Promesse, promesse, promesse. Ma noi napoletani sappiamo bene che le istituzioni non pagano chi raccoglie le immondizie e chi le trasporta. Sappiamo che le discariche sono sature. Da anni abbiamo imparato a differenziare i nostri sacchetti, civismo inutile: l'ordine è di compattarle indiscriminatamente. E sui rifiuti paghiamo le tasse più care d'Italia
Natale fra la spazzatura che copre le vetrine Armani
23-12-2010
di
Alessandra Riccio
Ormai l’humor napoletano non riesce più a far ridere: su un cumulo di sacchetti di immondizia che copre le vetrine dell’Emporio Armani, un cartello scritto da un anonimo cittadino invita i turisti a non perdesi “questo monumento offerto dalla nostra amministrazione” e il riso che provoca è amaro.
Siamo all’angolo di Piazza dei Martiri, il salotto buono della città, come si suol dire; e siamo alla vigilia di Natale, eppure, dopo mesi (anni?) di crisi ininterrotta, ancora non ci hanno liberato da questo indesiderato arredo urbano di cui continuiamo a pagare le conseguenze. Per i commercianti è una grande iattura, specie in queste settimane natalizie, quando i cittadini che possono spendere (e ce ne sono ancora) devono affrontare percorsi di guerra per schivare i resti delle nostre tavole, dei nostri acquisti, della nostra vita. Resti espulsi dalle nostre case senza criterio e come se non esistessero nel mondo, ma anche accanto a noi nei tanti e misconosciuti comuni virtuosi, esempi eccellenti di come processare i nostri rifiuti.
Oggi, finalmente, c’è una buona notizia: il famoso termovalorizzatore di Acerra ha messo in funzione la sua terza linea di incenerimento! Ma i poveri cittadini napoletani sanno ormai molto bene che non è facendo ingoiare al mostro di Acerra la spazzatura tal quale che si risolve il problema globale dell’eliminazione dei rifiuti senza produrre inquinamento e danni per la nostra salute.
Sentiamo dire che le istituzioni non pagano le ditte preposte alla raccolta e alla pulizia, al trasferimento e alla formazione delle ecoballe, insomma, a tutte quelle necessarie operazioni per conferire il materiale da eliminare secondo norma. Sappiamo che le discariche sono sature e che la gente non ne vuole nei suoi territori (e con ragione, date le accertate, nefaste conseguenze sulla salute). Sono anni che abbiamo imparato a differenziare i nostri sacchetti, che andiamo diligentemente a conferirli nelle apposite (e spesso lontane) campane, e sappiamo anche –ce lo hanno mostrato gli indiscreti telefoni cellulari, in grado ormai di captare immagini che dovrebbero esserci negate- che questa nostra è una cura inutile, visto che i camion compattatori mescolano allegramente il tutto.
Negli anni abbiamo imparato molte cose, e lo abbiamo fatto a fatica e da soli; le nostre istituzioni ci tengono alla lontana, non si appellano alla nostra collaborazione, non ci informano debitamente e non ci hanno ancora spiegato perché la raccolta differenziata nella città di Napoli vada così a rilento nei due quartieri dove è iniziata da qualche anno e non cominci nemmeno in tutto il resto della città.
E ci siamo perfino rassegnati a pagare le tasse sui rifiuti urbani più care d’Italia. E’ per questo che ormai l’humor di mani anonime che cercano di scherzarci su, suscitano soltanto un riso amaro.
Alessandra Riccio ha insegnato letterature spagnole e ispanoamericane all’Università degli Studi di Napoli –L’Orientale. E’ autrice di saggi di critica letteraria su autori come Cortázar, Victoria Ocampo, Carpentier, Lezama Lima, María Zambrano. Ha tradotto numerosi autori fra i quali Ernesto Guevara, Senel Paz, Lisandro Otero.E' stata corrispondente a Cuba per l'Unità dal 1989 al 1992. Collabora a numerosi giornali e riviste italiani e stranieri e dirige insieme a Gianni Minà la rivista “Latinoamerica”. E’ tra le fondatrici della Società Italiana delle Letterate.