Il peggiore viatico il 1° Maggio lo riceverà dalla cosiddetta approvazione delle modifiche richieste dal Capo dello Stato alla legge 1167. La stampa ha divulgato la notizia di un accoglimento delle osservazioni fatte dal Quirinale sull’arbitrato. Si tratta di una notizia falsa diramata da una informazione faziosa e ferocemente classista al servizio di una imprenditoria e di un ceto politico che hanno già trasformato le redazioni dei giornali in luoghi di sfruttamento di migliaia di giovani che approdano alla professione per venire inghiottiti dal tunnel del sottosalario e della precarietà.
La CISL e l’UIL erano d’accordo con la 1167 nel testo bocciato dal Capo dello Stato e la CGIL viene stretta nella morsa dell’isolamento anche dal governo e dal PD. Quest’ultimo, che occupa il posto una volta appartenuto al PCI ed al PSI, è diventato partito confindustrialista. Ieri si è sfilato dal referendum contro l’obbligo alla privatizzazione dell’acqua e, nonostante le riserve di Bersani, appare assai tentato a collaborare con il governo per riforme anticostituzionali e per il federalismo che discriminerà gli italiani e ridurrà in extracomunitari le popolazioni meridionali.
Questo Primo Maggio sarà il peggiore della storia d’Italia non solo per la gravità della crisi che artiglia i lavoratori quanto per la mancanza di futuro e per il suicidio del sindacato come strumento di tutela dei lavoratori e la sua involuzione verso un ruolo di servizi reclamato dalla dottrina della sussidiarietà, dottrina di cui l’arbitrato e cioè la privatizzazione del diritto del lavoro è espressione logica.
È assai equivoco che venga celebrato unitariamente dalla CGIL dalla CISL e dall’UIL dal momento che su questioni fondamentali come il nuovo contratto di lavoro, il contratto dei metalmeccanici e l’allegato lavoro, si sono registrate posizioni diverse. Posizioni alle quali però la Marcegaglia non dà credito. La Confindustria, a differenza di Sacconi, insiste nel tenere aperta la porta del dialogo e per essa non sarebbero del tutto veritiere le diversità della CGIL, ma soltanto strumentali ad una tattica di mantenimento del consenso. La Marcegaglia ha infatti citato gli accordi di categoria successivi al patto separato che sono stati sottoscritti dalla CGIL insieme a CISL e UIL.
Si addebita alla crisi economica la responsabilità “oggettiva” delle pessime condizioni in cui versano i lavoratori. La crisi c’è ed é devastante ma non dappertutto si spiega con difficoltà di mercato. Molte delle aziende che hanno fatto ricorso alla CIG o alla delocalizzazione hanno bilanci attivi ed hanno distribuito dividendi. La crisi è anche legata all’attacco al welfare sferrato dalla destra per motivi ideologici e per creare nuovo business accaparrandosi importanti pezzi dello Stato. Centomila licenziati dalla scuola derivano da una scelta ideologica e non da una necessità. Hanno ragione i lavoratori della Scala di Milano a chiedere al Capo dello Stato di non firmare il decreto Bondi. Si tratta di un progetto che ha come obiettivo la privatizzazione delle massime istituzioni culturali del Paese. La scuola, l’università, la sanità e le pensioni sono state devastate dall’aggressione ideologica della destra italiana che attua l’insegnamento di Reagan e della Tatcher: affamare la bestia per poi macellarla. È molto grave che il turnover avvenga soltanto attraverso l’appalto ai privati. Non si fanno più i concorsi che costituivano uno sbocco fisiologico alle nuove leve.
Questa aggressione ideologica, in gran parte condivisa dal maggiore partito di opposizione, è iniziata contrapponendo i giovani ai pensionati (Bocconi, Milano), poi i precari ai “privilegiati”, poi si è fatta una indecente campagna contro i “fannulloni” della pubblica amministrazione, contro i professori e la scuola, contro i “baroni” delle Università e, naturalmente, contro la “malasanità”.
Ora il campo è ingombro di macerie. I mali del pubblico sono stati usati non per debellarli ma per distruggere il welfare. Intanto, squadre di legulei dentro il Parlamento devastano il diritto del lavoro o lo rendono inagibile. Bassi salari, disoccupazione, precariato incatenano i lavoratori a condizioni che diventano sempre più difficili ed inaccettabili e sempre più prossime ad una rottura della coesione sociale. Per quanto tempo ancora si potranno tenere cinque milioni di “biagizzati” a salari da autentica fame? Finora sopravvivono per l’appoggio delle famiglie che ancora godono di migliori condizioni acquisite dalle generazioni precedenti.
Ma non esiste alcuna proposta per fare uscire dall’abisso sociale i lavoratori italiani. Anziché abolire la legge Biagi si aggiungono al suo repertorio nuovi strumenti di oppressione contrattuale come il CUI proposto dal PD e lo staff leasing reintrodotto dalla finanziaria. Non si propone il Salario Minimo Garantito che potrebbe frenare la corsa verso il basso delle retribuzioni. Non si bloccano le privatizzazioni che appesantiscono le bollette. Insomma le proposte arrivano soltanto dal padronato e dal governo. Il Sindacato si limita a registrarle con commenti spesso positivi (CISL e UIL) o negativi da parte della CGIL. Ma i lavoratori sono privi di una guida e di rivendicazioni.
La stessa rivendicazione fondamentale che diede vita al 1° Maggio è stata rimessa in discussione. Secondo una legge europea subito recepita si possono fare anche 13 ore di lavoro e si lavora nella UE per le sessanta ore settimanali. Parlamento e Governo sono diventati organicamente ostili ai lavoratori e tentano di ridurne lo status. Il Ministero del Lavoro, che ha avuto luminose figure come quelle di Fanfani, Donat Cattin e Brodolini, è diretto da un Ministro che si è dedicato all’isolamento della CGIL e dirige una coalizione ad excludendum che propone la “complicità” nella demolizione dei diritti. Prossimo obiettivo annunziato la distruzione dello Statuto dei Diritti dei Lavoratori.
In queste condizioni, il concertone di Roma si è totalmente disancorato dal suo progetto originario e sopravvive per inerzia. In ogni caso non significa più niente. Ambigua e allarmante è la celebrazione unitaria del 1° maggio a Rosarno tra CGIL, CISL e UIL: una unità che quando si realizza è solo contro i lavoratori. Vedi legge Biagi.
Già membro dell'Esecutivo della CGIL e del CNEL, Pietro Ancona, sindacalista, ha partecipato alle lotte per il diritto ad assistenza a pensione di vecchi contadini senza risorse, in quanto vittime del caporalato e del lavoro nero. Segretario della CGIL di Agrigento, fu chiamato da Pio La Torre alla segreteria siciliana. Ha collaborato con Fernando Santi, ultimo grande sindacalista socialista. Restituì la tessera del PSI appena Craxi ne divenne segretario.