In passato urlava il suo odio per l'«orizzontalità» a cui Berlusconi punta, quando si trova col gentil sesso. Poi è passata al feroce sostegno del premier. Il velo pietoso un tempo steso sulla vergogna oggi è stato sostituito dall'ostentazione dell'osceno, arma con cui si vorrebbe uccidere l'indignazione
Donne che odiano le donne: gli eccessi di Daniela Santanchè e il pudore rinnegato
02-02-2011
di
Norberto Lenzi
La fortunata trilogia di Stieg Larsson inizia con il romanzo “Uomini che odiano le donne”. Il conflitto di genere ha origine antichissime e anche qualche giustificazione: si pensi alle non infondate rimostranze di Adamo. Il conflitto all’interno del genere maschile ha segnato la storia e le sue guerre. Quello all’interno del genere femminile era rimasto confinato ai cortili e ai ballatoi fino a quando le donne sono assurte al rango sociale che loro competeva ed era stato sempre loro negato.
Forse non c’è nulla di diverso rispetto a quello tra gli uomini, tuttavia mi dà un certo disagio per certe forme di autolesionismo che si potrebbero evitare e che mi lasciano pensare che i capponi di Renzo avrebbero potuto benissimo essere galline. Quando l’attacco è diretto all’intero genere, alle sue faticose conquiste, alla sua dignità non ci si aspetterebbe l’insorgere di quinte colonne maschiliste interne. E invece abbiamo assistito sulla stampa e in TV a spericolate difese degli atteggiamenti più triviali del maschio e irridenti offese verso le donne oneste che intendono reagire.
Penso soprattutto a Daniela Santanchè, ex donna verticale, vertiginosamente inclinatasi di diversi gradi, giunta a tali eccessi da essere ruvidamente rimproverata dall’uomo sferico Giuliano Ferrara (a dimostrazione che in politica le geometrie variabili esistono davvero). Qualcuno disse di Andreotti che aveva il dono della obliquità anche, e non solo, per la sua postura deambulatoria. Anche queste donne (aggiungerei la sottosegretaria Casellati), se mai sono state verticali, oggi sono oblique nelle loro argomentazioni e la inclinazione non è verso la verità e la limpidezza. La verticalità non è un concetto estetico ma morale (anche il palo per la lap-dance è verticale). L’importante, come dimostreranno altre donne, è che sia la schiena ad essere diritta.
Gli ultimi avvenimenti dimostrano come Cetto La Qualunque abbia veramente trovato la chiave della politica e della piliferazione dei voti. Si sta facendo confusione: è vero che la politica è missione e difesa delle tradizioni, ma quella del missionario è solo una posizione, per quanto tradizionale. Abbiamo visto prefetti e questori a disposizione delle escort. Quando la sedicente è seducente si può chiudere un occhio. Se poi ha autorevoli raccomandazioni ci si possono anche tappare le orecchie ai rilievi dei pubblici ministeri.
Le dichiarazioni difensive appaiono tra le più curiose. Carlo Rossella sostiene di essere fuggito dalla festa di Arcore dopo la mezzanotte, all’uso dei vampiri, senza spiegare se ha dato qualche morso prima di rifugiarsi nel suo avello. Non mi meraviglierei che Emilio Fede sostenesse che è vero che venivano ostentati venti deretani, ma che lui ne ha toccati solo quattro. Un tempo su qualcosa di vergognoso, di corrotto, di putrescente si usava stendere un velo pietoso. Oggi si ostenta l’osceno e si lapida chi intende denunciarlo.
Ha detto Gide che la sua vecchiaia sarebbe cominciata quando avesse finito la capacità di indignarsi. Per questo, dopo il bel discorso all’inaugurazione dell’Anno Giudiziario a Torino, mi sento di rivolgere un grande apprezzamento e un affettuoso saluto al mio giovane amico Gian Carlo Caselli.
Norberto Lenzi, magistrato in pensione. Pretore a San Donà di Piave e a Bologna fino all'abolizione delle Preture (1998), è stato giudice unico del Tribunale e consigliere della Corte di Appello di Bologna.