistema, per esempio, che i candidati più forti dei Verdi trascinarono il proprio partito nel Bundestag, ancora prima di raggiungere la soglia del 5%. La possibilità del voto del candidato nel collegio uninominale ha l’altro indubbio vantaggio di consentire un rapporto diretto tra elettore ed eletto.

Ma la legge vigente in Germania porterebbe un’altra sacrosanta innovazione alla nostra democrazia asfittica: per accedere ai rimborsi elettorali in quel paese i candidati alle elezioni devono essere scelti attraverso un processo pubblico e partecipato.

Quanto basta, mi sembra, per dare ragione a Casini. Ben venga, dunque, il sistema elettorale tedesco. Un sistema che nessun partito, per quanto piccolo, dovrebbe temere, se ha il coraggio delle proprie idee. Ma per mantenere la propria validità non può essere adottato in parte: o tutto, primarie comprese, o niente.

Tana de ZuluetaTana de Zulueta è giornalista. È stata parlamentare dal 1996 al 2008, eletta al Senato per l'Ulivo per 10 anni, poi alla Camera, con i Verdi, per due. Ha lavorato come corrispondente in Italia per il settimanale The Economist, e precedentemente per il Sunday Times di Londra. Si occupa di diritti umani e libertà di stampa.
 

Commenti

  1. …se permettete noi consigliamo…

    http://www.youtube.com/watch?v=aTFPKczHOys

  2. antonio basile

    Ma perché parliamo di “aria fritta”…..
    Forse sarebbe meglio parlare di come mandare a casa (o meglio, quelli già condannati, in galera) un bel po di deputati e senatori corrotti e corruttori, che antepongono l’iteresse privato a quello pubblico.
    Credo che basti. Sono stanco di parlarmi addosso…..
    E Voi tutti…?

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