I medici chiamano Parma. Settanta da tutta Italia, oncologi, immunologi, pediatri, firmano una lettera aperta alla città, che evidenzia la correlazione tra salute e ambiente, i rischi connessi a respirare aria sporca, specie per le nuove generazioni. I medici chiamano Parma è anche il titolo del convegno scientifico internazionale che il 22 settembre nell’Auditorium Paganini di Parma (via Toscana 5), alle ore 21, raccoglie a i maggiori esperti nell’impegno di un appello alle coscienze degli amministratori. Una serata che richiamerà e che si annuncia caldissima e vibrante: usciranno indicazioni che valgono per ogni città d’Italia.
Sul piatto la scelta di Provincia e Comune di costruire un nuovo inceneritore nel cuore della food valley, proprio in città, a 4 km dall’angioletto del Duomo, dirimpetto allo stabilimento della Barilla e a quello in costruzione della Chiesi Farmaceutici, poco più in là quello della Greci Alimentare e, per completare il quadro, appena oltre, il magazzino Ikea, il quartiere Spip e il costruendo quartiere Parma Retails: diecimila anime che ogni giorno saranno portate alla gogna dell’impianto, per sorbire la loro dose quotidiana di diossine e furani.
Il convegno è una sorta di ultimo appello, i lavori nel cantiere di Ugozzolo sono già iniziati, le neonata Iren, oggi la seconda multiutility italiana nata dalla fusione di Enia (Reggio, Parma, Piacenza) e Iride (Genova e Torino) cerca di portare a casa un impianto che darà bilanci d’oro per i prossimi vent’anni. In tutta fretta e possibilmente senza clamori.
I cittadini non si arrendono e intensificano la loro battaglia a colpi di volantini, ricorsi, manifestazioni, fiaccolate. Ma il moloch è immobile anche se sempre più solo, accerchiato dai no e sostenuto ormai da pochissimi sì, ma ancora incorrotto.
Alcune certezze sono svanite nei mesi recenti, come il governo da parte di Parma dell’azienda dei rifiuti, ormai è un lontano e scolorato ricordo. Come l’autosufficienza territoriale e la decrescita delle tariffe, due cavalli di battaglia dei pro inceneritori azzoppati dall’evidenza. Enia, che in ogni occasione aveva sottolineato la propria virtù, si accinge a individuare una discarica dove interrare le scorie pesanti dell’inceneritore, quarantamila tonnellate all’anno, e si prepara ad esportare le ceneri leggere, mix tossico di alta pericolosità, addirittura nelle miniere di salgemma tedesche. Le tariffe, invece che diminuire, si attesteranno, se va bene, su quelle del 2009, quando ancora i rifiuti, come oggi, si esportavano in tutta la regione e oltre. Il costo enorme dell’impianto non può sparire: a fronte di una previsione di spesa di 180 milioni di euro si vocifera di un conto salato che si ferma solo attorno ai 250. Andrà pure pagato e da chi se non dagli utenti, eufemisticamente chiamati clienti?
Così il minor costo di smaltimento viene succhiato dal rientro del piano di investimento, negando ancora una volta una delle promesse scritte col sangue, davanti alle telecamere delle tv locali, litanie utili a convincere una città ancora legata all’immagine di un’azienda municipalizzata utile alla città e non nemica del suo ambiente e dei suoi abitanti.
Progettare per le future generazioni non è solo lo slogan del convegno, ma l’impostazione corretta per uno sviluppo che sia tale e non sviluppo per pochi e sottosviluppo per i più. Occorre osservare la produzione a 360 gradi, considerarla fin dal recupero della materia prima ed accompagnarla al fine vita del materiale prodotto, e solo allora redigere il bilancio, che dovrà essere positivo o al massimo neutro. Sulla valutazione del ciclo di vita (Lca Life Cycle Assessment) si muovono oggi i primi passi, recitando linee di pensiero poco avvezze di una imprenditoria d’assalto e di preda che fin qui ha marchiato a fuoco la nostra penisola.
Energia da valutare dall’inizio alla fine di un ciclo di produzione, tutte le fasi di un processo produttivo correlate e interdipendenti, per costruire una tavola completa di tutti i dati del processo, per verificare la sua reale incidenza sul contesto.
A Parma, come in Emilia Romagna, come nel resto d’Italia, il saccheggio delle risorse sta raggiungendo l’apice. L’ultima trovata per ripulire la bocca dalle parole sconce è “biomassa”, con centrali che bruciano cose ovunque, presentate anzi come virtuose e compatibili con l’ambiente. Colture rubate all’uomo per alimentare caldaie, tronchi che dal Brasile navigano verso i forni italiani “green”. Una assurdità tutta italiana anzi italiota, figlia della ricerca affannata di lucrosi business, costi quel che costi.
Sguardi perplessi dei nostri piccoli, minacciati già oggi per il loro futuro. Per il guadagno dei soliti noti, con la complicità delle amministrazioni e delle aziende sanitarie, forti con i deboli, deboli con i forti, sempre pronte a rassicurare i cittadini con i dati delle emissioni, sempre entro le leggi, sempre ridotte per numero di veleni campionati. Oppure generosi enti che autorizzano incrementi di volume per impianti già sotto accusa per avere inquinato acqua, aria, terra. Tanto la lenta giustizia farà il suo corso e mai passerà il cadavere a consolare le vittime!
Parma emblema dell’assurdo e della contraddizione. Barilla che investe milioni nel “Barilla Center for Food & Nutrition”, che recita a grandi lettere sul proprio sito: “Aiutiamo le persone a vivere meglio portando ogni giorno nella loro vita il benessere e la gioia del mangiar bene”, ma che “non si accorge” dell’inceneritore di Parma, non si accorge di averne un altro a fianco della sua fabbrica di Rubbiano (sempre Parma), che brucia rifiuti tossici, che a San Nicola di Melfi ha il proprio stabilimento foderato di ethernit.
Parma che si presenta al mondo con il profumo del Marino, brezza che scende dalle colline per accarezzare il Prosciutto di Langhirano, ma che accetta di arricchirlo dei miasmi del forno inceneritore quasi facendosene vanto di modernità, spacciando una trasformazione dei rifiuti da solidi a gassosi in un annichilimento eterno senza alcuno scarto. Trucchi alla simsalabim ormai svelati e resi ridicoli e infantili. Oscure polvere si arrovellano all’orizzonte, domande sospese come le polveri del nascituro inceneritore. L’ambiente è una cosa seria, per favore.
Aldo Caffagnini, montanaro di Bardi, giornalista pubblicista, è presidente del gruppo di acquisto solidale di Parma "La Spiga". Con l'Associazione Gestione Corretta Rifiuti e Risorse è in lotta per bloccare la costruzione del nuovo inceneritore di Parma.