Inserirsi nel dibattito riguardante la crisi dell’industria automobilistica nazionale non è certo cosa facile. Troppi fattori influenzano strategie e decisioni: dagli strascichi dell’ultima crisi economica alla globalizzazione, dalla politica economica all’economia politica, dai problemi legati al costo del lavoro a quelli che propongono le più diverse delocalizzazioni, e poi il Lingotto, Mirafiori, Pomigliano, ecc. Oltre, naturalmente, ai problemi sindacali, politici, eccetera.
Ma si potrebbe anche provare a umilmente fare i cosiddetti “conti della serva” per cercare di capire “perché” la Fiat e le aziende del suo gruppo stentano o addirittura chiudono i conti in rosso. Per fare ciò forse basta munirsi di carta, penna e di una rivista di settore (noi abbiamo utilizzato “Quattroruote”, la stessa che viene utilizzata negli autosaloni), e – banalmente – controllare offerte, prezzi, allestimenti, valore dell’usato.
Offerta
- gruppo Fiat: la Fiat ha al momento 11 modelli in listino (600, 500, Panda, Punto, Bravo, Croma, Idea, Qubo, Doblò, Ulysse, Sedici). Di questi ne verranno prepensionati, a detta dell’azienda e a breve termine, almeno 4 (600, Croma, Idea, Ulysse). Totale 7.
- la Lancia ha 4 modelli, di cui uno – Phedra – quasi in pensione. Totale 3.
- l’Alfa ha 7 modelli, di cui 3 in via di estinzione (Gt, Brera e Spider). Totale 4
- Gruppo VW: la Volkswagen ha al momento 14 modelli in listino;
- l’Audi 21;
- la Seat 7;
- la Skoda 8
La differenza è quindi 14 a 50. Come si può allora pensare di competere, per lo meno in Europa, con una simile forbice? E, naturalmente non abbiamo tenuto conto di Renault, Toyota, Mercedes, Honda.
Prezzi
Una Fiat Bravo 1,4 (parliamo di modelli “base” e a parità di allestimenti, cioè: air-bag, clima, esp e radio) costa 18.100,00 euro; una Golf 1,4 ne costa 14.950,00. Da cui si capisce come mai tra gennaio e novembre 2010 siano state vendute in Italia 44.486 Golf contro 23.166 Bravo. Un altro classico esempio è quello della 4×4 Fiat Sedici che costa 23.600,00 euro contro i 19.090 della stessa, identica vettura, la SX4, prodotta dalla Suzuki (sempre a parità di allestimento).
Si dirà poi che gli italiani sono “antitaliani”, si dirà che sono esterofili (è vero: in nessuna nazione produttrice d’auto si vedono per la strada così tante vetture straniere, pare quasi di essere in Svizzera). Ma qui si parla di portafoglio, di prezzo d’acquisto, di tenuta dell’usato, di qualità, di consumi, e via dicendo…
Poi si dirà: sì, però, la linea italiana: senza pensare che nell’ultimo anno l’Italdesign di Giugiaro è diventata di proprietà della Volkswagen e che nel frattempo sono praticamente falliti (facendo ben poco per evitarlo) marchi leggendari come Pininfarina, Bertone e altri ancora.
Non solo. Ma siamo anche in un Paese dove il presidente del Consiglio innanzi tutto, e poi gran parte dei ministri, delle forze di Polizia, dei Carabinieri, della Guardia di Finanza, delle Asl, dei Vigili, della Protezione Civile, ecc., viaggiano – spesso o sempre – su automobili che non fanno parte della produzione nazionale. Bell’esempio, non c’è che dire.
Nessuna conclusione. Ma questa volta non è la politica, o l’ideologia, o i sindacati, o il governo, o gli economisti che parlano. Sono solo i fatti: i cosiddetti “conti della serva”.
Paolo Collo (Torino, 1950) ha lavorato per oltre trentacinque anni in Einaudi, di cui è tuttora consulente. Ha collaborato con “Tuttolibri” , “L’Indice” e “Repubblica”. Ogni settimana ha una rubrica di recensioni su "Il Fatto Quotidiano". Curatore scientifico di diverse manifestazioni culturali a Torino, Milano, Cuneo, Ivrea, Trieste, Catanzaro. Ha tradotto e curato testi di molti autori, tra cui Borges, Soriano, Rulfo, Amado, Saramago, Pessoa.