“Volete voi che siano abrogati i commi 1 e 8 dell’articolo 5 del decreto omnibus, che contengono le nuove nome sul nucleare in Italia: realizzazione nel territorio nazionale di impianti di produzione di energia nucleare?”
“Signora è informata sui referendum, sa che si vota il 12 e 13 giugno contro il nucleare?”
“Guardi, so tutto, dia anche il materiale a qualcun altro, per me sono quattro sì certi!”
“Scusi, mi darebbe un po’ di volantini? Vorrei metterli nelle buchette della posta del mio condominio, sa molti non sanno o fanno finta di non sapere…”
A Bologna, davanti ai banchetti d’informazione sui referendum, è netta la maggioranza di coloro che manifestano senza remore la loro decisione di votare sì, innanzitutto contro le centrali nucleari. Dei quattro quesiti, il nucleare è quello per il quale, dopo che la Cassazione ha confermato il diritto dei cittadini a esprimere con il voto i loro convincimenti, si potrà raggiungere il quorum e una maggioranza schiacciante, come ha già dimostrato il voto in Sardegna: non ci sono differenze sociali in questo voto, anzi i “borghesi” favorevoli al sì, superano di gran lunga i “proletari” forse presi da problemi più pressanti, in questo gramo periodo di crisi economica.
I giovani poi, sono antinuclearisti ed ecologisti come non mai, non si vedono più facilmente in questi giorni i rutilanti “berluschini” in blazer o le simil-Minetti con tacchi da dodici centimetri e labbra rifattissime, il voto amministrativo sta spazzando via certi esibizionismi da “Bagaglino”. Dopo Fukushima il ripensamento sul nucleare è nell’agenda di tutti i governi europei, degli stessi USA e persino la Cina, uno dei paesi più spinti in questo tipo di sviluppo energetico ha deciso una moratoria.
La Germania il 6 giugno voterà la definitiva fuoriuscita dal nucleare, chiudendo tutte le centrali entro il 2022, così come ha già deciso la Svizzera, solo il Governo Berlusconi si è adoperato ma inutilmente, ora possiamo dirlo con un sospiro di sollievo, con un farsesco tentativo di mistificazione, di aggirare la volontà del popolo, cercando di evitare con il voto referendario, la sua ennesima e forse definitiva sconfessione.
Attualmente il nucleare rappresenta appena il 6% della produzione energetica mondiale ( il 37% il petrolio, il 27% il carbone ed il 23% il gas naturale), l’incidenza nei paesi industrializzati arriva al 16%, abbastanza poco per rinunciarvi in tempi ragionevolmente brevi, le fonti energetiche non fossili appena il 10% e la vera sfida è nel loro sviluppo che ha straordinarie potenzialità. La verità sui rischi e sulle terribili conseguenze degli incidenti nucleari, sta aprendo squarci di luce laddove si è tentato finora di nasconderla agli occhi del mondo: in gioco c’è la sopravvivenza della vita in intere regioni e sulla stessa terra, l’energia nucleare è un pericolo costante sia nell’impiego energetico sia soprattutto in quello bellico.
La battaglia contro il nucleare è anche una lotta per la pace e per la sicurezza mondiale: le armi nucleari sono state e sono ancora oggi un mezzo di strapotere e sopraffazione nelle mani di chi le possiede, la teoria giustificazionista che esaltava la funzione di “deterrenza” dell’equilibrio del terrore tra le superpotenze, non ha più alcun significato in un mondo dove le tecnologie e il denaro possono consentire anche a forze incontrollabili di possedere e usare queste armi.
L’alternativa esiste ed è sempre più reale, un altro modello economico, fondato non più sulla distruzione delle risorse naturali per uno sviluppo consumistico ormai del tutto irrealistico, il mondo deve orientarsi verso un diverso equilibrio, una giusta misura tra benessere sociale e risparmio delle fonti naturali, la campagna, i fiumi, i mari oggi in grande pericolo; occorre indispensabilmente un’economia di pace fondata sulle energie pulite, sul sole innanzitutto che è la più grande e potente riserva energetica per la terra,con il vento, la geotermia, le biomasse e l’acqua.
È questa la posta in gioco dopo Fukushima ed anche il 12 e 13 giugno: in quelle schede elettorali in cui è contenuto un cambiamento profondo di scelte energetiche ed una svolta per la democrazia in Italia.
Sergio Caserta è nato a Napoli. Studi in materia giuridica ed economica, dirigente di organizzazioni ed imprese cooperative, attualmente vive a Bologna e si occupa di marketing e comunicazione d'azienda. Formatosi nel PCI di Berlinguer, coordina l'Associazione per il Rinnovamento della Sinistra (www.arsinistra.net). Nel 2005 fu tra i promotori della rete "Unirsi" (www.unirsi.it). Già consigliere provinciale di Sinistra Democratica, oggi aderisce a Sinistra Ecologia e Libertà