Quando la Lega trasforma Lampedusa e la sua lingua: non servono parole, solo riflessioni
23-08-2010
di
Ottavia Derri
L’interessante immagine riportata qui sopra la invia Livia Bellina e la pubblichiamo per raccontare una breve storia. Lampedusa non è più l’isola “africana” per le vacanze di chi vuole scoprire la natura africana con l’ultima bandiera italiana nel Mediterraneo. È diventata famosa non per le spiagge e i meravigliosi capperi che noi del nord ci portiamo a casa, ma per gli sbarchi dei disperati che scappano dalla Libia dei lager alla ricerca di qualcosa che possa sembrare libertà o speranza di lavoro, insomma, quasi una vita normale nelle cantine di Milano o Torino.
Lampedusa sta diventando il laboratorio ufficiale di una lingua spugnosa, proprio come i leghisti dell’isola hanno in mente di inventare trapiantando le parole lombarde nel dialetto siciliano. Non è gente qualsiasi. Si tratta di un esercizio di stile della municipalità. Il manifesto incollato su tutte le case della città invita ad essere civili con linguaggio che non è italiano, non è siciliano e fra un po’ non sarà nemmeno una specie di dialetto arabo in caratteri latini. La nuova Italia di Maroni e Berlusconi comincia da qui.
Ecco il testo del proclama firmato dal vice sindaco:
Comunicazione alla Cittadinanza.
Si avvisa la Cittadinanza che da oggi
Matarazza (materassi, NdR)
Lavatrici
Frigoriferi
Cascittini di frutta (cassette, NdR)
Cartuna (cartoni, NdR)
Cessò (vecchi water?, NdR)
Si devono buttare in discarica (mundizzaru). NdR: per aver osato scrivere la parola vergognosamente in italiano il vice sindaco si è immediatamente affrettato a tradurla in dialetto. Per non indispettire il ministro della difesa nazionale, onorevole Maroni.