Il Mediterraneo sta prendendo fuoco. Tunisi nel caos dopo anni di dittatura favorita dall’Europa, Francia e Italia, affari e strani intrecci politici, appunto. In Algeria la tentazione integralista e la debolezza del sistema hanno già provocato ribellioni che si cercano di tamponare. Stabile il Marocco ma lo stato di polizia e la contestazione di un Polisario colonizzato con persecuzioni disumane preoccupano una monarchia al momento stabile ma non di granito. La Libia è il limbo di Gheddafi, popolazione scarsa, democrazia soffocata: è diventata il crocevia degli stranieri in fuga dei quali Gheddafi si serve per ricattare l’Europa e battere cassa complice l’Italia della destra al governo. L’Egitto è una tragedia annunciata e non ancora compiuta: nessun rispetto per le regole civili delle democrazie occidentali che ne puntellano il potere per dirigerlo a piacimento. Cosa possiamo dire della Siria? Ambigua e nella mano del figlio di un dittatore senza scrupoli come Assad, figlio che non sfiora i comandamenti ereditati dal padre. È diventato il laboratorio delle cospirazioni che travolgono il resto della Mesopotamia: Iraq, soprattutto, ma la Teheran degli integralisti armati fa parte del gioco. E poi Israele: bisogna vivere a Parigi per capirne le contraddizioni quasi ridicole, sempre dolorose. È il dolore che accompagna l’Israele di Netanyahu il cui governo è ormai in balia della destra allucinante del ministro degli esteri Lieberman. Bisogna guardare Israele da lontano per capire, con orrore, a quale suicidio si sta avviando. Possibile che il popolo ebraico abbia perso la ragione?
Ester Gorensky
Israele sempre meno democratica, diritti umani sempre più calpestati
Dicono che a sfilare per le vie centrali di Tel Aviv siano stati più di quindicimila. Giovani, anziani, soldati e pacifisti. Tutti chiamati da decine di organizzazioni della sinistra israeliana per «difendere la democrazia». E ancora: per criticare il premier Netanyahu e il suo ministro degli Esteri, Avigdor Lieberman, leader di Israel Beitenu (destra radicale).
«Il pesce puzza dalla testa», ha esordito uno degli organizzatori, Nitzan Horovitz, membro del partito di sinistra “Meretz”. «I cattivi odori emanati da questo governo vengono da Netanyahu, che asseconda la legislazione razzista voluta da Lieberman».
A far uscire dal lungo silenzio i simpatizzanti della sinistra sono state alcune decisioni dell’esecutivo Netanyahu. Non ultima, la decisione del parlamento – su iniziativa del partito di Lieberman – di avviare un’inchiesta parlamentare sui finanziamenti e sull’operato di sedici organizzazioni non governative attive nel campo dei diritti civili. Per il ministro Lieberman queste Ong «sono fiancheggiatrici del terrorismo, avendo assistito la Commissione Goldstone sulla operazione Piombo Fuso lanciata due anni fa contro Hamas a Gaza».
Un segnale, questo di Lieberman, che secondo gli organizzatori della manifestazione rischia di far scivolare il Paese verso realtà poco democratiche. «Con queste premesse ci stiamo avviando verso un futuro non democratico», hanno urlato i manifestanti. «Valori democratici come l’eguaglianza, la giustizia e i diritti civili sono attaccati ogni giorno dal potere e da movimenti anti-democratici».
Il comunista Dov Chenin, emozionato come non mai, s’è detto preoccupato per una «legislazione razzista» alla Knesset, ma anche per una lunga serie di «dichiarazioni e di attacchi di carattere xenofobo». Come, per esempio, l’editto rabbinico, sottoscritto da centinaia di religiosi, che vieta agli ebrei ortodossi di affittare o vendere case a non ebrei.
Stonava, in tutto questo tripudio di cori, canzoni, bandiere e volti giovani e freschi l’assenza dei laburisti di Ehud Barak. Un partito di sinistra sì, anche loro, ma al governo. Fianco a fianco con l’estrema destra di Israel Beitenu.
Leonard Berberi [24 anni, è laureato in Scienze Politiche. Collabora a Sette, inserto del Corriere della Sera. “Schietto e curioso. Albanese di nascita. Italiano d’adozione. Apolide di professione. Perché il giornalista deve essere uno straniero. Sempre e ovunque. Soprattutto nel luogo che conosce di più. Solo così potrà raccontare la città che si espande. La nazione che cambia. Il pianeta che sopravvive. Attraverso piccole e grandi storie. Sono al master di giornalismo per imparare a fare tutto questo. Con le parole. E con le immagini”.]
Ester Gorensky, intellettuale di famiglia ebrea, vive e lavora a Parigi.