La Lettera

Per ripulire la democrazia inquinata i ragazzi hanno bisogno di un giornale libero

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È abbastanza frequente che editori della carta stampata chiudano i loro giornali. Anche a me è capitato quando dirigevo “L’Avvenire d’Italia”, e oggi si annuncia una vera e propria epidemia a causa della decisione del governo di togliere i fondi all’editoria giornalistica. Ma che chiuda Domani di Arcoiris Tv, che è un giornale on line, è una notizia …

La Lettera

Domani chiude, addio

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L’ironia di Jacques Prévert, poeta del surrealismo, versi e canzoni nei bistrot di Parigi, accompagna la decadenza della casa reale: Luigi Primo, Luigi Secondo, Luigi Terzo… Luigi XVI al quale la rivoluzione taglia la testa: “Che dinastia è mai questa se i sovrani non sanno contare fino a 17”. Un po’ la storia di Domani: non riesce a contare fino …

Libri e arte » Teatro »

Teatro bene comune per il palcoscenico di dopodomani

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Teatro Municipal - Foto di Elton Melo

“Non si può bluffare se c’è una civiltà teatrale, ed il teatro è una grande forza civile, il teatro toglie la vigliaccheria del vivere, toglie la paura del diverso, dell’altro, dell’ignoto, della vita, della morte”. Parole di Leo …

Inchieste » Quali riforme? »

Il governo Berlusconi non è riuscito a cancellare l’articolo 18, ci riuscirà la ministra Fornero?

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Il governo Monti ha perso il primo round con Susanna Camusso che fa la guardia alla civiltà del lavoro, fondamento dell’Europa Unita. Sono 10 anni che è morto Marco Biagi, giuslavorista ucciso dalle Br. Si sentiva minacciato, chiedeva la scorta: lo Scajola allora ministro ha commentato la sua morte, “era un rompicoglioni”. Rinasce l’odio di quei giorni? Risponde Cesare Melloni, …

Società » Italia »

È stato ucciso perché combatteva mafia, corruzione, oligarchie e privatizzazioni che impoveriscono i braccianti. Oggi il partito di centro-sinistra tiene in vita il governo regionale di Lombardo, indagato per "amicizie" con la mafia mentre la vendita di dieci chili di frumento basta appena per bere un caffè

Pio La Torre: il suo sacrificio dimenticato dal PD

07-05-2010

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Pio La Torre veniva ucciso la mattina del 30 aprile 1982 mentre si recava al Partito, che era grande parte della sua vita. Il Partito era la sua famiglia allargata che egli animava con la sua fanciullesca passione, la sua  ottimistica dedizione che ne faceva una persona innocente e carismatica come certi rari uomini di vera fede. L’innocenza dei suoi ideali di redenzione e  libertà dalla violenza della miseria dei siciliani a cominciare dai braccianti gli costò quasi due anni  di galera quando era ancora nel fiore della gioventù. È stato un grande “santo” della storia del popolo siciliano, come Lorenzo Panepinto che i contadini di Santo Stefano portavano in processione, una figura indelebile che merita di essere ricordata non soltanto per la lotta senza quartiere che fece alla mafia, ma per la rottura rivoluzionaria che stava provocando nel sistema di potere economico e sociale e che la sua uccisione ha immediatamente  rimarginato.
Dopo di lui, tutto è tornato come prima nella politica siciliana. L’autonomia regionale che Pio La Torre concepiva come mezzo di emancipazione delle masse, di modernizzazione della Sicilia, di progresso culturale e civile, è tornata ad essere l’istituzione di una élite separata di privilegiati baroni, un retorico e pomposo “parlamento” in cui, con leggi clientelari e scritte a misura dei clientes, vengono sperperate le preziose risorse che avrebbero potuto fare e mai faranno della Sicilia una “California”.

Ventotto anni dopo la sua morte, la Regione è stata conquistata dall’assalto delle privatizzazioni che la ingessano negli appalti e che ne hanno fatto un campo di sfruttamento che arricchisce gli squali che l’hanno azzannata. Privatizzazioni che non hanno risparmiato il grande patrimonio dei beni culturali. La Regione ha dato inoltre vita anche al mostruoso esperimento degli ATO, che hanno creato piuttosto che risolvere il problema della nettezza urbana e dell’approvvigionamento idrico e che sono veri e propri pozzi senza fondo. L’intreccio inestricabile tra pubblico e privato chiude l’accesso al futuro delle nuove generazioni. Non esistono più concorsi pubblici che costituivano il momento successivo alla laurea od al diploma e c’è un fortissimo abbassamento di aspettative dal momento che i bassi salari ed il precariato connotano dovunque le privatizzazioni.
Pio La Torre fu dirigente amato e rivoluzionario dei braccianti e dei contadini siciliani. Rivoluzionario nel senso di ‘riformista’, perché in Sicilia conquistare condizioni di civiltà è rivoluzione. Oggi, mentre una grande tempesta sociale sta incubando nelle campagne siciliane con migliaia e migliaia di contadini costretti al fallimento dai prezzi irrisori fino al livello della provocazione dei prodotti agricoli (ci vogliono dieci chili di frumento per pagare una tazzina di caffè al bar), e la Regione assente non riesce ad andare oltre l’orizzonte di un mediocre assistenzialismo, Pio La Torre avrebbe saputo indicare la via di una alternativa alla crisi. Ma non
perché era più bravo e più immaginifico degli attuali dirigenti, ma soltanto perché era genuino nella difesa delle classi povere o subalterne e non si sarebbe fatto offuscare dal liberismo, oggi assai di moda tra gli oligarchi.

La crisi delle campagne si sommerà ai terribili guasti sociali della deindustrializzazione ed al venire meno di decine di migliaia di posti di lavoro nella scuola. La prospettiva dell’emigrazione intellettuale nel Nord si sta chiudendo: come abbiamo sentito da Formigoni, da Bossi e dalla Gelmini, ci vogliono ridurre ad extracomunitari in Italia. Le prime migliaia di vittime hanno già fatto un mesto ritorno a casa, come la mia amica Stefania che insegnava a Bergamo prima che il suo posto fosse fagocitato da un malvagio ed asociale disegno di uccisione della scuola pubblica.
Oggi il PD – che è l’erede del PCI di Pio La Torre e della DC di Piersanti Mattarella – tiene in vita il governo Lombardo, successore di Cuffaro anche nella gestione di un blocco sociale al quale non sono estranei interessi cospicui della mafia. Lombardo è indagato per concorso esterno in associazione mafiosa. Il PD collabora con due assessori importanti uno dei quali, il professor Centorrino, ha esortato a non leggere Sciascia, Tomasi di Lampedusa e Camilleri perché porterebbero “sfiga”…

L’opera importante di Pio La Torre elaborata assieme al suo caro amico il magistrato Cesare Terranova è stata la legge che statuisce il delitto di associazione mafiosa e la confisca dei beni patrimoniali della mafia. Questa legge ha aperto la strada ad una nuova efficace fase di lotta alla mafia che è stata ferita nei suoi interessi vitali: la roba. Generazioni di magistrati da Terranova a Rocco Chinnici a Falcone e Borsellino hanno pagato con la vita il contrasto alla mafia ma i risultati sono stati significativi. Pio La Torre intestò la sua vita al successo di tre obiettivi: mafia, lavoro, pace. Obiettivi che mobilitarono centinaia di migliaia di siciliani che, più volte, a Comiso ed a Palermo, testimoniarono con la loro partecipazione la verità della strada indicata da Pio.

Engels in una lettera parlò dell’anima rivoluzionaria della Sicilia che convive con l’anima conservatrice e reazionaria. Il movimento dei fasci e della occupazione delle terre per la riforma agraria testimoniano la validità di questa affermazione. Pio la Torre aveva svegliato l’anima rivoluzionaria dell’Isola. È stato stroncato per questo, per avere scosso violentemente l’albero, per avere messo in discussione equilibri di potere intoccabili.
Ma oggi, la sua eredità non vive dentro il PD che ha omologato i suoi dirigenti alla oligarchia paternalistica delle classi dominanti dell’Isola. Ma esiste una memoria del popolo assai lunga capace di svegliarsi da lunghi letarghi e da periodi di offuscamento e di sconfitte. Lo abbiamo visto in passato, non è detto che non ne saremo testimoni in futuro. Una cosa è certa: così come stanno le cose ci aspetta soltanto il disastro sociale. Il popolo siciliano deve recuperare e rifarsi il suo
partito: il Partito di Barbato e di Pio La Torre.

Pietro AnconaGià membro dell'Esecutivo della CGIL e del CNEL, Pietro Ancona, sindacalista, ha partecipato alle lotte per il diritto ad assistenza a pensione di vecchi contadini senza risorse, in quanto vittime del caporalato e del lavoro nero. Segretario della CGIL di Agrigento, fu chiamato da Pio La Torre alla segreteria siciliana. Ha collaborato con Fernando Santi, ultimo grande sindacalista socialista. Restituì la tessera del PSI appena Craxi ne divenne segretario.

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