Chi non applaude B deve essere comunista
25-01-2010
di
Paolo Collo
Come nello stato libero di Bananas, qualsiasi cosa dica il presidente del Consiglio, viene osannata e sostenuta dai suoi ciarlieri ministri-dipendenti
Ricordate quella scena del Dittatore dello Stato libero di Bananas in cui Woody Allen, nominato suo malgrado capo dello stato, rilascia negli Stati Uniti la conferenza stampa? E dato che i suoi compagni “barbudos” vengono accusati di scarsa igiene, decide di emanare una legge secondo la quale si fa obbligo a tutti i cittadini di portare le mutande sopra i pantaloni, a dimostrazione della propria pulizia.
È un po’ quello che sta accadendo nel nostro Paese, in cui qualsiasi cosa dica Berlusconi viene regolarmente avallata, applaudita e sostenuta dai suoi ministri-dipendenti. A parte Fini, non c’è un esponente – dico uno – del centrodestra che osi anche solo minimamente criticare il Capo, che in questo modo riesce – senza un contraddittorio – a dire e a fare qualsiasi cosa gli passi per la testa (figuracce all’estero comprese). Ha dell’incredibile – seguendo programmi-rissa o interviste alla radio e in tv – come i vari Cicchitto, Bonaiuti, Bondi, Alfano, Gasparri, Bocchino, Frattini, La Russa e gli altri di questa allegra brigata siano perennemente proni a qualsiasi idea o parola del loro amatissimo e soprattutto temutissimo datore di lavoro. Ma è mai possibile che dei signori di una certa età, di una certa cultura (mi auguro), di un certo status sociale, e con certi incarichi e responsabilità, non si rendano conto, per lo meno al mattino davanti allo specchio quando si fanno la barba, della propria meschinità, della propria piccolezza, della propria inutilità? Di assomigliare più alle anatre di Konrad Lorenz che a degli uomini politici? Altro che colpi di stato o P2. È grazie anche a questa corte di nani, ballerine e domestici che il Padrone si può permettere qualsiasi cosa.
All’interno di un simile governo, già un flebile “Preferirei di no” pronunciato da un timidissimo Bartleby, parrebbe l’urlo di Tarzan. (Verrebbe quasi da rimpiangere la suicida litigiosità all’interno del governo del povero Prodi, che è tutto dire…).
Paolo Collo (Torino, 1950) ha lavorato per oltre trentacinque anni in Einaudi, di cui è tuttora consulente. Ha collaborato con “Tuttolibri” , “L’Indice” e “Repubblica”. Ogni settimana ha una rubrica di recensioni su "Il Fatto Quotidiano". Curatore scientifico di diverse manifestazioni culturali a Torino, Milano, Cuneo, Ivrea, Trieste, Catanzaro. Ha tradotto e curato testi di molti autori, tra cui Borges, Soriano, Rulfo, Amado, Saramago, Pessoa.