Non si capisce perché, ma c’è un referendum che resta nell’ombra. Eppure riguarda direttamente Berlusconi e, a partire da lui, l’uguaglianza dei cittadini davanti alla legge. Forse le formule giuridiche non sono il massimo della chiarezza, ma il senso è evidente: dietro la richiesta di “abrogazione dell’art.1, commi 1, 2, 3, 5, 6 nonché dell’art.1 della legga 7 aprile 2010 numero 51 recante “disposizioni di impedimento a comparire in udienza…”, sta una delle solite leggi ad personam.
Forse – una ripassata non fa male – sarà bene citarne qualcuna: limitazione delle rogatorie (per coprire movimenti finanziari illeciti), abolizione dell’imposta di successione per i grandi patrimoni, depenalizzazione del falso in bilancio, legittimazione del “sospetto” sui giudice, il condono fiscale “tombale” del 2003 (con beneficio per Mediaset), il sistema integrato delle comunicazioni (la “Gasparri”, che in soldoni significa un guadagno netto di oltre un miliardo di euro), il condono edilizio del 2004, riduzione della prescrizione, sospensione dei processi per le alte cariche (dichiarata incostituzionale), scudo fiscale… Se aggiungiamo altre leggi a proprio beneficio fiscale, la storia delle frequenze tv e di rete4, il decreto “salvacalcio”, il segreto di stato su Villa Certosa… non c’è più nessuno che possa dubitare con quali intenti e a vantaggio di chi governi l’ “eletto dal popolo”.
Un altro tentativo di proteggersi dal “comunismo” della giustizia e della Corte costituzionale – di cui chiamava testimone perfino Obama – è quello di correggere l’eccesso di uguaglianza previsto dall’art. 3 della Costituzione (comunista). Infatti, proprio perché uguali davanti alla legge, tutti i cittadini che, sia come imputati, sia come parte offesa, siano tenuti a presentarsi in tribunale, se realmente impediti, possono chiedere che il giudice fissi un rinvio, ovviamente presentando richiesta per motivi fondati di “impedimento grave e assoluto”. Il nostro Presidente del Consiglio non si ritiene un normale cittadino e chiede – ecco il contenuto della legge 7 aprile 2010 – che per lui e, siccome è gentile, per i ministri basti un’autocertificazione continuativa per sei mesi, senza possibilità per il giudice di verificare la validità della giustificazione.
Questo tanto per dire il conto in cui Berlusconi tiene la giustizia rispetto ai privilegi di casta. I processi Mills, Mediatrade e Mediaset, dopo l’abbattimento per legge dei termini di prescrizione, difficilmente porteranno a condanna o proscioglimento dell’imputato. Per il caso Ruby lunedì il Presidente del Consiglio non si è presentato in udienza. Non era neppure a Montecitorio o a palazzo Chigi. Intanto l’avvocato Ghedini (che tra parentesi è ministro della giustizia) ha ribadito che, veramente, Berlusconi credeva che la povera minorenne fosse nipote di Mubarak ridicolizzando l’imputazione di sfruttamento della prostituzione.
Tuttavia resta un problema, per il quale la difesa chiederebbe il trasferimento al tribunale di Monza; infatti non si sa bene se in qualità di presidente o come privato cittadino abbia esercitato pressioni sulla polizia e la concussione, se provata, può portare, oltre alla condanna, l’interdizione dai pubblici uffici. Berlusconi non vuole andare in tribunale come “uno qualunque” e non vuole che un’autorità superiore per competenza possa controllare la sua parola. Vi pare poco?
Allora, anche questo quesito è importante: con un sì alla sua abrogazione difendiamo l’articolo 3 della Costituzione e il diritto a essere uguali (almeno) davanti alla legge.
Giancarla Codrignani, docente di letteratura classica, giornalista, politologa, femminista. Parlamentare per tre legislature