La crisi libica non significa solo spese militari, ma inflazione e costo della vita che tornano a crescere più del solito. Un effetto che sarà peggiorato dal federalismo, se dovesse passare. Tra stipendio minimo, pensioni sociali e cassa integrazione, ormai il mondo del lavoro (e dei redditi) deve essere ripensato e occorre tornare a sistemi di tutela dei cittadini applicati in passato e poi dismessi come ferri vecchi. Ma tali non sono
Scala mobile e salario minimo garantito: per combattere l’imbarbarimento sociale occorre pensare a tutele reali
16-05-2011
di
Pietro Ancona
La crisi libica, esplosa ormai da alcune settimane e secondo qualcuno prossima alla soluzione tempo tre mesi, ha infiammato l’inflazione per il rincaro della energia a causa di una velocissima manovra sui prezzi in cui è anche forte una componente di speculazione e di vera e propria rapina. L’effetto è immediato intanto sul costo dei carburanti che grava sui lavoratori che nella loro grande maggioranza usano il mezzo privato per raggiungere le aziende e sui costi di produzione di generi alimentari che rincareranno tutti. Insomma tutto costerà da subito più caro.
Altro effetto negativo sarà prodotto dal federalismo municipale che aumenta le tasse e dai rincari dei servizi delle ex municipalizzate. Insomma i salari e le pensioni già abbastanza rinsecchiti corrono il rischio di diventare evanescenti anche perché sono fermi da circa venti anni. Dalla abolizione della scala mobile avvenuta il 21 luglio 1992 e dagli accordi di concertazione del 23 luglio 1993 ad oggi c’è stata una inesorabile progressiva svalutazione dei salari costretti quasi alla immobilità mentre tutto il resto è andato avanti secondo le leggi del mercato. Salari e pensioni basse hanno contribuito a non fare impennare di molto i prezzi data la minore possibilità di consumi di lavoratori e pensionati come dire che la povertà del popolo è servita a tenere in equilibrio il sistema. Ma è catastrofica la situazione dei redditi fissi. Il 17% dei pensionati di vecchiaia riceve un assegno inferiore a 500 euro mensili. Il 6% dei lavoratori riceve un “salario” inferiore a 500 euro al mese ed il 25% sotto i 1000 euro.
Questa situazione angoscia sopratutto i pensionati che non solo non hanno mezzi di difesa, ma sono stati criminalizzati dal regime che li vuole vampiri delle risorse che spetterebbero ai giovani, propaganda alimentata anche da autorevoli economisti e professoroni come Monti, non promette niente di buono ed evolve verso il peggio. Diventeranno i pensionati italiani come i russi dopo la caduta dell’URSS costretti a mendicare per le strade ed a morire di freddo e di fame? Grave è la condizione dei lavoratori e delle loro famiglie. Sebbene l’economia italiana sembri in ripresa moltissime sono le ore di Cig.
La contrattazione in deroga abbassa i minimi salariali ed i contratti in regime di precariato addirittura li dimezzano. Insomma la situazione si sta facendo assai critica per la sopravvivenza. Il liberismo ha imposto regole che vanno ben oltre la legge bronzea dei salari di Ricardo. Non solo il salario non va oltre la sussistenza dei prestatori d’opera ma è spesso largamente al disotto. Si sopravvive con l’aiuto delle famiglie fino a quando questo sarà possibile. Tutti i milioni di giovani biagizzati sopravvivono con l’aiuto dei genitori e spesso anche dei nonni. Nessuno è in grado di reggersi da solo e non basta neppure l’aiuto dello stipendio della compagna, se precaria.
In queste condizioni diventa indispensabile il ripristino della scala mobile, di un meccanismo di indicizzazione dei salari e delle pensioni. La scala mobile può essere congegnata per evitare taluni effetti negativi che le sono stati attribuiti. Non è vero che favorisce l’inflazione se scatta soltanto un paio di volte l’anno e sempre dopo la registrazione dell’andamento dei prezzi. Può addirittura essere uno strumento di contenimento di questi, perché le aziende e lo Stato aumentando prezzi e tariffe dovranno tenere conto delle ripercussioni.
L’istituzione del Salario Minimo Garantito si rende indispensabile per tutta l’area del precariato e del lavoro immigrato. Ma farà bene a tutti bloccare la tendenza allo scivolamento verso il basso dei salari. Sarà un fatto di civiltà e di rispetto della dignità. Eviterà l’imbarbarimento di una società che si spacca in due, da un lato i manager ed i politici che godono di retribuzioni scandalose e dall’altro i reietti che la morale liberista vorrebbe fare sentire falliti. Non è un fallito un giovane che dopo essersi laureato magari con tanto entusiasmo è costretto a servire in un ufficio per quattrocento euro al mese ma solo una vittima di un sistema che deve essere cambiato subito prima che sia troppo tardi.
Si potrebbe rivendicare anche un tetto per gli amministratori e i manager. Cosa giusta specialmente nella pubblica amministrazione dopo la scandalosa riforma Bassanini. Lo sciopero del 6 maggio prossimo affronta la questione salariale e delle pensioni? È una domanda che mi pongo dal momento che mi pare prioritario mettere qualche cosa in più nelle tasche vuote dei lavoratori e dei pensionati.
Già membro dell'Esecutivo della CGIL e del CNEL, Pietro Ancona, sindacalista, ha partecipato alle lotte per il diritto ad assistenza a pensione di vecchi contadini senza risorse, in quanto vittime del caporalato e del lavoro nero. Segretario della CGIL di Agrigento, fu chiamato da Pio La Torre alla segreteria siciliana. Ha collaborato con Fernando Santi, ultimo grande sindacalista socialista. Restituì la tessera del PSI appena Craxi ne divenne segretario.