L’Italia non è Broadway che ricorda il mondo dei gangster con l’incanto di orchestre, costumi, lunghe gambe di ragazze. Cantano e raccontano due protagonisti che hanno scavato nella storia della loggia nera: il giudice Giuliano Turone e Anna Vinci, giornalista che ha raccolto gli appunti segreti di Tina Anselmi
E la P2 diventa un music hall
07-11-2011
di
Ippolito Mauri
Tina Anselmi con Anna Vinci
La P2 diventa un music hall, non si sa con quanta felicità di Gelli, Berlusconi, Cicchitto e degli altri 900 fratelli non più giovani pur sempre forti, ma è sicuro che i ragazzi inconsapevoli per la memoria cancellata impareranno gioiosamente qual è l’origine dei misteri d’Italia: da Piazza Fontana, a piazza della Loggia, dallo scoppio del treno Italicus alla strage della stazione di Bologna, e governi ed affari. Uomini ombra che si dileguano per risorgere nelle prime pagine, presenza che condiziona ogni sospiro degli italiani e imbavaglia nell’ambiguità il futuro delle nuove generazioni. Il giro delle rappresentazion di “Tra le pieghe della P2” parte dalla provincia, teatro comunale di Copparo, Ferrara, martedì 8 novembre. Attori e cantanti insoliti. Giuliano Turone, giudice istruttore che assieme a Gherardo Colombo 30 anni fa apre il vaso di Pandora e scopre l’elenco di affiliati potenti per reti politiche e tesori sepolti nelle banche di mezzo mondo; Turone, è subito protagonista appena si apre il sipario. Abbraccia Ester Viviani mentre canta il valzer frou frou de “la duchessa del bar tabarin”. Due passi di un ballo accennato. Nell’angolo una donna batte i tasti della macchina per scrivere. Sfila il foglio e lo legge al pubblico. È Anna Vinci: il suo ultimo libro – “La P2 nei diari segreti di Tina Anselmi” – raccoglie gli appunti della donna coraggiosa che ha frugato i labirinti della loggia segreta. Guidava la commissione parlamentare con l’impegno di chi viene dalla Resistenza, impegno non sempre condiviso dal suo partito. “Bisogna iniziare da principio: dai fatti dai quali tutto ebbe inizio”. Fatti che indirizzano un’esistenza e che segnano i destini di un popolo. Fu così per Tina Anselmi: la sua avventura nei due anni e mezzo da presidente della Commissione s’inserì nel tessuto vivo dell’Italia. Lo capì, si oppose alla lacerazione del progetto eversivo impresso al paese. E poi? P2, P3, P4… successione di numeri per occultare l’altra faccia della luna esplorata da Tina. Numeri per scandire il tempo che passa immobile: noi siamo sempre lì. Ancorati agli anni della vergogna… Clarinetto e pianoforte duettano nella “Canzone di Tina” (musica di Michele Santoro). Nello sfondo, l’immagine dell’Anselmi si sovrappone a se stessa alla maniera di Andy Warhol. Ecco la sua voce registrata 30 anni fa: “La politica sommersa vive e prospera contro la politica ufficiale… la democrazia manipolata è una non democrazia… correggere per vie traverse il sistema democratico significa negarlo alla radice dei suoi valori”. Poi altre musiche, altre canzoni. Turone legge nel suo quaderno nero: “Il piano rinascita di Gelli, Venerabile che dall’altezza dei suoi anni custodisce terribili segreti, si compiace di colui che considera sua creatura, suo Premier, l’unico che avrebbe potuto realizzare il piano eversivo”.
il magistrato Giuliano Turone
Tornano la musica, altre canzoni. Voce della Vinci: “Il potere occulto pretende silenzio, omertà…”. Voce di Turone: “Non serve ormai il sangue adesso che le istituzioni sono state occupate… Il piccolo Cesare è quasi riuscito a distruggere la democrazia”. E canta con la Viviani “E’ scabroso le donne studiar”, Vedova Allegra dell’Europa spensierata. Mescolare la nostra angoscia ai languori musicali è la provocazione che si propone di coinvolgere l’attenzione svagata di chi non vuole e non può ricordare. Quasi la biografia recitata degli anni attraversati. Non con l’allegria complice del cabaret ma nell’impegno di testimoni non rassegnati all’indifferenza. Turone e Anna Vinci arrivano a Tina Anselmi per strade diverse eppure il nodo della speranza tradita è sempre lei. Il racconto della scalata dei signori del potere affida a musica e canzoni la pedagogia degli oppressi. Spensierati perché non sanno, meno allegri quando il sipario cala. Le notizie del mattino dopo allargano nella quotidianità l’amarezza dello spettacolo.