Caro Domani, anche noi studenti del Sud siamo da 100 e lode.
Anche al Sud si suda. E non solo per una questione di clima e di latitudine. Non è cioè una discriminante del Settentrione quella di sudarsi, meritarsi la pagnotta; o i buoni voti, nel caso degli studenti. Così al Mezzogiorno la polemica dei 100 e lode suscita malcontenti ma non risposte, con un atteggiamento di chi è abituato alle provocazioni verde-carroccio e le lascia correre. Se però si è uno di quei ragazzi meridionali accusati di non valere la lode ma di godere soltanto dell’eccessiva generosità dei professori, o uno dei tanti “emigranti da studio”, allora la voglia di dire la propria idea, c’è eccome.
Botta e risposta
I deputati leghisti Grimoldi e Cavallotto non le avevano mandate a dire: «Facciamola questa sfida comparativa tra i 100 e lode sudati in Padania e quelli spesso regalati nel Sud. Abbiamo moltissimi giovani padani diplomati con 100 e lode, ma anche con molto meno, che si confronterebbero senza problemi con i “cervelloni” del Sud». Il loro intervento si concluse con un vero elogio alla supremazia padana e alla discriminazione, allargando la polemica alle università: «Sinceramente, se dovessimo assumere un laureato padano con votazione 80 e un laureato al Sud con il massimo dei voti, non avremmo dubbi sul grado di preparazione.»
All’ipotetica sfida è pronto Enrico, neodiplomato con lode e meridionale come pochi, dato che vive nel Sud della Sicilia: «Io so di meritare la mia lode. Ho avuto ogni anno la media voti più alta della Provincia, e sono stato l’unico della mia scuola ad eseguire senza il minimo errore l’intera prova di matematica.» Non una novità questa degli esercizi di matematica per Enrico, che nell’arco dei suoi 5 anni di liceo scientifico ha quasi sempre svolto compiti da 10 e senza correzioni, per non parlare della Prova Nazionale di Verifica che questo studente diciottenne svolse per il Piano Nazionale delle Lauree Scientifiche. «Quella fu una prova matematica a carattere nazionale che dimostrò come la mia preparazione, e quella di tanti altri ragazzi meridionali, fosse di ottimo livello. In ogni caso sono le stesse università del Nord ad apprezzare gli studenti del Sud come me, dato che offerte di orientamento mi sono arrivate soprattutto da Lombardia, Emilia e Toscana.»
Restando in tema di università e di polemica, un sorriso beffardo si affaccia sui laureati meridionali emigrati al Nord per completare i loro studi con lauree magistrali. «Studio a Reggio Emilia – racconta Davide – ma la laurea triennale l’ho presa a Palermo con 98 di voto. Ora sono un genio: ho dato 8 esami e il voto più basso è stato 29, i miei quasi non ci credono. E non che abbia studiato di più, semplicemente qui si dice che i voti della specialistica tendono ad essere più alti; tanto meglio così. Tra i ragazzi si vocifera che solo le Università di Padova e di Trento sia dei veri punti di eccellenza in Alto Italia.»
Simone invece ha scelto un’università privata a Piacenza, dopo una laurea col massimo dei voti in filosofia a Napoli: «La mia media-voto dalla triennale alla magistrale è sostanzialmente rimasta invariata, sono sempre stato abbastanza bravo. Però a sentir parlare di meritocrazia al Nord quasi mi viene da ridere. Almeno per quel che riguarda la mia università abbiamo tutti la stessa media, chi prende un voto più alto in un esame, chi in un altro, ma pare che dato che tutti paghiamo, tutti meritiamo gli stessi voti, anche se tra noi studenti ci rendiamo conto di chi è più preparato e chi meno.» Per Simone, la differenza tra le università del Nord e del Sud – se proprio si vuole andare avanti con questa caccia alla differenza che sa molto di caccia alle streghe – sta nella capacità di rimodernarsi: «In generale noi ragazzi concordiamo tutti nel lodare l’organizzazione e la forza dell’amministrazione che da Roma in su contraddistingue gli atenei, con un grande uso di internet e delle nuove tecnologie.»
Ordinamenti e preparazione
Parlando coi ragazzi di ammodernamenti e riforme, anche il passaggio da vecchio a nuovo ordinamento pare abbia aperto un divario, essendo stato meglio affrontato al Nord. Ma ciò, soprattutto per le facoltà umanistiche, è stato in un certo modo negativo: al Sud i professori sono rimasti fedeli ai loro programmi, adattandoli poco al sistema dei crediti e delle ore di studio; così un esame di Letteratura italiana generale mantiene ancora oggi l’obbligo di lettura integrale di gran parte delle opere che hanno fatto la storia della nostra cultura, per un valore nominale di 7 cfu, ma con una mole di pagine da studiare che andrebbe ben oltre i 50 cfu. Al Nord invece i programmi sono stati molto meglio adattati. Il risultato è che discipline identiche e col medesimo valore in termini di crediti formativi, danno preparazioni diverse: più di concetti e idee al Meridione, più di nomi e nozioni al Nord; più profonde ma tradizionaliste al Sud, più innovative ma da “fast food” al Settentrione. Ancora una volta, la via migliore starebbe in mezzo.
Capire i 100 e lode
In Liguria i diplomati con lode sono stati 77, contro i 322 del Lazio, i 403 della Sicilia o i 474 della Campania. Riportando i dati in questo modo, la teoria leghista dei “regali meridionali” prende grande forza. Ma c’è un però, e non da poco. Se si analizzano questi numeri rapportati al totale dei diplomati di ogni singola Regione, emerge come in tutti e quattro i territori presi in esame la percentuale degli studenti con lode sia pari all’1% del totale. I 77 studenti liguri rappresentano cioè l’1% di tutti i diplomati della Liguria, così come i 474 studenti campani corrispondono all’1% di tutti i diplomati della Campania.
In tutto il Paese, sono soltanto sei le Regioni in cui la soglia delle lodi ha superato l’1% dei diplomati: due al Sud (Calabria 2,1%, Puglia 1,8%), una al Nord (Emilia Romagna 1,4%), tre al Centro (Umbria 1,6%, Marche 1,4%, Abruzzo 1,2%). È spontaneo il sospetto che i dati in questione siano stati analizzati in una certa maniera per essere strumentali alla polemica leghista. Non ci vuole infatti un “cervellone”, sia esso del Nord o del Sud, per capire che osservando solamente i dati quantitativi, in una realtà in cui le scuole del Mezzogiorno sono molto più densamente affollate, non si ricostruisce un quadro veritiero della situazione.
Restano comunque difficili da spiegare le venti lodi in una sola scuola della Calabria, ma la necessità di un’indagine ministeriale è cosa ben diversa dall’ennesima e rapida generalizzazione sul Mezzogiorno.
La soluzione al problema potrebbe essere quella suggerita più volte dal teorico della meritocrazia Roger Abravanel: estendere il test Invalsi – Istituto Nazionale Valutazione Sistema d’Istruzione – anche alla maturità. Seguire cioè il modello americano, con un test unico per dare una misura obiettiva del merito, riuscendo a selezionare e indirizzare chi va all’università. Un sistema che porrebbe fine alle polemiche, alle strumentalizzazioni, alle lodi immeritate, che siano terrone o polentone.
Fabio Manenti, siciliano di Ragusa. Dottore in Lettere e studente di giornalismo e cultura editoriale presso l'Università di Parma.