Caccia: sparate a Vespa, non ai fagiani
18-02-2010
di
Paolo Collo
Non so se il 15 febbraio avete acceso la Tv: c’è stata su Rai 1 una puntata di “Porta a Porta” sulla caccia. Ebbene, il maggiordomo Bruno Vespa non poteva far certo di peggio per gli animali, e di meglio per i cacciatori. E forse spianare la strada a una legge infame e criminale che vorrebbe estendere a tutto l’anno e a discrezione di regioni, province e comuni il permesso di poter andare in giro a sparare. Una trasmissione in cui gli animalisti sono stati costretti nell’angolo come pugili imbelli e suonati, mentre i prodi cacciatori, con tanto di segugio al seguito, sparavano, è proprio il caso di dirlo, tutte le loro cartucce davanti a un conduttore sorridente e ambiguo come suo solito. I servizi esterni poi ci portavano a casa di un gruppo di cacciatori-macellai che tessevano le lodi del cosiddetto cacciatore-ecologista (sic). E come se non bastasse, a seguire, un piacevole siparietto in cui Vespa e soci magnificavano schioppi, doppiette e fucili di autarchica produzione. Non sono stati mostrati i fringuelli con le zampe tranciate dalle trappole, le lepri sventrate dalle fucilate, i cinghiali e i camosci feriti che urlano al cielo tutta la propria indicibile sofferenza, i cani feriti o uccisi dal “fuoco amico” dei propri padroni. Nessuno ha accennato al fatto che da secoli non si caccia più per il proprio sostentamento, ma che si caccia unicamente per il proprio divertimento, ossia, che il divertimento sta nell’uccidere un altro essere vivente. Sì, è proprio così, in Italia ci sono almeno settecentomila persone – che incontriamo per strada o che abitano nel nostro stesso palazzo – che passano i fine settimana divertendosi a uccidere. Grandi e grossi, bardati come degli imbecilli nelle loro tute mimetiche o nei completi di vigogna, con i loro Suv (comprati probabilmente per supplire a qualche personale difficoltà a misurarsi col prossimo), con un fucile che fermerebbe una carica d’elefanti, eccoli a fitte schiere pronti a invadere il giardino di casa nostra (sì, possono fare anche questo!) e a sfidare eroicamente un pericolosissimo fagiano o una ferocissima lepre o un riccio assetato di sangue umano.
Complimenti.
Paolo Collo (Torino, 1950) ha lavorato per oltre trentacinque anni in Einaudi, di cui è tuttora consulente. Ha collaborato con “Tuttolibri” , “L’Indice” e “Repubblica”. Ogni settimana ha una rubrica di recensioni su "Il Fatto Quotidiano". Curatore scientifico di diverse manifestazioni culturali a Torino, Milano, Cuneo, Ivrea, Trieste, Catanzaro. Ha tradotto e curato testi di molti autori, tra cui Borges, Soriano, Rulfo, Amado, Saramago, Pessoa.