Strana “associazione criminale” è la camorra. A pensarci bene questa mafia è quanto di meno associazionistico può venire in mente. Decine e decine di famiglie, l’una in eterna opposizione all’altra. Sempre in guerra tra loro per conquistare un fazzoletto di territorio in più, per accaparrarsi il predominio su una piazza di spaccio più redditizia rispetto quella già posseduta. Alleanze che hanno la durata di un sospiro e guerre sanguinarie senza fine. Nessun altra mafia italiana può rivendicare una quantità maggiore di faide nella sua storia. Faide interne, lotte tra clan confinanti, per determinare quale è il gruppo più potente o che incute il maggior timore.
Una delle faide certamente più spaventose e sanguinarie che ha investito la Campania è senza dubbio stata quella che ha visto come teatro della sua ferocia Scampia e Secondigliano, gli sfortunati quartieri infestati dalla camorra a nord di Napoli. La faida di Secondigliano si è consumata tra il clan Di Lauro e suoi ex uomini, fuoriusciti dal clan d’origine e poi riorganizzatisi autonomamente in un gruppo denominato “scissionisti”. Una guerra iniziata nell’ottobre 2004 e conclusasi nel settembre 2007 dopo aver mietuto più di sessanta vittime e sparso sangue e terrore tra gli abitanti del quartiere.
Le ragioni che hanno scatenato la faida sono da ricercarsi nel desiderio di affermare il predominio territoriale, nella voglia di supremazia incontrastata ma anche in continue vendette di natura personale che molto poco hanno di “guerriero” e che svelano in tutta la loro pochezza la mediocrità di chi queste guerre le alimenta.
È oramai molto tempo che voci, sempre più insistenti, danno per riaperta questa tragica stagione di violenza. Per le strade di Secondigliano, tra la gente, si respira la paura di rivivere i momenti più tragici della faida passata. A Secondigliano si è tornati a sparare, nei negozi, per le strade, e in pochi giorni si è riaperta la conta dei morti per vendetta tra clan. Ancora Scissionisti contro i Di Lauro. Un copione già visto e molto, molto, temuto.
Solo nell’ultimo mese si sono contati tre morti. Il primo a cadere sotto il fuoco nemico, esattamente come in territorio di guerra, è stato il ventinovenne Antonio Faiello, morto in un imboscata che lo ha colpito mentre girava in motocicletta per il centrale corso Italia di Secondigliano, nella prima serata del 14 aprile. Nella stessa occasione è rimasto ferito anche il suo passeggero, Luigi De Lucia. Entrambi gli uomini erano organici del clan Di Lauro. Faiello era ritenuto un uomo di spicco di questa organizzazione.
Aveva parecchi precedenti; associazione per delinquere di tipo mafioso, traffico di sostanze stupefacenti, detenzione e porto abusivo di armi da fuoco aggravato dal metodo mafioso. Ma soprattutto si pensa che sia l’uomo che ha protetto la latitanza di Marco Di Lauro, l’attuale boss dei Di Lauro. Era stato arrestato nel dicembre scorso ma da pochi giorni era stato rilasciato. De Lucia invece agli occhi dei nemici doveva pagare il conto per una parentela ingombrante, oltre che per la sua appartenenza al clan rivale. Il suo familiare, Ugo De Lucia, è stato infatti a lungo il più spietato killer dei Di Lauro.
La risposta della controparte non si è fatta attendere e due settimane esatte dopo, il 28 aprile, si è consumata la vendetta. All’interno di un negozio di barbiere, nell’ora di punta, seguendo un copione degno dei peggiori film, un uomo con il passamontagna è entrato e ha freddato due dei clienti presenti in quel momento. Non persone qualsiasi, ma obiettivi ben precisi; Giuseppe Ferrara, detto o’ capellon, uno spacciatore da piazza conosciuto per essere un uomo senza scrupoli; e subito dopo Giuseppe Parisi, detto o’ nason. Entrambi ex uomini dei Di Lauro passati poi con gli scissionisti. Parisi addirittura era stato l’ex braccio destro di Ciro Cianciulli, uno dei boss che fornivano appoggio al clan Di Lauro. Vittime predestinate, dunque, per un tradimento insopportabile; soprattutto considerando l’eterno odio che da decenni scorre tra le due opposte fazioni.
Vendetta, droga, calcio scommesse milionario. Questo il cocktail che sembra abbia portato all’attuale spargimento di sangue. Una faida che si riapre, che a distanza di anni è ancora in grado di mietere tante, troppe vittime.
Susanna A. Pejrano Ambivero (Milano, 06 Agosto 1971) ha una formazione medico scientifica, spesso impegnata in battaglie sociali e culturali soprattutto nell ambito del contrasto alla mentalità mafiosa. Vive nel profondo nord, a Cologno Monzese (MI), località tristemente nota per fatti di cronaca legati a 'ndrangheta e camorra.