Perché Catania non ha raggiunto il quorum nei quattro referendum? Se solo si formulasse la domanda in un altro modo la risposta sarebbe più agevole. Al posto della parola “Catania” mettiamo “catanesi” e già andrebbe meglio perché non avremmo davanti agli occhi piazza duomo o la villa Bellini o il lungomare, ma, piuttosto una moltitudine spersa, confusa, vagante per i mercati e per le vie della città e che parla senza dire niente e che cammina senza andare da nessuna parte. una moltitudine che posteggia dove capita ed anche dove non capita, che sale sui bus urbani da tutte le parti, che attraversa dappertutto e che passa col rosso, che sporca per terra e parla ad alta voce senza mai dire qualcosa di sensato.
Una moltitudine che ce l’ha con tutti e che, di conseguenza, non ce l’ha con nessuno, che si lamenta per tutto, ma che sa pure di non poterlo fare perché non paga le tasse della spazzatura, né quelle del cimitero, una moltitudine che si ritrova negli altri solo per la festa di S. Agata, organizzata, gestita e controllata dalla “crème” della malavita locale.
Una moltitudine silenziosa e soffocante che temo più di un avversario dichiarato ed esplicito.
E poi ci sono gli altri catanesi, quelli del gapa e delle associazioni di volontariato, i gruppi di ragazze e ragazzi che lavorano a librino, a picanello, quelli dei centri sociali spersi e sparsi non certo per loro responsabilità, ci sono gli scouts e i militanti pacifisti, antimilitaristi, antirazzisti e alcune (alcune) parrocchie.
Si tratta di altri catanesi che ogni giorno, malgrado gli altri, resistono con dignità, lavorando con passione e amando questa città, anche se è governata e vissuta molto male.
Sono questi che sono pochi che sono andati a votare.
Elio Camilleri, professore al liceo scientifico Galilei di Catania. Autore di saggi e curatore di libri sulla mafia. Collabora al periodico Ucuntu.