Cari G8 che avete salvato le banche, la gente affamata è spazzatura?
25-03-2010
di
Frei Betto
La crisi economica cominciata nel settembre 2008 esige da tutti una riflessione sulle nostre abitudini che devono cambiare. Perché questa crisi ne nasconde un’altra più profonda: come cambiare il modello di civiltà. Vogliamo un mondo di consumisti (come si diceva prima della crisi) o un mondo di cittadini? Le oscillazioni del mercato hanno obbligato i governi a intervenire. La mano invisibile che condizionava la nostra vita è stata amputata. Lo sgretolamento dell’economia richiede l’urgenza della presenza dello stato. In un certo senso si torna all’antico dimenticando il liberalismo selvaggio nel quale il mercato – oggi avvitato su se stesso – aveva perso di vista ogni valore etico per inseguire solo le ambizioni del profitto. E ne è rimasto vittima e chiede aiuto.
Ecco perché la crisi impone un cambio delle regole. Che significato può avere la solidarietà verso le banche di fronte al miliardo di affamati cronici? Perché i governi del G8 sono intervenuti con 180 miliardi di dollari per evitare il collasso del sistema finanziario capitalista destinando appena 20 miliardi alla fame nel mondo? Venti miliardi promessi nel meeting dell’Aquila, ma sono rimaste promesse finora mai concretizzate.
È più importante salvare il sistema finanziario o l’umanità? Un’economia costruita sui valori etici ha come primo obiettivo la riduzione delle disuguaglianze sociali e la sopravvivenza civile di tutte le persone. Sappiamo che sotto la linea della povertà vivono oggi un miliardo e 300 milioni di senza niente. La mancanza di cibo uccide ogni giorno 23 mila persone mentre l’80 per cento della ricchezza mondiale è concentrata nelle mani del 20 per cento della popolazione del pianeta. Se i numeri non cambiano l’umanità è avviata alla barbarie. I governi devono preoccuparsi per la crescita dello sviluppo umano – vita dignitosa per tutti – che del prodotto interno lordo. La maggioranza della gente non chiede di essere ricca; vuol essere felice. La crisi sollecita risposte alla domanda: quale progetto di società stiamo disegnando per le generazioni future? A cosa servono le conquiste scientifiche e tecnologiche se milioni di persone non possono curarsi, mangiare, studiare, usare trasporti pubblici, abitare case decenti ed avere ore di letture o di svago per rallegrare la vita? Non è etico e tanto meno umano un sistema che privilegia i guadagni privati preferendoli agli interessi delle comunità speculando nella produzione per incrementare i benefici di pochi. Non è etico un sistema che permette l’opulenza delle minoranze immersa nella miseria delle maggioranze.
L’etica del mondo post crisi, deve avere come fondamento il bene comune che precede le ambizioni individuali, il diritto dello stato a regolare l’economia per assicurare alle popolazioni i servizi indispensabili non solo alla sopravvivenza ma ad approfondire cultura e spiritualità. La donna e l’uomo di oggi non sono solo tubi digerenti, ma esseri spirituali con diritto di nutrire le speranze non materiali.
L’etica di un nuovo progetto di civilizzazione comprende il rispetto dell’ambiente e il principio dello sviluppo sostenibile, i valori delle reti delle economie solidali e del commercio equo, elementi indispensabili a rafforzare la società civile che orienta il potere pubblico. Aristotele ci ha insegnato che il bene superiore che tutti inseguiamo – prima di arrenderci al male – non è in vendita al mercato: è la felicità che abbiamo dentro. Ma il mercato reagisce provando a convincerci (e spesso vi riesce) che non esiste una felicità assoluta ma una somma di piaceri che ci rendono contenti. illusione che provoca frustrazioni, disastri spirituali e prostrazioni che proviamo a combattere con la chimica degli antidepressivi o droghe offerte dal narcotraffico. Adesso questa crisi mondiale. La cosa peggiore di una crisi è non imparare niente dalle sofferenze alle quali siamo obbligati. Purtroppo nello sforzo di attenuarne gli effetti spesso non ci preoccupiamo per eliminarne le cause.
Chissà se la religione può aiutarci nell’incontro di nuovi valori da usare nel mondo post crisi. Ma è certa una cosa: chi si affida ad una profonda spiritualità interiore ha un punto d’appoggio prezioso perché é la spiritualità a disegnare il profilo e la forza delle persone. Ogni essere umano ha sete di assoluto.
Quando passeggio per strada o attraverso qualche mercato, rispondo ai mercanti che offrono la loro merce con le parole di Socrate. Per riposare la mente amava passeggiare fra i banchi dei mercati di Atene. E se i venditori lo assediavano rispondeva: “Non compro niente. Sto solo guardando quante cose esistono delle quali non ho bisogno per essere felice”.
È una delle voci libere della Teologia della Liberazione. Frate domenicano, giovanissimo, è stato imprigionato e torturato dalla dittatura militare brasiliana. L'impegno umano, inevitabilmente politico, verso i milioni di diseredati che circondano le città e vivono nelle campagne del suo paese, lo ha reso pericoloso agli occhi dei generali che governavano il Brasile.
Ha scritto 53 libri. La sua prosa diretta e affascinante analizza l'economia e la politica, la vita della gente con una razionalità considerata " sovversiva " dai governi forti dell'America Latina, e non solo. Non se ne preoccupa. L'ammirazione dei giovani di ogni continente lo compensa dalla diffidenza dei potenti. Venticinque anni fa ha incontrato e intervistato Fidel Castro, libro che ha fatto il giro del mondo. Lula, presidente del Brasile, lo ha voluto consigliere del programma Fame Zero. Frei Betto è oggi consigliere di varie comunità ecclesiastiche di base e del movimento Sem Terra.
Ha vinto vari premi. L'Unione degli Scrittori Brasiliani lo ha nominato Intellettuale dell'anno. Il suo libro " Battesimo di Sangue ", tradotto in Italia, è diventato un film.