Mosca – Il 9 maggio sfilata militare come nell’ Italia del 2 giugno: sfilano carri armati, truppe, missili, insomma “la madre di tutte le Parate”. Festeggiano i 66 anni della vittoria della Russia sulla Germania di Hitler. E’ il Victory day. Noi di Mosca ne siamo coinvolti, tutti con coccarde colorate alle giacche, in televisione: un susseguirsi di immagini retoriche sulla grandeur dei corpi speciali dell’esercito, ma la cosa che più a messo a ferro e fuoco la città sono state le prove della parata. Di notte sembrava di essere sul set di un film di guerra oppure si poteva pensare che Mosca fosse stata invasa (solo di notte però) da un esercito alieno. I cattivi di Stars Wars con il lato oscuro della loro forza? Gli immensi stradoni che portano al Cremlino pattugliati da una distesa di soldati che compatti marciavano all’unisono pestando rumorosamente il terreno: li guidavano ufficiali con divise rubate dall’armadio di Gheddafi. Quando li ho visti pioveva, luci che si rspecchiavano sull’asfalto bagnato. Quel loro camminare con giganteschi pastrani di cerata nera….altro che invasione degli ultracorpi o Darth Fener….
Sfilavano mezzi militari, fortunatamente non me ne intendo per nulla, ma sembravano cose spaventose, micidiali marchingegni da far rabbrividire. Tempo fa circolava su internet la leggenda metropolitana sui mezzi blindati gonfiabili comperati dall’esercito sovietico per intimorire il nemico senza spendere troppo, insomma, carri armati da Risiko, mito dei villaggi Potëmkin. La leggenda racconta che il conte Potëmkin fece costruire dei villaggi per impressionare la zarina Caterina durante la sua visita, casupole di cartapesta colorata e i pastori felici della loro vita bucolica erano interpretati da attori prezzolati. Insiste la leggenda: lo stesso gregge spostato lungo tutto il percorso della zarina mentre le navi della flotta che si vedevano in lontananza erano scene colossali dipinti da bravi pkittori. E’0 successo anni fa anche in Italia: quel viaggio di Fanfani nel Sud nutrito dalla Cassa del Mezzogiorno, mandrie spostate nella notte da camion indaffarati Sperare che i carri armati fossero di cartapesta mui è parsa subito un’illusione.
Il Victory day per la Russia è molto importante, è la festa dei veterani che hanno combattuto contro i nazisti; è la festa di tutte le famiglie che in guerra hanno perso i loro cari. Durante l’ex regime la riuscita dell’evento poteva costare vita o Siberia ad organizzatori pasticcioni. Settimane prima si registrava radiocromaca e telecronaca dalla Piazza Rossa: “Vedo sfilare a grande velocità i più potenti carri armati del mondo…..”
Ma nel periodo pre-elettorale che si respira oggi in Russia, tutto serve per accaparrarsi voti, quindi la manifestazione la una passerella per i “due” leader che hanno in mano il paese e i veterani rimangono sbiadite comparse. La maggior parte dei russi ritiene questa vittoria l’evento più importante della loro storia recente, un momento che fa forse (??) fa dimenticare le atrocità compiute dei loro governanti in quel terrificante periodo. Ecco perché si spendono 43 milioni di dollari per far sfilare al passo dell’oca i poveri militari tra le folle festanti da Mosca a Vladivostok. Militari di leva che in realtà sono trattati malissimo nelle caserme da ufficiali superiori arroganti, episodi di “nonnismo” che rendono impossibile loro la vita.
Finalmente la festa pacchi viveri ai veterani ai quali di anno in anno si promettono nuovi appartamenti. Assentui gli gli oligarchi, tutti in vacanza, al caldo e nel lusso di Sochi, Mar Nero o in Italia a fare shopping. Nessuno di loro sopporta il “grande ponte” della vacanza e scappano dalla città militarizzata. Anch’io me ne sono andata, qualche giorno a Torino giusto in tempo per fischiare il ministro della difesa La Russa: baldanzoso in Piazza Castello si pavoneggiava per i 150 anni della nascita dell’esercito italiano. Fischi virtuali perché in realtà nopn so fischiare Mi sono anche presa della “piccola fischiatrice”.
Anche Torino era invasa, ma da un altro tipo di militari. Centinaia di alpini con le loro penne nere passeggiavano allegramente nelle vie del centro, scorte di vino e grappa che potevano bastare per i prossimi 100 anni. Allegria contagiosa e disordinata. So già che il combattente Ignazio (gli amici si amano malgrado la diversità di idee) li avrà guardati con l’occhio storto: avrebbe preferito essere qui, a Mosca, sul palco delle autorità, braccia puntate sui fianchi, occhi ancora più grandi ed inquietanti davanti al passo deciso truppe ordinate, disciplinate e timorose di lui. Che bellezza, che fierezza. Ma poi durante i discorsi forse, non avrebbe capito la sfilza delle citazioni dei politici e avrebbe di nuovo chiesto: ma Lukashenko, chi é?
Daniela Miotto insegna a Torino, dove vive quando suo marito non la trascina in giro per il mondo. Attualmente abita a Mosca senza conoscere una parola di russo. Sbircia il mondo a volte senza capirlo, ma è convinta che curiosare sia una delle attività più stimolanti e divertenti che si possano fare