Le urne sono ancora calde, mentre la primavera indugia e sembra non voglia lasciare il passo all’afa, un segno favorevole di questi giorno festosi. I referendum consegnano alla nostra riflessione il bisogno impellente di un’altra Italia che uscendo finalmente dal tunnel dell’infinita era berlusconiana, riapra la speranza di un cambiamento profondo, delle sue strutture politiche e istituzionali.
È come quando si aprono finestre e balconi, in una casa a lungo chiusa e si sente l’aria fresca entrare e mutare ogni cosa. Dobbiamo ricominciare a discutere, cambiare le priorità, l’hanno detto anzi gridato i cittadini, giovani, precari, operai, donne, tecnici, intellettuali, riuniti nei comitati, nelle associazioni, nei movimenti di ogni natura che sono sorti e si sono battuti per i loro diritti nell’assenza quasi totale di politica in questi anni bui.
Ed ora appena gliene si è data l’occasione, si sono inverati, nelle elezioni amministrative a Milano, a Napoli, a Cagliari e in tante altre città ed ancor di più con questa partecipazione travolgente dei referendum. Il quadro politico nel nostro Paese è trasformato e si vede in modo quasi fisico che le vecchie classi dirigenti, costituite sui riti consunti delle chiuse stanze del potere, non servono più, occorrono altri modi, altre culture, la politica dei colletti bianchi, delle eterne cooptazioni, delle schiere di “yes-man” and “women”, devono lasciare il posto a una nuova pratica democratica.
Non servono nemmeno “santoni e predicatori” del cambiamento che in queste occasioni si fanno avanti numerosi approfittando della situazione favorevole alle novità, non è predicando l’antipolitica che si favorisce un reale rinnovamento. Occorre che all’interno delle forze politiche cominci una seria riflessione per una loro grande autoriforma e soprattutto pratiche e comportamenti nuovi, non è un mero mutamento antropologico o generazionale, che comunque è indispensabile, a risolvere il deficit di rinnovamento e soprattutto di democrazia che ha contaminato l’intero sistema politico italiano.
Tra le tante cose da fare credo bisogna ripartire ancora una volta dalla Costituzione che abbiamo, possiamo dirlo, difeso con le unghie e con i denti dall’assalto di questa destra eversiva, dobbiamo inverare quel che sta scritto in forma di principio in tutto il testo ma in particolare negli articoli uno, ventuno e quarantanove, e cioè la sovranità appartiene al popolo che la esercita nelle forme e nei limiti stabiliti dalla Costituzione, la libertà d’informazione è sacra e i partiti rappresentano la volontà popolare nelle forme che dovremo finalmente democraticamente decidere e soprattutto rispettare.
La nozione di sinistra, cambia forse ancora più nettamente di quanto non stiano crollando tanti luoghi comuni della cosiddetta anti-politica, cos’altro è questo vasto movimento che da anni si snoda in tanti avvenimenti? Basta riandare al grande movimento che fu fermato a Genova, a quello contro la guerra in Kosovo e poi in Irak, della resistenza contro l’annichilimento della libera informazione a opera del monopolio berlusconiano Rai-Mediaset, dai più recenti protagonisti della difesa dell’acqua pubblica e dei beni comuni, per attraversare la battaglia della Fiom contro l’arroganza Fiat in difesa delle ragioni sacrosante degli operai.
È con questi protagonisti che non sono “altro” dalla politica intesa nel suo senso più alto e nobile che va ritrovata la chiave per ricostruire un senso alla parola “sinistra” che era finita nell’usura dei termini superflui del vocabolario sociale. I partiti della sinistra, tutti nessuno escluso, o riescono a ritrovare un nesso ed un confronto con queste istanze o sono destinati a restare strumenti obsoleti di un sistema al tramonto, capaci forse di trovare qualche accomodamento alle loro legioni di quadri da collocare nel sistema istituzionale ma non certo a saper rispondere alle domande di fondo della società in tumultuosa trasformazione.
Sergio Caserta è nato a Napoli. Studi in materia giuridica ed economica, dirigente di organizzazioni ed imprese cooperative, attualmente vive a Bologna e si occupa di marketing e comunicazione d'azienda. Formatosi nel PCI di Berlinguer, coordina l'Associazione per il Rinnovamento della Sinistra (www.arsinistra.net). Nel 2005 fu tra i promotori della rete "Unirsi" (www.unirsi.it). Già consigliere provinciale di Sinistra Democratica, oggi aderisce a Sinistra Ecologia e Libertà