Il quotidiano La Stampa ha avviato negli ultimi giorni quella che sembrerebbe la campagna finale contro il Movimento No Tav, reo di non arrendersi alla ineluttabilità della linea ferroviaria Torino Lione. Dopo il fondo non firmato a commento del secondo invio di proiettili e minacce in busta chiusa ai due deputati PD più impegnati a sostenere la Tav a qualunque costo (militarizzazione compresa), è stata la volta di un editoriale di Luigi La Spina che ammonisce i sindaci a “non esagerare” con la rappresentanza dei propri cittadini che si ostinano a rifiutare il progresso.
Al primo ho provato a replicare io spiegando perché le accuse al movimento del quotidiano di via Marenco sono irricevibili (il settimanale locale Luna nuova ne ha pubblicata una sintesi).
Dario Fracchia, sindaco di S. Ambrogio, ha replicato in modo magistrale e argomentato alle tante stupidaggini, oltre che alle accuse deliranti rivolte ai nostri amministratori dal secondo (anche di questo è stata pubblicata una sintesi – bontà loro – nientemeno che sul quotidiano torinese).
Le riporto qui di seguito (in ordine cronologico) per testimoniare la capacità di reazione non solo del movimento No Tav ma dei cittadini e degli amministratori che si riconoscono in una lotta che dopo oltre 20 anni e dopo essere passata attraverso ben altri tentativi di “inquinamento” non ha certo bisogno di patenti di guida alle libertà democratiche né di istruzioni per l’uso della disubbidienza civile.
Paradossalmente in queste stesse ore il neosindaco di Torino protesta per essere finito assieme al suo partito nel “tritacarne” conseguente alle notizie di contatti tra i malviventi della ‘ndrangheta appena arrestati e gli esponenti PD che hanno lavorato per la sua affermazione alle primarie nella lotta (evidentemente senza esclusione di colpi) interna al partito. La sua accorata richiesta di garantismo e soprattutto quella di alcuni esponenti locali del PD, sicuramente incauti ma che molti di noi fanno francamente fatica a immaginare come adepti di riunioni rituali di affiliazione alla più sanguinaria e potente delle associazioni mafiose del nostro disgraziato paese, non farebbe una grinza, ma appare al limite del grottesco che avvenga in contemporanea alla condanna pronunciata nei nostri confronti senza nessun appello proprio dai Fassino, dai Morgando e addirittura dai Bersani a seguito della lettera anonima e dei proiettili indirizzati ad Esposito e Merlo.
Se questa disavventura servirà almeno a far capire loro che il rispetto dei cittadini e delle loro ragioni viene prima, molto prima, delle ragioni (anche se in questo caso sono torti) del partito e del “mercato” sarà stata se non altro un occasione per imparare qualcosa: come diceva il maestro Manzi “non è mai troppo tardi”. Ma se battersi contro la devastazione del nostro territorio e della definitiva rovina dei conti pubblici dell’intero paese continuerà ad essere considerato un comportamento eversivo questo sistema dei partiti e questo paese è condannato a esaurire molto presto le residue e marginali chance di futuro. E a quel punto non sarà più tanto e solo del “ribellismo” della Valle di Susa che ci si dovrà preoccupare.
E a tal proposito mi pare di straordinario valore riportare anche la lettera aperta che Matilde Bertone – anziana militante del PCI – ha inviato proprio all’ex segreatario del suo partito, neosindaco di Torino.
Tav, isolare chi minaccia di sparare (ma anche chi spara sulla croce rossa)
“Una cosa sono le scritte sui muri, un’altra cosa è il volantino recapitato ieri in varie copie con l’accompagnamento di un proiettile e rivolto a Stefano Esposito e Giorgio Merlo del Partito democratico. La concretezza della minaccia impone un salto di qualità anche nella risposta. Non bastano più la semplice presa di distanza o la rituale solidarietà ai due minacciati. Il volantino, il proiettile, le insinuazioni sulle vite private e gli affetti famigliari ricevuti ieri da Esposito e Merlo ci riportano direttamente al clima degli anni ‘70, sia detto senza retorica e senza luoghi comuni. L’espressione «…se queste condizioni non verranno accolte provvederemo noi con un’azione diretta a eseguire la sentenza» ricalca quasi alla lettera il fatidico ultimo comunicato con il quale le Br annunciavano la fine di Moro: «…eseguendo la sentenza…» Il che vuol dire che gli odierni «partigiani valsusini» del «comitato 8 dicembre» che ha firmato il volantino di ieri hanno nella testa e nei nervi la stessa cultura e lo stesso progetto dei brigatisti assassini”.
Questo l’attacco del fondo pubblicato ieri su “La Stampa”, e un commento non firmato di questo tenore, di regola, va attribuito al Direttore. Nonostante il paragone sia così palesemente esagerato da indurlo a mettere un po’ le mani avanti, se è Mario Calabresi ad averlo scritto (o fatto suo) non ci sarebbe da scandalizzarsi più che in altre analoghe occasioni : intendo dire che se io fossi uno cui da ragazzo i terroristi (mandati o no da Adriano Sofri) uccisero il padre poliziotto vivrei sicuramente e legittimamente nell’ossessione che certi fatti possano ripetersi e sarei molto meno equilibrato di quanto lui ha mostrato di esserlo (e incomparabilmente più di ieri) quando ne ha scritto nei suoi libri o in molti articoli. (Anche se sarebbe comunque auspicabile che provasse a documentarsi meglio prima di attribuire patenti brigatiste ai partigiani e al comitato 8 dicembre che in Valle esistono (per fortuna) ancora e davvero e che ovviamente nulla hanno a che fare con chi ne ha male adoperato il nome). Ma quello che trovo davvero inaccettabile nel commento alla notizia di una seconda e più inquietante lettera corredata di pallottola indirizzata ad Esposito è il dare per certo – a indagine appena avviata – non solo che la cosa possa avere come origine la nostra lotta, nonostante abbia alle spalle oltre 20 anni di percorso ineccepibilmente democratico e nonviolento, ma che la stessa possa star degenerando solo ed esclusivamente per colpa dei cittadini (e degli amministratori?) della Valle di Susa in una “congerie ribellistica” di cui il passo verso la lotta armata è la diretta e inevitabile conseguenza. L’attuale direttore de “La Stampa” faceva – credo – l’inviato negli USA per Repubblica quando i “lupi grigi” firmavano lettere se possibile più deliranti e preoccupanti di quella indirizzata ad Esposito. Ma un direttore di un grande quotidiano (che ha appena messo on line l’intero archivio storico) non dovrebbe avere soverchi problemi a chiedere a qualche collaboratore di rispolverare le inchieste di magistratura dell’epoca, gli articoli del giornale che oggi dirige ma anche della redazione torinese di quello per cui lavorava allora e qualche registrazione di telegiornale “provinciale” e nazionale in occasione degli “attentati” che ebbero più risonanza: bombe carta fatte esplodere presso ripetitori TV o telefonici, bombole del gas o canalette di cemento lasciate lungo la ferrovia o sui binari, esplosivi e armi belliche fatti ritrovare sotto i piloni dell’autostrada, proiettili inviati a vari indirizzi tra cui anche a un magistrato inquirente ecc.
Io che non ho a disposizione tutto quel che può avere lui faccio ricorso alla mia memoria, per cui potrei anche sbagliare, ma la sicurezza con cui veniva attribuito alle “frange estreme” del movimento No Tav d’essersi inventati la sigla “lupi grigi” e le lunghe e vaste indagini avviate all’epoca non ressero la maggior parte degli atti processuali istruttori. E per quanto riguarda i casi in cui fu ricondotta agli anarchici suicidi “Sole e Baleno” la responsabilità di due o tre di quei fatti, la pubblica accusa non superò l’appello. Non solo, ma il proiettile inviato a un magistrato in quegli stessi anni è da ascrivere senza ombra di dubbio a un sotto-ufficiale della polizia giudiziaria che patteggiò al processo e che – se non sbaglio – era lo stesso che fece ritrovare gli esplosivi sotto un viadotto autostradale (o compariva magicamente dopo quasi tutti gli “attentati” dei lupi grigi).
Io credo che pochi movimenti come il “nostro” abbiano dimostrato in questi lunghi e difficili anni di avere anticorpi verso qualunque forma di avventura. Difese immunitarie che sarebbe bello fossero presenti in maniera almeno proporzionale tra i politici, i magistrati, le forze dell’ordine e i giornalisti di questo tormentato paese.
E – nonostante quanto appena detto – ho fiducia che giudici , poliziotti e carabinieri (se non distolti dai compiti più importanti e delicati per cui sono pagati dalla collettività) possano (sta volta con più celerità e successo) individuare esecutori e MANDANTI delle deliranti missive di accompagnamento dei bossoli indirizzati agli esponenti PD /Si Tav.
Ma mi permetto anche di dirmi convinto che fondi come quello comparso su La stampa non solo non vadano nella direzione auspicata da chi l’ha scritto, ma paradossalmente, nella direzione opposta. Perché se si può sottoscrivere con l’autore che “l’intera vicenda della linea Torino-Lione è già di per sé una sconfitta del sistema Italia e i primi responsabili sono stati i governi che non hanno mai saputo trasmettere né il senso di un’opera fondamentale per il futuro del Paese e di questa regione né preparare in modo trasparente l’avvio dei lavori”(salvo chiedersi se ciò fosse oggettivamente possibile) è inaccettabile per chi come noi da 20 anni ha esaminato con rigore e meticolosità ogni singolo elaborato progettuale partecipando a tutte le riunioni istituzionali ovunque a da chiunque convocate affermare con faciloneria che “ora che con l’Osservatorio guidato da Mario Virano un percorso trasparente di dialogo sul territorio è stato compiuto e le garanzie ambientali sono assicurate, tocca allo Stato fare in modo che i lavori vengano realizzati nell’interesse collettivo”. Ma di quale percorso trasparente e di quali garanzie ambientali (e procedurali, ed economiche) si sta parlando: di quelle propagandate sui giornali o di quelle reali (o davvero credono alle veline che pubblicano?). Ma di quale coinvolgimento si parla se gli enti locali ammessi alla fase decisiva del “percorso di Virano” sono stati solo ed esclusivamente quelli che si sono dichiarati a priori favorevoli all’opera e non ne sono – nella stragrande maggioranza) toccati? E ci si può davvero chiamare fuori dalla drammatizzazione dello scontro in atto (sia che le missive provengano da “noi antagonisti” che – diciamo per eccesso di zelo – da qualche servizio deviato) quando si da licenza di scrivere un giorno si e un giorno anche che tutti i problemi sono o saranno risolti mentre basterebbe leggere le prescrizioni del CIPE (e proprio a riguardo del tunnel geognostico della Maddalena di Chiomonte!) per farsi perlomeno una idea problematica della liceità dell’avvio dei lavori entro gli ultimatum a geometria variabile della UE?
Non si può versare un giorno si e un giorno anche benzina sul fuoco e poi lamentarsi se l’incendio diventa indomabile: si rischia di passare alla storia (perché prima o poi qualcuno questa storia la scriverà quando finalmente gli interessi saranno in un modo o nell’altro stati tacitati) come quei forestali della Sila che erano i primi a gridare “al fuoco “ dopo averlo appiccato e col solo scopo di garantirsi lo stipendio.
Claudio Giorno
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Sant’Ambrogio, 10 Giugno 2011
Gentile Luigi La Spina,
sono uno di quei sindaci ai quali lei nel suo ultimo articolo si rivolge in modo particolare. So perfettamente che questa lettera così come l’opinione dei miei colleghi e del Presidente della Comunità Montana non troverà spazio alcuno sul suo giornale per non turbare il “pensiero unico”, ma ci tengo comunque a manifestarle la mia opinione attraverso la mia esperienza di sindaco e cittadino della Valle di Susa. Lo ritengo un atto dovuto, non tanto per farle cambiatre opinione, ma semplicemente per dovere di informazione. Per guadagnare tempo, non utilizzerò lo stile ciceroniano ma quello anglosassone e asciutto dei numeri e dei dati, elencandole qui di seguito quelli più sugnificativi e ai più non conosciuti, lei compreso, vista la non concoscenza dei fatti e dei progetti che dimostra nel suo articolo, infarcito di informazioni errate, alcune addiritura inventate e di clamorose omissioni.
1) Partiamo dal “ifamoso corridoio 5″ Lisbiona- Kiev”: il Portogallo il 6 Aprile scorso ha chiesto un prestito di 80 miliardi di euro ed è sull’orlo del fallimento. La Spagna è sulla stessa strada e si è ritirata dal progetto. Per non parlare di Kiev – Ucraina -: pochi giorni fa chiesto aiuto all’Europa perchè vicina alla bancarotta.
2) Le merci che arrivano dall’est in Europa si muovono nel nostro continente sull’asse nord-sud sfruttando il sistema portuale: di quale “rivoluzione” dei trasporti in Europa sta parlando se non conosce neppure questo macro dato?
3) Chi si oppone all’opera è un’intera popolazione di persone per bene e pacifiche, preparate sui progetti e sui contenuti: i proiettili, le minacce di morte, la violenza, la cultura dell’inganno e della provocazione non ci appartengono, mi spiace per lei: in venti anni e più di opposizione al tav è un fatto ampiamente dimostrato.
4) Quella che lei chiama “commissione” è l’Osservatorio dal quale sono da due anni esclusi i comuni – VENTIQUATTRO! – interessati dal progetto TAV perchè è stata loro negata la possibilità di scegliersi i propri rappresentanti di fiducia imponendo inoltre l’obbligo di aderire al progetto pena l’esclusione dai tavoli di confronto. Infatti nell’utlimo incontro di Palazzo Chigi a Roma del mese scorso, c’erano al tavolo i sindaci ad esempio di Claviere che dista circa quaranta chilometri dai cantieri e il sindaco di Giaveno che si trova addiritura in un’altra valle, mentre il sottoscritto insieme agli altri 23 sindaxci era confinato all’esterno, dietro le transenne presidiate dalla polizia.
5) Il piano di compenazioni: ad oggi non c’è un euro. Come stupirsi di ciò se manco ci sono i duecento milioni del Governo e i cento milioni della Regione promessi da anni per il nodo di Torino? Anche chi è favorevole all’opera, specie di questi tempi dove mancano i soldi per fare viaggiare in orario e puliti i treni dei pendolari da Susa a Torino, resterà a bocca asciutta, non si preoccupi.
6) Ha mai sentito parlare di priorità degli investimenti, di valutazione costi-benefici per le grandi opere ultimamanete evocato come necessità ineludibile anche da parte dell’ autorevole voce del Governatore della Banca d’Italia Dott Draghi? Ha mai sentito parlare di infiltrazioni mafiose nelle grandi opere che fanno lievitare i costi di cinque volte? Lo sa che la Valle di Susa è fortemente abitata – settantamila abitanti – e infrastrutturata in quanto opercorsa da un fiume, un’autostrada, due statali,una ferrovia a doppio binario e la si può considerare per queste caratteristiche una terza cintura di Torino con tutti i problemi conessi all’impatto di cantieri delle dimensioni e della durata prospettate? Lo sa che è soggetta a periodici eventi alluvionali e che dunque non è minimamnte paragonabile alle altri valli alpine per tutti i motivi prima elencati da un pnto di vista del’impatto ambientale di un’opera di queste dimensioni?
7) I due miliardi di penale da pagare in caso di rinuncia all’opera così come i “35-40 milioni di euro di ricaduta sulla valle per il solo tunnel esplorativo di sette chilometri della Maddalena” sono una pura invenzione giornalistica: per cortesia citi le fonti di questi dati, inventare non è serio!
8) I viaggaitori che arrivano da Londra o Parigi per venire a sciare in Valle di Susa credo, a meno che non siano scemi, preferiscano fare i dodici chilometri in treno del traforo del Frejus esistente dai tempi di Cavour ed arivare direttamante a Bardonecchia piuttosto che da Susa, dopo 54 chilometri di tunnel, risalire la Valle in pulman, non crede? Per cortesia anche questa stupidaggine è bene che la rettifichi a tutela dell’intelligenza dei lettori e della sua personale.
9) “Anche le critiche relative ai costi sembrano ingiustifcate perchè la UE ha destinati i finanziamenti solo per questo progetto”: altra falsità, i progetti finanziati dall’Europa per il trasporto ferroviario sono attualemnte almeno cinque.
10) “nel tentativo di svelenire un clima troppo acceso il Ministro Maroni……ha ha riservato il compito dell’ordine pubblico alle forze dell’ordine e non ai militari”: come ho già avuto modo di dire, gli incendiari in doppio petto sono i veri avvelenatori del clima sociale: sono quelli che invocano l’uso della forza, che insultano la cittadinanza della valle di Susa associandola a frange violente, che delegittimano sistematicamente le Istituzioni disconoscendo il ruolo democraticamente sancitio di rappresentanza del territorio al Presidente della Comunità Montana, che omettono le informazioni o le distorcono o ancora peggio le inventano, che rifiutano il confronto sui contenuti e sul merito dei problemi, che prendono le tanmgenmti addiritura sui pannolini mentre i giovani precari lavorano a cinquecento euro al mese, per non andare oltre perchè l’elenco è lunghissimo.
11) Mi spiace, non tocca a noi sindaci combattere i violenti e i terroristi: per questi ci sono le forze di polizia e i tribunali. A noi sindaci spetta il difficile compito di gestire un diffuso e sempre più allarmante disagio sociale fatto di sfratti, di nuove povertà, di tagli continui ai servizi, di una popolazione che non può pensare di vivere in un enorme cantiere a cielo aperto per qundici- vent’anni, tanto dureranno i cantieri vista la mancanza di risorse economiche. Impiegando in settori prioritari per lo sviluppo anche solo una piccola parte degli euro destinati al tav si possono da subito creare un numero maggiore di posti di lavoro altamente qualificati ad esempio nei settori del turismo e delle energie alternative, senza compromettere la possibilità di una vita dignitosa in valle con la nuova Salerno-Reggio Calabria del nord e senza indebitare i nostri figli e nipoti per i prossimi cinquant’anni con un’opera inutile e dannosa.
12) Siamo tutti Sindaci altamente responsabili, consci del nostro ruolo istituzionale e delle nostre responsabilità: pretendiamo lo stesso rispetto nei nostri confronti e della popolazione che rappresentiamo anche attraverso la possibilità di uno spazio alle nostra opinioni che ci viene invece scientificamente negato. E’ troppo facile costruire minacce di morte o di violenza per screditare le persone per bene: è un giochetto vecchio che non funziona più. Mi spiace, queste grossolane provocazioni le rimandiamo al mittente. Ho la consapevolezza che questo mio scritto non troverà mai spazio su un giornale importante come La Stampa, ma almeno spero in un angolo della sua coscienza.
Un cordiale saluto
Dario Fracchia, Sindaco di Sant’Ambrogio
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Villarbasse 11 giugno 2011
Caro Piero Fassino,
sono una vedova ottantenne, militante NO TAV e fino a poco tempo fa iscritta DS a Rivoli.
Abito a Villarbasse da sola perché mio marito è deceduto meno di due anni fa.
Dopo la tua recente comparsa al TG regionale, in cui ribadivi seccamente la volontà dei DS e tua personale di forzare assolutamente la resistenza dei NO TAV all’inizio dei lavori per il TAV, sia con la forza pubblica sia con l’intervento del pur esecrato governo con l’esercito, ho sentito di doverti dire qualcosa.
Già mi aveva amaramente delusa a questo riguardo la posizione in generale del tuo, e prima anche mio, partito per decenni.
Da te però non mi aspettavo la durezza che hai dimostrato poiché tra i politici credo tu sia tra i pochi che conoscono la Valle di Susa, da dove trai le tue origini, nella sua conformazione fisica e nel sovraccarico già ora di ferrovia, autostrada, due strade statali.
I tuoi genitori sono sepolti nello stesso cimitero dei miei e recentemente anche di mio marito.
Tuo padre, che ha rischiato la vita da partigiano proprio in questo pezzo di Piemonte, forse sarebbe anche lui insieme agli oppositori dello scempio distruttivo, deleterio, costoso e inutile che si vuole fare. Sappiamo in molti anche dalla parte dei sì TAV che basterebbe potenziare la linea storica.
Io ho aderito e partecipo al movimento NO TAV dopo una lunga riflessione e ricerca di informazioni ad ampio raggio e poiché si continua in mala fede a criminalizzarlo e a parlare di anarcoinsurrezionalisti, vorrei dirti che vi partecipano cittadini di tutti i ceti e di tutte le età.
Io ho ottantanni, sono nata a Rivoli e vivo a Villarbasse.
In gioventù ero dell’Azione Cattolica, in età più adulta, con mio marito, sono stata iscritta al PCI, poi PDS, PD, DS fino a poco tempo fa, nella sezione di Rivoli.
Ora così com’è il partito non fa più parte dei miei ideali.
Come lavoratrice ero dipendente dell’Amministrazione Provinciale di Torino, Assessorato all’Istruzione e poi all’Assistenza come collaboratore psicologo e consulente psicopedagogico.
Ho svolto volontariato sociale per quasi tutta la vita. Faccio parte dei “Beati costruttori di pace” e ho a suo tempo partecipato alla marcia internazionale della pace MIR SADA in ex Iugoslavia durante la guerra rischiando, oltre ai serbi, anche la bomba americana.
Tutto ciò ti racconto non per vanto ma perché il ritratto di un NO TAV potrebbe dire qualcosa.
Spero sempre che i DS abbiano aderito al progetto per l’alta velocità “ob torto collo”, per imperscrutabili motivi politici, ma ho i miei dubbi.
Penso piuttosto che si tratti di deprecabile ignoranza del problema nella sua complessità.
E’ probabile che, data la mia età, non vedrò granchè di realizzato di tanto scempio. Ma può darsi che, quando prossimamente arriveranno, mandati anche da te insieme a Berlusconi, i bastonatori della forza pubblica, ci sia anch’io tra i bastonati, insieme a tanti miei amici pensionati, cassaintegrati, disoccupati, operai, contadini, impiegati, insegnanti, studenti, tecnici, esperti del settore, personale della sanità, ecc. ecc.
Questa lettera, se la leggi, credo non servirà a granchè, ma almeno forse ti suggerirà di non esibire tanto accanimento, ostilità e forse malafede verso chi cerca di difendere l’ambiente, la salute, la propria casa, la passione per il proprio lavoro, il denaro pubblico, dall’assalto di un progresso distruttivo che mira soprattutto agli interessi economici di pochi, forse anche della criminalità organizzata, alla visibilità politica.
Quanto all’attuale rincorsa esasperata al “progresso” temo che finirà per distruggerci anziché arricchirci.
Luca Mercalli, parlando con Chiamparino di questi problemi, presentando documentazione e studi si sentì rispondere “tute bàle”. Questo non è più il mio PCI, PD, PDS, DS e mi resta l’assillo che alle prossime elezioni politiche non saprò dove andare.
Ciao Piero Fassino.
Matilde Bertone
Claudio Giorno è nato e vive in Val di Susa. Collaboratore della rivista Carta, ha fondato verso la fine degli anni ‘80 il “Comitato Habitat” che si proponeva di agire per campagne in difesa della vivibilità di una vallata tra le più cementificate dell’arco alpino. Dall’attività di informazione capillare e di analisi rigorosa del comitato (molti dei suoi componenti erano docenti universitari, tecnici, professionisti) è nato successivamente un movimento di cittadini che si riconoscono (e sono universalmente conosciuti) nel movimento No Tav.