In tutte le 20 regioni d’Italia si trovano piccole o grandi ‘ndrine, non è questione di latitudine, il cancro ha invaso Piemonte, Emilia Romagna, Liguria e prima ammettiamo questa realtà prima potremo fronteggiarla nelle regioni in apparenza insospettabili.
PIEMONTE
Nel Piemonte le prime cronache che riportano fatti legati alla malavita organizzata risalgono agli anni settanta quando con l’operazione denominata Cartagine la mafia catanese venne decimata da numerosi arresti. Fu in questa occasione che la ‘ndrangheta calabrese approfittò del vuoto criminale lasciato da cosa nostra per infiltrare il territorio.
Secondo la DDA piemontese (Direzione Distrettuale Antimafia) nel 2002 già coesistevano ed operavano nella regione almeno 25 cosche e si contavano circa quattrocento persone tra affiliati e fiancheggiatori. È di questo stesso anno la relazione della DDA di Torino inviata alla Commissione Antimafia in cui si trova scritto “la presenza in Torino e nel Piemonte di gruppi italiani di criminalità organizzata riguarda, in primo luogo, quella collegata alla ‘ndrangheta calabrese, che oggi appare, sulla scorta degli esiti delle indagini di Polizia e della magistratura inquirente, come la componente più articolata e più pericolosa”. È dunque difficilmente comprensibile, se non si spiegasse il fenomeno con il rifiuto ad accettare una difficile realtà da parte di una cittadinanza che ha sempre ritenuto la mafia come un problema solo relegato al sud, ciò che si trova scritto nella relazione redatta nello stesso periodo dai magistrati torinesi Maurizio Laudi e Marcello Maddalena, in cui si afferma “il quadro attuale si può definire come caratterizzato da una non ancora compiuta acquisizione di conoscenza, da parte della polizia giudiziaria e della magistratura inquirente, degli attuali equilibri di forza esistenti sul territorio, per quanto attiene ai nuovi gruppi, alle nuove alleanze, alle nuove contrapposizioni, ai nuovi organigrammi di chi svolge, in modo organizzato, attività criminose”. Anche il GICO (il Gruppo d’Investigazione sulla Criminalità Organizzata), nella sua relazione sullo stato della criminalità organizzata in Piemonte, asserisce che nel territorio sono presenti numerose cosche calabresi che operano soprattutto nel settore del traffico internazionale di stupefacenti e della movimentazione terra.
È particolare notare come l’azione di queste cosche operino in maniera sempre più autonoma rispetto alla ‘ndrangheta calabrese se pur mantengano con essa strettissimi legami dovuti soprattutto a rapporti di parentela.
L’arma che più di tutte si sta rivelando vincente per favorire il proliferare della ‘ndrangheta piemontese sembra essere la capacità di questo sodalizio criminale di diversificare sapientemente la loro presenza in vari settori criminali favorendo la loro mimetizzazione e non creando così uno specifico allarme sociale. Questo sapersi nascondere nelle pieghe di una società, al limite tra la controversa legalità e illegalità conclamata, ha permesso alle ‘ndrine di infiltrare abbastanza agevolmente anche il tessuto politico-economico locale tanto che da recenti indagini svolte dalla DIA (Direzione Investigativa Antimafia) è risultato come i criminali siano riusciti ad aggiudicarsi appalti per la realizzazione dei lavori per le opere delle Olimpiadi invernali del 2005/2006 e della linea ferroviaria ad alta velocità (TAV) Torino-Milano.
EMILIA-ROMAGNA
In Emilia Romagna la presenza della ’ndrangheta è documentata da decenni e i suoi insediamenti a Bologna, Modena, Reggio Emilia, Parma, Piacenza e Rimini sono particolarmente saldi.
Anche in questa regione la mimetizzazione della realtà ‘ndranghetista ha consentito una sottovalutazione nella percezione del problema, situazione che ha favorito la crescente ramificazione territoriale. Questa mimetizzazione non consente di fare chiarezza in maniera approfondita sui reali “mandanti” di alcuni crimini e di conseguenza si assiste ad un numero sempre maggiore di casi in cui solo a posteriori ci si accorge che le cosche, vere colpevoli dei crimini, rimangono impunite. Diminuisce la capacità di auto difesa della società civile che avverte in misura minore rispetto alle reali esigenze il bisogno di svolgere un intervento preventivo nella repressione di questo fenomeno criminale. Spesso le attività dei gruppi criminali ‘ndranghetisti, operanti in terra emiliana, vengono scoperte in seguito a indagini partite dalla regione Calabria dove la dura realtà sociale ha allenato le forze dell’ordine a riconoscere prontamente il modo di operare tipico di questa mafia.
Contrariamente alla realtà piemontese in Emilia Romagna le ‘ndrine sono molto legate alle gerarchie della criminalità calabrese, sia per quanto riguarda la leadership dei gruppi che per la loro operatività sul territorio.
Accade spesso che imprenditori calabresi emigrati in Emilia vengano braccati da mafiosi loro corregionali che seguitano a vessarli anche fuori dai confini della regione di origine. Secondo la relazione della DDA, nella regione si rilevano “sistematiche campagne estorsive ed usurarie in danno di imprese, soprattutto gestite da calabresi (per ciò solo, da un lato, in grado di apprezzare immediatamente la forza di intimidazione del gruppo mafioso interessato e, dall’altro lato, esposti al rischio aggiuntivo di ritorsioni violente trasversali)”.
Sempre più spesso le forze dell’ordine si imbattono in aziende sottoposte ad un innovativa pratica estorsiva che indica una maggior attenzione finanziaria, la DDA afferma “le modalità di esercizio delle pratiche estorsive sembrano rivelare il frequente ricorso a false fatturazioni con il fine di realizzare indebite percezioni dell’imposta sul valore aggiunto relativa a operazioni commerciali in realtà inesistenti e, dunque, in uno alla creazione di ulteriori vincoli di complicità, l’occultamento delle somme estorte dal gruppo mafioso e l’agevolazione di processi di reinvestimento speculativo dei proventi dei tradizionali traffici illegali delle cosche mafiose interessate parallelamente alimentati da sempre più diffuse e sistematiche attività usurarie”.
Per quanto riguarda il mercato che ultimamente sembra sollecitare maggiormente gli interessi mafiosi, recenti investigazioni rivelano che la ‘ndrangheta si stia occupando sempre più spesso del gioco d’azzardo e delle bische clandestine, un tempo appannaggio esclusivo della camorra. La DDA di Bologna segnala gruppi di ‘ndranghetisti operanti nel controllo del mercato clandestino del gioco d’azzardo nelle zone di Rimini, Riccione, Bologna, Forlì e Ravenna.
LIGURIA
La Liguria negli ultimi anni ha segnalato l’operatività di cellule criminali ‘ndranghetiste che operano in maniera peculiare rispetto alle altre regioni italiane; in Liguria la ‘ndrangheta sta ricostruendo una geografia criminale tipica della Calabria fatta da ‘ndrine del posto organizzate in “locali” evidenziando così un evoluzione della criminalità verso la costituzione di un livello più complesso della gerarchia mafiosa con il preciso fine di coordinare le iniziative, le sfere di influenza criminali e la gestione dei legami operativi per ogni ambito di affari. Questo consolidamento territoriale permette alle cosche di assicurare un più efficace controllo dei settori di intervento criminale infiltrati e una migliore impermeabilità nei riguardi degli estranei. Le locali attualmente operanti, di cui si ha notizia certa, sono quelle delle città di Ventimiglia, Lavagna, Sanremo, Rapallo, Imperia, Savona, Sarzana, Taggia e di Genova. Sembra addirittura che sia in fase di definizione un ulteriore evoluzione gerarchica con l’istituzione di una “super-locale” in grado di assicurare una funzione di controllo e compensazione di tutte le attività della ‘ndrangheta esistenti ed operanti in Liguria, questo ruolo sembra essere stato assunto dalla locale di Ventimiglia dove si concentra la complessiva regia delle manovre illegali della regione. Ventimiglia ha infatti una posizione privilegiata rispetto le altre locali dovuta alla vicinanza con la Francia, sede storica di numerose locali come quelle di Mentone, Marsiglia, Nizza e Tolosa e costituisce il prezioso anello di congiunzione con la malavita estera.
In Liguria gli ambiti criminali maggiormente assoggettati alle regole della ‘ndrangheta sembrano essere le attività di riciclaggio e reinvestimento speculativo di capitali mafiosi oltre che essere un luogo di accoglienza e protezione per numerosi latitanti.
Susanna A. Pejrano Ambivero (Milano, 06 Agosto 1971) ha una formazione medico scientifica, spesso impegnata in battaglie sociali e culturali soprattutto nell ambito del contrasto alla mentalità mafiosa. Vive nel profondo nord, a Cologno Monzese (MI), località tristemente nota per fatti di cronaca legati a 'ndrangheta e camorra.