Il ministro dell’interno è in agitazione perché migliaia di nord africani lasciano i loro paesi e sbarcano sulle coste della Sicilia, della Spagna e della Grecia a seconda del paese di origine. Dal Marocco e Mauritania in Spagna; dalla Tunisia e Libia in Italia; dall’Egitto e Siria in Grecia. Sono disperati che fuggono da paesi governati da regimi autoritari, con divisioni e scontri religiosi ed etnici e con un tratto comune: la miseria e la fame. E fuggono anche se le proteste popolari, con il loro contributo, hanno rovesciato gli oligarchi, dal momento che non si fidano di coloro che gli oligarchi hanno sostituito. Ma soprattutto non credono che la loro vita e quella dei figli possa cambiare.
In mezzo alle moltitudini che lasciano i loro paesi e, spesso mogli e figli, può esserci di tutto: delinquenti comuni, soldati del terrorismo islamico , oppositori dei regimi in cerca di asilo politico. Maroni ha ragione ad essere preoccupato e rischia di perdere la faccia perché è costretto dai fatti, che sono più duri delle pietre, ad accoglierli. E l’accoglienza diventa ingombrante e difficile in assenza di una politica lungimirante. Immagino la faccia feroce dei militanti della Lega e di tanti dirigenti che avevano teorizzato respingimenti, processi veloci, emarginazioni etniche, di fronte alla necessità di riaprire il centro di accoglienza di Lampedusa, con tanto di battimani e al grido di Viva l’Italia.
Gli errori in politica si pagano e il conto prima o dopo viene presentato. Gli errori sono evidenti. Avere sottovalutato migrazioni bibliche in tempi di globalizzazione dell’economia, di caduta delle frontiere, di libera circolazione di merci e di capitali, di miseria che attanaglia miliardi di persone. Con il diritto e la legge impotenti a intervenire perché la loro potestà si ferma all’interno delle frontiere nazionali e con la criminalità che la fa da padrona. Al punto che il villaggio globale di Mac Luhan diventa sempre più un villaggio criminale. Altro errore avere pensato che un problema gigantesco e politico di prima grandezza, che richiede una strategia internazionale e la cooperazione costante dell’Unione Europea, potesse essere affrontato come un problema di ordine pubblico e per di più facendo passare un messaggio fuorviante secondo il quale immigrati e delinquenti sono la stessa cosa, con la conseguenza di solleticare gli istinti peggiori contro il diverso per cultura, colore della pelle, religione, eccetera.
Se uno è convinto che bastano carabinieri e polizia e che la politica non serve, non si attrezza, chiude le strutture di accoglienza, non chiede solidarietà all’Europa, fa accordi bilaterali con i Gheddafi di turno e ignora le ansie di libertà e di liberazione di milioni di persone che vivono sull’altra sponda del Mediterraneo. Maroni è una persona civile, ma dovrebbe spiegare ai suoi amici di partito che anziché tenere chiuso il Parlamento italiano in attesa di decidere se andare o no alle lezioni anticipate per castigare Fini e compagni, sarebbe necessario chiedere di convocarlo e di presentarsi con serio Progetto di accoglienza e integrazione, che preveda diritti e doveri, da approvare con il voto di maggioranza e opposizione, per chiedere poi su di esso e in tempi rapidi il pronunciamento e l’impegno, anche finanziario, dell’Unione europea.
Devo dire che ritengo il ministro dell’interno migliore del governo che rappresenta. Inoltre ha una buona esperienza che data dal 1994. Mi riferisco ad un momento particolare della mia esperienza politica e cioè la candidatura, per mia scelta, alla Camera dei deputati nelle liste dei progressisti e nel collegio di Paola sul Tirreno Cosentino. L’esperienza non fu facile perché in alcuni paesi molti dei partecipanti ai miei comizi erano mafiosi e mi minacciavano, qualche volta sono stato scortato dai carabinieri e il comitato provinciale per l’ordine e la sicurezza per un anno ha disposto la vigilanza alla mia casa in occasione degli impegni in Calabria. Non ho chiesto scorte e ho rassicurato i miei familiari e i miei amici senza allarmi.
Scrivo a Maroni perché ravviso gravi carenze nelle iniziative del governo e del ministro dell’interno, il quale concentra la sua attenzione sugli arresti, peraltro decisi dalla magistratura, tanto vituperata da questo governo, ed eseguiti dalle forze dell’ordine. I rischi di una sorta di apologia degli arresti sono gravi e di due tipi. Da una parte si trasforma la lotta alle mafie in un fatto di ordine pubblico e dall’altro si fa passare il messaggio di una prossima sconfitta delle mafie attraverso gli arresti. Sia ben chiaro gli arresti sono importanti e necessari così come l’isolamento dei mafiosi previsto dal 41 bis. Ma non sono sufficienti per due ragioni: i mafiosi di rango mettono in conto di passare una parte della loro vita in galera da dove continuano a comandare ma difendono con i denti e con i mitra i beni accumulati e i soldi perché devono lasciarli agli eredi, che studiano, frequentano università prestigiose e magari esercitano anche la professione. Di mattina in tribunale o in sala operatoria e il pomeriggio a trattare tonnellate di cocaina.
I beni e i soldi, i rapporti sociali e politici che crescono proporzionalmente alle ricchezze accumulate, sono il cuore vero della mafia che al cuore va colpita.
Inoltre, nella lotta alla mafia manca una strategia economica tanto più necessaria in tempi di crisi e di casse vuote dello Stato. Mancava prima con i governi dc, socialisti, di centro sinistra e manca ora.
La confisca di una parte consistente dei beni, l’uso sociale e la vendita degli stessi, richiede un piano di entrate nelle casse dello Stato e di utilizzo dei soldi a cominciare dall’auto finanziamento delle strutture giudiziarie, delle forze dell’ordine e dell’Agenzia per la confisca dei beni. Io sono stato in America con una delegazione della commissione antimafia dove abbiamo incontrato i dirigenti dell’agenzia Marshall che si occupa di testimoni, pentiti e confisca dei beni.
I dirigenti ci hanno detto che confiscano e vendono beni delle mafie ogni giorno, hanno spiegato le modalità di vendita a seconda delle caratteristiche dei beni e l’uso che fanno del denaro. I tempi di confisca vanno da 2 a 8 anni e i soldi incassati servono anche per il funzionamento delle agenzie FBI, DEA e Marshall e per gli incentivi al personale.
Non si capisce perché, nonostante la crisi finanziaria e la scarsità dei mezzi, il governo non faccia un piano a medio termine con l’obiettivo di moltiplicare le confische, di utilizzare i beni e le entrate nelle casse dello stato. Un piano che passi al vaglio del Parlamento insieme ai documenti di bilancio. Solo così la lotta alla mafia può essere percepita come utile al paese, al di fuori di ogni retorica e di ogni strumentalizzazione di parte.
Ecco dunque le 10 domande che rivolgo al ministro Maroni:
- 1. Il governo vanta grandi successi nella lotta alle mafie e a conferma televisioni e giornali informano i cittadini sugli arresti quotidiani. Gli arresti sono necessari. Ma lei pensa davvero che sono sufficienti per sconfiggere le mafie?
- 2. Ogni anno per traffico di droga vengono arrestate 40-50 mila persone e sequetrate tonnellate di stupefacenti. Ma le mafie sono più potenti di prima. Non pensa che amplificando le informazioni riguardanti solo gli arresti passa un messaggio fuorviante e sbagliato?
- 3. È d’accordo che per sconfiggere le mafie è necessario colpirle al cuore e che il cuore delle mafie sono: azioni e altri titoli, soldi e beni, rapporti sociali e politici?
- 4. A noi risulta che i beni mobili e immobili delle mafie italiane vengono valutati oltre 1000 miliardi di euro. Se confiscati, utilizzati bene e venduti, potrebbero risolvere il problema del debito pubblico. Lei può confermare? Il governo ha fatto fare una valutazione? È in grado di dire agli italiani come sono distribuiti e possiede una stima attendibile della ricchezza delle mafie per settori quali beni immobili, titoli e soldi liquidi, partecipazioni nell’economia legale?
- 5. Il Procuratore Grasso scrive che i beni sequestrati equivalgono al 10 per cento e che i beni confiscati costituiscono il 5 per cento dei beni totali delle mafie italiane. Può spiegare agli italiani perché i beni mafiosi non vengono confiscati se non in minima parte?
- 6. A noi risulta che del 5 per cento dei beni confiscati il 70 per cento non è utilizzato e che nonostante il governo ne abbia deciso anche la vendita, da noi condivisa, non vengono venduti. Può spiegare perché i pochi beni confiscati non vengono né utilizzati né venduti? Può dire a che punto è l’Agenzia per la confisca dei beni e come funziona?
- 7. Una delle cause è costituita dai tempi lunghissimi (anche 10-12 anni) che passano tra il sequestro e la confisca. Può dire agli italiani se il governo ha intenzione di ridurre i tempi e se si pone l’obiettivo di procedere ad una confisca più rapida ed efficace dei beni mobili e immobili e quale uso intende farne?
- 8. I soldi e i titoli sono nascosti nei paradisi fiscali. Può dire se il governo ha in programma di intervenire direttamente e anche con una iniziativa forte nell’Unione Europea proponendo misure drastiche quali forme di embargo finanziario e divieto di aprire sedi di società e di banche italiane al fine di ottenere la collaborazione dei governi dei paradisi fiscali?
- 9. Il reato di riciclaggio è fondamentale per ripulire i soldi sporchi. In italia i processi per riciclaggio sono pochissimi perché la legge non funziona e va modificata. Il governo intende introdurre il reato di autoriciclaggio e ridurre ulteriormente l’uso di denaro contante?
- 10. La direzione distrettuale antimafia di Milano diretta da Ilda Bocassini, con la collaborazione dei magistrati di Reggio Calabria, ha condotto una grande inchiesta sulla ‘ndrangheta. In Lombardia sono state individuate 20 “locali” dell’organizzazione criminale e i rispettivi capi. La presenza è particolarmente consistente a Pavia, Milano e nelle province del nord della Lombardia, dove la Lega ha una forte presenza elettorale e politica. Dall’inchiesta sono emersi rapporti politici e di affari. Come mai nessun Prefetto ha nominato una commissione di accesso per verificare se alcune amministrazioni comunali e provinciali andavano sciolte? Può confermare se questa è la linea del ministero dell’interno?
Elio Veltri, medico chirurgo, è stato sindaco di Pavia dal 1973 al 1980. Eletto alla Camera dei deputati nel 1997, ha partecipato alle commissioni antimafia, anticorruzione e giustizia. È portavoce dell'associazione "Democrazia e Legalità". Tra i suoi libri: "Milano degli scandali" (scritto con Gianni Barbacetto, 1991), "L'odore dei soldi" (scritto con Marco Travaglio, 2001), "Mafia pulita" (scritto insieme al magistrato Antonio Laudati, 2010).