TERRORISMO E CAMORRA, DUE FACCE DELLA STESSA MEDAGLIA
05-07-2009
di
Susanna Ambivero
Secondo il dizionario della lingua italiana la camorra è un organizzazione criminale che mira a guadagni disonesti attraverso attività illecite danneggiando il resto della comunità.
Il terrorismo viene invece definito come il ricorso a mezzi violenti e illegali per perseguire scopi di lotta politica con il fine ultimo di destabilizzare o rovesciare l’assetto politico-sociale esistente.
La profonda differenza tra queste due avvilenti realtà dovrebbe quindi essere un fatto incontestabile. Ciò nonostante con il tempo sta diventando sempre più evidente la contiguità tra i due fenomeni e il confine che distingue uno dall’altro si fa sempre più sottile.
Nella storia contemporanea uno dei primi incontestabili esempi dell’esistenza di uno stretto legame tra terrorismo e camorra è rappresentato dalle strane vicende che hanno contraddistinto il sequestro di Ciro Cirillo, all’epoca dei fatti assessore all’urbanistica per la regione Campania. Il rapimento, rivendicato dalle brigate rosse, avvenne nel 1981 a Torre del Greco. In quell’occasione, clamorosamente, lo Stato chiese la collaborazione di un detenuto eccellente per mediare con il gruppo eversivo brigatista. Si rivolse a Raffaele Cutolo, noto esponente della Nuova Camorra Organizzata in quel momento agli arresti presso il carcere di Ascoli Piceno.
Sul perché lo Stato abbia dato per scontata l’esistenza di un rapporto di fiducia tra uno dei più noti boss della camorra e i terroristi o su quale sia stato il reale ruolo svolto nell’operazione da Cutolo, le autorità hanno sempre risposto con uno sconcertante silenzio. Nel luglio 1993 venne emessa dalla Corte Costituzionale una sbrigativa nota in cui si affermava che la Democrazia Cristiana, in rappresentanza dello Stato, trattò con le brigate rosse attraverso la camorra. Nessun altra spiegazione fu data.
Questa vicenda ebbe un ulteriore anomalo epilogo il 15 luglio 1982 quando le brigate rosse uccisero il vicequestore della Polizia di Stato Antonio Ammaturo insieme all’agente di Polizia Pasquale Paola. L’attività professionale del vicequestore, obiettivo principale dei killer, non coinvolgeva il terrorismo bensì la lotta alla camorra, era infatti lui che aveva reso possibile l’arresto di Raffaele Cutolo. In questo caso dunque le brigate rosse colpirono un funzionario non in quanto pericoloso per se stesse ma perché fastidioso per il suo impegno contro la criminalità organizzata. Sembra quasi una restituzione di favori.
Sarebbe però un imperdonabile errore pensare che la camorra abbia in qualche momento deciso di schierarsi “ideologicamente” al fianco delle brigate rosse. L’essere rigorosamente bipartisan è una prerogativa tipica della malavita.
Un altro episodio che rivela l’intreccio tra camorra e terrorismo eversivo, questa volta di stampo neofascista, è la strage avvenuta sul treno rapido 904 Napoli-Milano nel dicembre 1984 che costò la vita a diciassette persone. Negli atti processuali emerge che nella matrice della strage si può riconoscere un uguale contributo da parte della camorra e delle milizie di eversione neofascista. Gravi indizi di complicità sono stati avanzati nei confronti di Giuseppe Misso, capo camorrista del quartiere Sanità, notoriamente simpatizzante degli ambienti dell’estrema destra napoletana e veneta.
Negli anni a seguire è calato sull’argomento un silenzio dal sapore omertoso. Furono poche le voci che si sollevarono per denunciare la progressiva mescolanza tra terrorismo e camorra.
Una di queste coraggiose persone fu Don Giuseppe Diana, il parroco di Casal di Principe ucciso dai sicari il 18 marzo 1994. In una lettera che porta la data del Natale 1991 Don Diana analizza il nesso esistente tra la camorra e il terrorismo affrontandolo dal punto di vista sociale.
Nella lettera egli afferma:
Assistiamo impotenti al dolore di tante famiglie che vedono i loro figli finire miseramente vittime o mandanti delle organizzazioni della camorra (…)
La Camorra oggi é una forma di terrorismo che incute paura, impone le sue leggi e tenta di diventare componente endemica nella società campana (…)
E’ oramai chiaro che il disfacimento delle istituzioni civili ha consentito l’infiltrazione del potere camorristico a tutti i livelli. La Camorra riempie un vuoto di potere dello Stato che nelle amministrazioni periferiche é caratterizzato da corruzione, lungaggini e favoritismi.
La Camorra rappresenta uno Stato deviante parallelo rispetto a quello ufficiale, privo però di burocrazia e d’intermediari che sono la piaga dello Stato legale. L’inefficienza delle politiche occupazionali, della sanità, ecc; non possono che creare sfiducia negli abitanti dei nostri paesi; un preoccupato senso di rischio che si va facendo più forte ogni giorno che passa, l’inadeguata tutela dei legittimi interessi e diritti dei liberi cittadini (…)
Forse le nostre comunità avranno bisogno di nuovi modelli di comportamento: certamente di realtà, di testimonianze, di esempi, per essere credibili (…)
Questo ragionamento porta inevitabilmente a identificare un pericoloso fenomeno: il terrorismo in funzione alla camorra.
Se ora si rileggono le definizioni date dal vocabolario per descrivere la camorra e il terrorismo ci possiamo accorgere che i mezzi e le finalità di queste due differenti realtà, nel territorio campano, si sono fuse: la camorra oggi è un organizzazione criminale che attraverso attività illecite e ricorrendo a mezzi violenti mira a guadagni disonesti perseguendo anche scopi di potere che passano attraverso il rovesciamento dell’assetto politico-sociale esistente, sostituendolo.
Il sistema camorrista si è rivelato in grado di apprendere e integrare il modus operandi peculiare delle organizzazioni terroristiche. Il traguardo che in questo momento si prefigge la malavita campana non è più solo caratterizzato dalla ricerca dell’arricchimento in termini finanziari ma anche da un acquisizione di potere e di controllo sulla comunità. Se la camorra riuscisse a perseguire interamente questo scopo si troverebbe nella privilegiata posizione di poter esercitare un dominio pressoché totale in grado di influire sul comportamento, sulle opinioni e sulle decisioni della gente. Rappresenterebbe una piaga del tessuto sociale senza precedenti per gravità e pericolosità.
Si trova al vaglio la proposta di istituire a Napoli un unico pool, composto da trenta magistrati e coordinato da tre procuratori aggiunti, per indagare su camorra e eversione terrorista, unendo gli sforzi tra l’ antiterrorismo e l’ anticamorra.
” ‘O sistema” è di fatto una realtà unica rispetto alle altre mafie.
Non si comporta da antistato come cosa nostra.
Non si è metastatizzato in tutto il mondo come la ‘ndrangheta.
La camorra si propone di diventare l’ordinamento a cui dover fare obbligatoriamente riferimento all’interno del territorio da lei controllato. Uno stato esterno e parallelo rispetto alla nazione ma non per forza avversario, semplicemente alternativo.
Per contrastare l’avanzata di questo potere camorrista è necessario innescare un profondo processo di cambiamento della realtà sociale e urbana. E’ necessario che sia la società stessa, passando attraverso un tragitto di responsabilizzazione personale, a manifestare il netto rifiuto ad assoggettarsi ad una logica illiberale.
Susanna A. Pejrano Ambivero (Milano, 06 Agosto 1971) ha una formazione medico scientifica, spesso impegnata in battaglie sociali e culturali soprattutto nell ambito del contrasto alla mentalità mafiosa. Vive nel profondo nord, a Cologno Monzese (MI), località tristemente nota per fatti di cronaca legati a 'ndrangheta e camorra.