Ormai nessun bisogno di essere “femministe”. La lezione anticonformista di Pasolini.
C’è una differenza fondamentale tra le fiammiferaie e le cenerentole, che strano non averci mai pensato.
Le prime non hanno nulla da perdere e vanno allo sbaraglio, in un modo o nell’altro sulle strade, sperando di poter un giorno essere libere, a vendere fiammiferi o ad inseguire un sogno, anche se poi si rivelerà di breve durata, anche se infine potrebbe costare la vita, la morte per assideramento, una straordinaria tragica metafora.
Le altre hanno forse ormai rinunciato alla ricerca della felicità e forse aspettano solo l’evento imprevisto che può cambiare la vita, fosse anche il principe azzurro, che cosa c’è di male a credere ancora nel miracolo dell’amore?
Le prime in fin dei conti credono di più in sé stesse e nelle proprie risorse, sperando di vendere, o almeno accendere, speranze luminose… e ancora sanno entusiasmarsi per un’illusione. Le seconde sono tuttavia più consapevoli della loro fragilità e preferiscono rimanere appartate, pur se alla ricerca di sé stesse, pur sperando ancora che qualcosa là fuori accada, e che il divario tra l’interno e l’esterno cessi di essere così eclatante…
La prima è perdente, se morire può essere una sconfitta, ma forse raggiunge il sogno più grande; la seconda realizza imprevedibilmente la gioia terrena del grande amore…
Ma non è assolutamente il finale quello che conta.
Naturalmente stiamo parlando di due simboli sempre universali, anche se i tempi sono tanto cambiati. Grimm e Andersen lo sapevano bene, e sapevano certamente che, come tutti i modelli, i personaggi possono essere intercambiabili, oppure possono attagliarsi meglio ad una personalità o ad un’altra, oppure si possono adattare alle diverse situazioni in cui ciascuno può venire a trovarsi nella vita… Sono tipicamente femminili, ma non è detto che non servano come riferimento anche agli uomini, che valgano nel privato come nel pubblico e – perché no? – nel mondo della politica.
Tuttavia, volendo per un momento ancora soffermarsi sul messaggio al femminile, e proprio in epoca post- femminista, dove pure ancora si deve denunciare il ruolo della donna oggetto, l’ancora attuale discriminazione sociale e lo sfruttamento dell’immagine… viene da dire – senza per questo pensare al riflusso – che ha ormai poco senso continuare a pensare secondo l’estremismo radicale delle vecchie femministe che fanno della differenza di genere una sorta di bandiera, e che si scandalizzano se una donna parla ancora delle sue insicurezze e dei suoi desideri più segreti. Non si rischia così di passare a una sorta di conformismo capovolto?
Infine, prima che essere donna è importante essere singolo individuo alla ricerca di sé, al di là si ogni stereotipo, femminile o femminista che sia. Significa dunque accettare di poter essere un po’ fiammiferaie e un po’ cenerentole, ma sempre con l’orgoglio di chi sa che può in ogni momento trovare la strada per trasformare le sue debolezze in forza e le sue risorse in ricchezza.
Come ci ricordava Pasolini nei suoi splendidi “Scritti corsari”, la lezione è quella dell’anticonformismo di chi non si riconosce negli slogan e nemmeno nelle prese di posizione radicali, di chi non si vergogna di essere diverso, di chi ha il coraggio di mostrarsi com’è, di chi prima di tutto vuole essere una persona, che non si accetta per un destino, ma che sa di non poter appartenere a uno stereotipo, di un certo tipo o di un altro, e che non può nemmeno preoccuparsene, anche a costo di essere identificato per ciò che a un certo momento ha capito di poter essere.
Cenerentola o Fiammiferaia, comunque più autentica che vera.
Giusy Frisina insegna filosofia in un liceo classico di Firenze