Chissà se il pene di marmo incollato da Bondi al divino guerriero (ordine del suo presidente del Consiglio) nasconde desideri oscuri o è solo ignoranza sull’arte del restauro
PASSAVO DI LÌ – Il cavaliere dell’amore restituisce a Marte (dio della guerra) la virilità perduta nei secoli. Per quale complesso?
19-11-2010
di
Ivano Sartori
Il presidente del Consiglio si fa portare a Palazzo Chigi le statue Marte e Venere. Le due divinità hanno le sembianze dell’imperatore Marco Aurelio e di sua moglie Faustina. Il premier le osserva. Si chiede perché loro sì e lui no. O viceversa. Chiama il suo architetto privato e gli strilla: «Perché in Cina anche le sculture antiche sembrano nuove, mentre alle nostre mancano sempre braccia, teste e testicoli». È una storia lunga, ma nessuno si prende la briga di spiegarglielo. Urge operazione chirurgico-estetica. Ha letto sui giornali che ora si possono trapiantare mani e ritoccare peni. Il dio della guerra senza pene lo turba. Lo ripristina, per il piacer suo e a spese dello Stato, nonostante i drastici tagli alla Cultura. A Venere restituiscono la mano che vellica il petto della bellicosa divinità che le è accanto. Con quel gesto cerca forse di dissuadere Marte dai suoi vendicativi propositi. Forse sta cercando di convertirlo al partito dell’amore. Ma nella vecchiaia dei secoli il povero Marte ha perso quella cosa li. La frustrazione sessuale può degenerare in conflitti politici. In questa indecisione tra guerra e pace, in questo restauro, leggiamo un’altra pagina della dolorosa vicenda umana e pubblica di Silvio che non riuscirà mai a diventare Marco Aurelio ma non vuole fare la fine di Marte anche se dal chirurgo lui è quasi di casa.
Ivano Sartori, giornalista, ha lavorato per anni alla Rusconi, Class Editori, Mondadori. Ha collaborato all’Unità, l’Europeo, Repubblica, il Secolo XIX. Ultimo incarico: redattore capo a Panorama Travel.