Manca un testo scolastico che distribuisca ai ragazzi la storia finora oscurata di come l’Italia è cambiata dalla fine della guerra all’agonia dei governi Berlusconi. Storia dell’evoluzione sociale, dalle macerie al golden age, stagione d’oro dell’Europa che ricostruisce economie e città distrutte e il suo Pil vola come la Cina dei nostri giorni. Ed è la storia dell’evoluzione delle generazioni che hanno trovato la loro strada negli anni felici del boom economico, ed è la storia delle generazioni avvilite del dopo ’68 quando il benessere declina ma gli egoismi delle corporazioni non solo resistono, ma difendono i privilegi con un’arroganza non contemplata dalla democrazia. Se la borghesia di Francia, Germania, Inghilterra e perfino della Spagna, ultima a liberarsi dalla dittatura, rafforzano le regole che vegliano sull’equilibrio dei rapporti sociali, la borghesia “bastarda” di un’Italia che tradisce la cultura borghese e si preoccupa di piegare i comandamenti del vivere civile all’esibizione dei consumi. Chi più ha più esibisce e chi non ha si preoccupa di scalare la ricchezza sdegnando ogni etica nell’illusione della dolce vita. Questi i comandamenti dell’evo berlusconiano. La “roba” e i soldi rafforzano le ambizioni delle vecchie generazioni, mentre frustrazione e rabbia accompagnano lo scoramento di chi non vede un futuro. Bisogna dire che il termine “generazione” è una semplificazione banale. Ogni onda biologica è composta di donne e uomini, essere unici che liberamente decidono la scelta degli imperativi morali o immorali da perseguire. Berlusconi incarna gli stereotipi come le maschere dei carri di carnevale. Caricature grottesche del potere, ma è un grottesco – ecco la degenerazione – la cui esibizione incanta le anime deboli. B. si è formato più o meno negli stessi anni di Umberto Eco, Raniero La Valle, Romano Prodi, Emma Bonino e di plotoni di piccoli operai, medi impiegati, tecnici eccellenti, fondatori di banche etiche, volontari disinteressati che sacrificano le ambizioni nel nome della solidarietà. È cresciuto assieme a educatori dai quali i ragazzi hanno imparato non solo le scienze necessarie ad affrontare la vita ma la dignità alla quale affidare civiltà e rispetto da trasmettere ai figli. Le scansioni anagrafiche fanno sapere che negli stessi anni mafie, massonerie e P2 e P3 e P4, mafiosi, avvocati azzeccagarbugli e l’ambizione dei politici cresciuti nella convinzione che agli scalatori sociali è permesso rubare, imbrogliare, mentire e resistere fino all’ultimo sospiro nelle trincee della malafede pagando delatori e giornalisti mercenari per nascondere ogni ignominia; questi signori hanno attraversato gli stessi giorni delle generazioni perbene. Ecco, i ragazzi devono sapere per distinguere se davvero vogliono ricostruire la civiltà di un paese che non c’è più. Ma chiudere il disagio nello scontro generazionale non porta ad alcun risultato. Sono più “vecchie” Santanché, Minetti o la Bergamini segretaria del Cavaliere, insediata come gaulaiter alla Rai con l’incarico di dissolverla per ingrassare Mediaset, o Margherita Hack, Rita Levi Montalcini, Barbara Spinelli che provano a ipotizzare un’Italia diversa con le nuove generazioni protagoniste?
L’ascesa del Berlusconi pubblico va raccontata senza acrimonia ma con cronache puntuali che ne disegnino la personalità. I ragazzi devono sapere per decidere. Partendo dal Berlusconi che affogava nei debiti quando il protettore Craxi (con un decreto famoso) concede alle sue Tv il diritto alla diretta smentendo i poveri magistrati che osavano applicare la legge; quando Craxi scappa in Tunisia per sfuggire la giustizia, il Cavaliere poco prima abbandonato dalla sua P2 negli anni ’90 provvisoriamente di poco potere, marcia sul potere raccogliendo i superstiti di Mani Pulite. A Enzo Biagi che vuol sapere come mai un produttore televisivo violi ogni regola per candidarsi al governo, candidamente risponde (prima pagina del Corriere della Sera): “Devo farlo per non finire in galera”. Succedeva diciotto anni fa. Appena vince chiede al suo ministro della Giustizia, Biondi (fino a quel momento liberale ironico) una legge salva ladri: deve risolvere certi problemi con la Guardia di Finanza e l’aver arruolato fra i suoi onorevoli l’ex capitano Berruti che quand’è in divisa lo denuncia, poi si rimangia ed espulso dalle fiamme gialle trova posto a Mediaset ed evita la galera con la poltrona in parlamento; chiede a Biondi di cancellare i peccati di chi affida ad avvocati spalloni il compito di aprire conti proibiti nei paradisi fiscali. Non ce la fa, ma insiste fino a quando il Bossi dei ricatti, non avendo ottenuto quanto gli era stato promesso, gli gira le spalle accusandolo (in Parlamento) di essere “un mafioso piduista”. Se l’ha detto e mai smentito qualcosa doveva sapere. Compra la Mondadori corrompendo il giudice chiamato a decidere la causa che lo vedeva in competizione con De Benedetti, editore di Repubblica e l’Espresso. Il tramite è l’avvocato Previti condannato assieme al giudice corrotto ed uscito dalla politica dopo essere stato ministro della Difesa, quindi ministro dei carabinieri che dovevano accompagnarlo in galera. La “ferita” dell’aver perso Previti lo sconforta. Era l’amico fidato quando c’era da imbrogliare gli affari. La casa di Arcore è stata comprata per non troppi milioni di lire dopo la tragedia degli antiche proprietari Casati Stampa: nobile marito che uccide per gelosia la nobile moglie e il suo amante. La figlia, poco più che una ragazzina, scappa col marito in Brasile e affida all’avvocato Previti padre il compito di vendere la villa degli orribili ricordi”. Così com’era: mobili, argenti, tappeti, tele dei maestri del Seicento, parco immenso (in parte mangiato da immediate lottizzazioni). Previti padre passa la mediazione l’affare a Cesare, figlio debuttante. Il quale suggerisce al Cavaliere di metter su una società che paga gli sventurati proprietari con azioni che subito spariscono perché la società subito si scioglie. E quando, tempo dopo, l’ex proprietaria va all’incasso, si ritrova con un pugno di carte che non valgono niente. Lunga causa alla fine in parte vinta. Come si è difeso il Cavaliere da un conflitto di interessi unico nei paesi del G8, G20? Affidando al fido Frattini il compito di una legge che gli permette di fare ciò che vuole e che subito fa. Eccetera, eccetera. Adesso il fido Alfano ritocca il decreto Tremonti imposto dall’Europa che non sopporta il terzo debito del mondo, debito maturato negli anni craxiani. E nello schema lacrime e sangue che i meno fortunati devono sputare mentre le grandi ricchezze continuano a dondolare nelle loro barche; in quel decreto, al ministero della giustizia infilano due righe per evitare che a fine settimana l’ultima sentenza sul furto Mondatori possa far sborsare a Mediaset quei 750 milioni che il proprietario non ha intenzione di pagare. È la storia di un borghese disinvolto, soprattutto piccolo, piccolo. I “nuovi” che vanno a votare non la conoscono.
Ecco l’urgenza di spiegare ai ragazzi il “no” silenzioso di un presidente della Repubblica che non vuol essere complice della truffa. E fra i lazzi degli avversari e lo sconforto dei suoi Giuliani Ferrara, B. depone le armi. Attenzione: per il momento. Come ricordava Carlo Lizzani, regista del film “Achtung Banditen”, certi personaggi non si arrendono mai.