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Per ripulire la democrazia inquinata i ragazzi hanno bisogno di un giornale libero

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È abbastanza frequente che editori della carta stampata chiudano i loro giornali. Anche a me è capitato quando dirigevo “L’Avvenire d’Italia”, e oggi si annuncia una vera e propria epidemia a causa della decisione del governo di togliere i fondi all’editoria giornalistica. Ma che chiuda Domani di Arcoiris Tv, che è un giornale on line, è una notizia …

La Lettera

Domani chiude, addio

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L’ironia di Jacques Prévert, poeta del surrealismo, versi e canzoni nei bistrot di Parigi, accompagna la decadenza della casa reale: Luigi Primo, Luigi Secondo, Luigi Terzo… Luigi XVI al quale la rivoluzione taglia la testa: “Che dinastia è mai questa se i sovrani non sanno contare fino a 17”. Un po’ la storia di Domani: non riesce a contare fino …

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Teatro bene comune per il palcoscenico di dopodomani

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Teatro Municipal - Foto di Elton Melo

“Non si può bluffare se c’è una civiltà teatrale, ed il teatro è una grande forza civile, il teatro toglie la vigliaccheria del vivere, toglie la paura del diverso, dell’altro, dell’ignoto, della vita, della morte”. Parole di Leo …

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Il governo Berlusconi non è riuscito a cancellare l’articolo 18, ci riuscirà la ministra Fornero?

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Il governo Monti ha perso il primo round con Susanna Camusso che fa la guardia alla civiltà del lavoro, fondamento dell’Europa Unita. Sono 10 anni che è morto Marco Biagi, giuslavorista ucciso dalle Br. Si sentiva minacciato, chiedeva la scorta: lo Scajola allora ministro ha commentato la sua morte, “era un rompicoglioni”. Rinasce l’odio di quei giorni? Risponde Cesare Melloni, …

Società » Italia »

Piccoli calessi paralizzano il traffico di Catania, ma nessuno protesta: chi impugna le briglie non va "disturbato". E le corse clandestine accendono le notti della Sicilia del Sud

A cavallo per Catania: storie di mafia, animali e simboli

24-01-2011

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Catania - Cavallo - Foto di Caterina PolicaroUn grande elefante in pietra accoglie i visitatori che arrivano in Piazza Duomo, a Catania. È la statua del Liotro, vanto e simbolo per ogni catanese. Ma c’è un altro animale che nel bene e più spesso nel male caratterizza la cittadina etnea: il cavallo. Quando in certe zone di Catania si ordina della carne, inevitabilmente si intende carne equina; «altrimenti – puntualizza un ristoratore locale – si deve specificare». Più dolciastra, meno grassa, la carne di cavallo è un vezzo popolare. Via Plebiscito ne è l’epicentro: in alcuni punti, su dieci locali commerciali, si possono trovare nove trattorie specializzate in carne equina, con la griglia del barbecue sempre accesa e sempre ad occupare il marciapiede. Dove non c’è una trattoria, c’è una macelleria equina; e stavolta sul marciapiede si trova il bancone. Chiamatelo folklore.

Certamente però, non possono definirsi alla stessa maniera ben altre attività che riguardano il cavallo. Nella stessa zona, addentrandosi tra le viuzze, ci si accorge che qualcosa puzza, non solo in senso figurato: tra stretti cortili e garage si improvvisano stalle abusive, minuscoli allevamenti illegali di cavalli, generalmente nascosti.

Occorre specificare “generalmente” perché si sa, il cavallo è un animale aristocratico, che bisogna esibire in segno di potere. Purtroppo, infatti, chi a Catania può permettersi di tenere in casa un cavallo, ha del “potere”. L’esibizione è pubblica, ritualizzata, scandita dai colpi degli zoccoli: attraverso alcune vie storiche di Catania, a bordo di un piccolo calesse, uomini sui quarant’anni sfilano con accanto dei bambini, fieri e seriosi. Il cavallo procede lento, talmente lento da impedire il corso regolare del traffico quasi fino alla paralisi. Eppure proprio in questi momenti si vede la “civiltà” di certi catanesi – ed è importante sottolineare “certi”, perché a Catania c’è tanta brava gente che si batte ogni giorno per la legalità – i quali non suonano nervosamente il clacson e non sorpassano il calesse: in un rispettoso silenzio lo seguono e attendono che passi via o cambi strada. Non si sente nessuna protesta, nemmeno dalle auto della polizia municipale, anch’esse incolonnate. Una processione di omertà.

Quando i figli o i nipoti di quei “signori sui quarant’anni” sono ormai adolescenti, possono condurre i cavalli, sul calesse o più spesso a piedi. Hanno dodici, al massimo quattordici anni, e le briglie nelle mani tra le auto parcheggiate. Ma non sempre le cose filano per il verso giusto, l’esperienza non è dalla loro. Così capita che nel pieno centro storico di Catania, tra il liceo classico Spedalieri e l’ex monastero dei Benedettini, patrimonio nazionale e sede di alcune facoltà universitarie, un cavallo stramazzi a terra con la schiuma alla bocca. I ragazzini in questione, colti dal panico, non sanno far altro che prendere a calci l’animale per convincerlo a rialzarsi. Solo quando ormai il traffico è totalmente congestionato, un gruppo di parcheggiatori abusivi della zona (altra piaga della città), si decide a trascinar via l’animale a braccia.

L’esibizione del cavallo non è solo un vanto, è anche un segnale. Se infatti è facile capire la rilevanza sociale che ha una “sfilata”, si deve anche saper cogliere il suo senso più concreto: camminare serve ai cavalli per sciogliere i muscoli, segno che a breve ci sarà una corsa. Il problema è che a Catania non c’è l’ippodromo. Le gare clandestine si svolgono ovunque; durante le notti estive perfino nella centralissima via Etnea, la stessa che di giorno è percorsa da altri cavalli: quelli dei corazzieri.

L’ingresso di Catania, nei pressi dello storico faro, è organizzato intorno ad una grande rotonda, l’ideale per una corsa. Un gruppo di scooter, con i conducenti tutti coi volti rigorosamente coperti dal casco, taglia il flusso del traffico ed apre rumorosamente un corteo lanciato a gran velocità, permettendo ai cavalli alle loro spalle di correre rapidi e senza impedimenti. Altre moto chiudono il raggruppamento. È una visione fulminea, eppure si percepisce il grave pericolo che può creare: il rischio di incidenti o di cadute degli animali è elevatissimo. Il centro delle corse resta comunque un altro: la zona del Cibali, sede dei più importanti impianti sportivi.

«Ho abitato in quella zona per un po’, poi ho preferito cambiare aria – dice D.D., studente fuorisede all’Università di Catania. – Quasi tutti i pomeriggi si formava un gruppetto di parecchi uomini, saranno stati una cinquantina. E giravano soldi, scommettevano. Come li vedevo io, li vedevano tutti quanti, era alla luce del sole. Però forse ormai per chi vive lì è un’abitudine, anche perché non danno fastidio a nessuno, fanno solo un po’ di baccano. Il fastidio più grosso è durante la notte, quando senti sfrecciare i cavalli. Di solito succede intorno alle 3.00, almeno due volte a settimana. Li senti correre e ti svegli col rumore, ma dopo qualche secondo puoi già riprendere sonno».

Un fastidio limitato, certamente; ma quello delle gare clandestine è anche un atto criminale sotto gli occhi di tutti, ingente per quantità di partecipanti e soprattutto di denaro. Dai dati emersi dagli studi dell’Osservatorio nazionale Zoomafia della LAV, infatti, il giro d’affari stimato è enorme: circa 1 miliardo di euro. Le corse clandestine di cavalli non riguardano solo Catania, ma si svolgono in gran parte della Sicilia e del Sud Italia, formando così uno dei settori di maggiore interesse per la criminalità organizzata.

«Nel 2009 abbiamo purtroppo assistito ad un calo degli interventi di contrasto contro le corse clandestine di cavalli e le infiltrazioni criminali nel settore dell’ippica: appena 5, infatti, le corse bloccate e una sola inchiesta, che hanno portato al sequestro di 56 cavalli e alla denuncia di 88 persone di cui 10 arrestate – afferma Ciro Troiano, responsabile dell’Osservatorio nazionale Zoomafia della LAV – ma la riduzione delle azioni di contrasto non corrisponde affatto ad una diminuzione del fenomeno, anzi valutazioni che prendono in esame altri indici, come dati informali o segnalazioni, confermano in modo preoccupante la sua pericolosità. Anche Internet rappresenta uno strumento per propagandare, raccogliere scommesse e organizzare corse clandestine di cavalli».

Se la criminalità si evolve anche tecnologicamente, non molto invece sembra poter fare l’autorità pubblica, poco coadiuvata dagli scarsi deterrenti offerti dalla legge. Il Codice della strada prevede l’applicazione di una sanzione amministrativa che va da 78 a 311 euro in caso di partecipazione, a qualsiasi titolo, in corse di animali non autorizzate sulla pubblica via. Il reato che così viene notificato a chi prende parte alle gare è più spesso quello generico di maltrattamento di animali, mentre per gli spettatori l’accusa è di concorso nello stesso. Nel caso in cui le analisi sui cavalli accertino l’utilizzo di sostanze farmacologiche vietate, possono in aggiunta scattare pesanti sanzioni per l’illegale somministrazione di farmaci. Gli animali, infatti, sono spesso drogati e dopati. Viene loro fatto ingerire perfino il viagra, capace di migliorare le prestazioni cardio-circolatorie.

Il triste ciclo del cavallo, ha per naturale conseguenza la morte dello stesso, per vecchiaia o per abbattimento a causa di scarsi rendimenti nelle corse. Il sospetto è che animali dalla dubbia origine e a cui spesso vengono somministrate sostanze pericolose, siano illegalmente macellati. E la ruota del cavallo, della sua carne e delle sue corse, ricomincia. Al cittadino, vera vittima di un circolo di illegalità, non resta altro diritto e dovere che denunciare, non concedendo alla criminalità quel tacito consenso che la alimenta.

Fabio ManentiFabio Manenti, siciliano di Ragusa. Dottore in Lettere e studente di giornalismo e cultura editoriale presso l'Università di Parma.
 

Commenti

  1. […] animale – Direttiva europea sulla protezione degli animali a fini scienti A cavallo di Catania: storie di criminalità e di animali @ Domani Arcoiris TV Pesci scuoiati vivi, lo svela un’indagine dell’MFA | Caccia – […]

  2. toti domina

    Il vero problema a Catania e chi tiene le redini degli affari in questa città: molto più forte e molto più borghese e molto più elegante di chi tiene le redini di un povero cavallo. Le piaghe di questa città sono ben altre. Ciò non significa che ciò che è scritto non è importante, io lavoro a S.Cristoforo da più di vent’anni e conosco bene il fenomeno; la questione è che il cittadino è una vera vittima di altre illegalità a cui non si oppone o per paura o perchè alla fine ha da guadagnarci qualcosa.
    Un caro saluto
    toti domina da Catania

  3. Mi risulta che proprio presso il quartiere popolare di San Cristoforo, un tempo governavano i “cavadduzzu” (da cavalli), parenti di “Nitto Santapaola,” ottenendo positivi risultati riguardo l’ordine pubblico mentre oggi avviene l’esatto contrario!
    Mai visto in quel quartiere un carabiniere o altri agenti quindi…a mio parere, quanto succede è voluto!
    SalutiBelli!

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