Il Giornale sventola la felicità di Palermo che boicotta la marcia antimafia. Bravi i siciliani a non cadere nella trappola di chi ricorda il sacrificio di Borsellino. In fondo, chi era? E il 70 per cento dei lettori di Repubblica si arrabbia per l’Antimafia dalla guardia sempre più disarmata. Poche le altre novità: rosari della P2 e della P3, giudici da insultare o da comprare, informazione da imbavagliare, anzi no: da rimandare. È la routine 2010. Eppure fra le righe una buona notizia: l’altra Italia si organizza per capire chi sono i protagonisti della politica e degli affari.
La preoccupazione è questa: dei fiumi di carta, accuse e contrattacchi, cosa verrà conservato negli archivi che seriamente hanno l’obbligo di documentare lo sfacelo? Come si orienteranno nella babele di mafie e truffe gli studenti che nel 2020 avranno vent’anni? Nell’abitudine della prima e seconda repubblica, i documenti spariscono e riaffiorano per ondate improvvise di lealtà, ma le ondate non sono sufficienti a ricostruire strutturalmente la storia del paese.
La buona notizia è questa: gli italiani non si fidano ormai dello Stato e hanno organizzato una rete della memoria attorno all’archivio su P2 e il delitto Moro di Sergio Flamigni. A Oriolo Romano si riempie il vuoto che perseguita le nuove generazioni. Documenti frequentati dai ragazzi dell’università e dagli studiosi impegnati a sfogliare l’Italia delle stragi, del terrorismo e delle mafie sulle quali riposa l’ambiguità di un passato prossimo sepolto nelle cantine dell’informazione.
Complicato collegarne le trame, quasi impossibile consultare gli archivi dei ministeri. E per non far morire la verità ecco il pronto soccorso degli archivi privati, tutti assieme per non dimenticare, antidoto alla «grande storia» dei piccoli schermi. Diciamo la verità: storietta per i lettori di «Chi». Autisticamente ripropone cliché anni Cinquanta: Hitler, Mussolini, regina Maria Josè, l’esilio di Umberto, strategia che ripesca i dogmi di Scelba. Mai raccontare cosa è successo dopo. Silenzio perfino su casa Savoia, quel Vittorio Emanuele figlio spirituale di Gelli e trafficante di armi per conto dell’Augusta, con provvigioni che aprono la dolce vita nei palazzi dello Scià e di chissà quanti altri dittatori.
Solo Maurizio Costanzo, fratello di loggia, ammorbidisce i sospetti in un’intervista concordata alla virgola su Canale 5. Insomma, morto Mussolini, la memoria si è fermata. Figuriamoci se la «grande storia» interpreta il G8 di Genova nel ricordo del governo Tambroni, democristiani di Andreotti più Msi di Almirante: polizia che spara sugli scioperi 1960. Strage sempre a Genova e a Reggio Emilia. Con le carte sopravvissute alle censure invisibili, non è facile spiegare ai ragazzi gli interessi tra Craxi e Berlusconi, Berlusconi e Gelli, Berlusconi e gli amici mafiosi di Dell’Utri e politici e figuranti impegnati a preparare la terza repubblica. Negli ultimi vent’anni il solo a dedicare alla P2 una trasmissione Rai è stato Carlo Lucarelli, con l’abilità di un giallista che trasforma in spettacolo il labirinto dei misteri.
C’è chi non si rassegna in altro modo. Flamigni era uno dei senatori della commissione Tina Anselmi, ha scavato le carte del delitto Moro. Non disperde i documenti che altri chiudono a chiave. Li allarga e li coordina in un archivio elettronico affidato a Ilaria Moroni. Attorno alla biblioteca web cresce una rete che non contempla solo la P2 o la P3 immaginaria: rompe ogni silenzio per nutrire il futuro delle generazioni avvilite da chi non vuol far sapere. Nel 2006 Roma raccoglie in un convegno le Reti degli Archivi “per non dimenticare”. Si pianificano metodologie ed analisi; la società civile comincia a frugare con l’impazienza di chi non sopporta i ciarlatani.
«La nostra storia è un rischio; il nostro impegno è salvarla». Ilaria Moroni pianifica il programma collegato a 44 archivi dagli enigmi diversi ma dall’interesse comune: capire, finalmente. Archivi di stato di Viterbo, Milano, Reggio Calabria; associazione Ilaria Alpi, vittime strage Bologna, vittime Georgofili, Centro studi multimediali Rocco Chinnici, Giuseppe Impastato, Istituto Fratelli Cervi, eccetera. Progetto accompagnato dagli eredi di Moro, Benedetta Tobagi, Carol e Luca Tarantelli, Sabina Rossa, Rosa e Maurizio Callipari; e da quel giudice Turone che trent’anni’anni fa apre assieme a Gherardo Colombo i cassetti di Licio Gelli. Erano ancora due ragazzi e non immaginavano di scrivere un’altra storia d’Italia, proprio la storia che il Cavaliere e i suoi Cicchitto continuano a nascondere.
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