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Lettere »

Purtroppo la nostra democrazia é stata privata di un’uscita di emergenza. Mentre inutilmente precipita la fiducia in Berlusconi, non è possibile sfiduciarlo col voto in Parlamento. Si sta preparando la metamorfosi della destra e la sinistra resta fuori gioco

Raniero LA VALLE – Alla fine di un regno

29-07-2010

di

Fini dice che vuole vivere in un Paese dove i giornali possano scrivere quello che vogliono, Berlusconi vuole un Paese dove i crimini, le corruzioni e le concussioni si possano organizzare tranquillamente per telefono, dove giudici carabinieri e guardie di finanze non debbano avere né occhi né orecchi, e l’azione penale sia decisa dall’esecutivo attraverso il filtro di pubblici ministeri separati dalle carriere giudicanti e obbedienti alle logge e ai palazzi del governo.

Nello scontro sulla legge bavaglio ha vinto Fini, il che non significa che la libertà di stampa, il controllo di legalità e lo Stato di diritto siano stati salvati; affinché a vincere sia la democrazia, occorrerebbe che la legge sulle impunità di Stato (ovvero sulle intercettazioni) cadesse del tutto, e che le associazioni a delinquere oggi al potere fossero cacciate dal governo. A perdere però è stato sicuramente il presidente del Consiglio, che dopo essere tornato dal suo ultimo viaggio dicendo: “ci penso io”, è finito davanti ai giocatori del Milan a dire che la legge bavaglio, se cade il bavaglio, tanto vale non farla; che il governo non può governare; che un disegno di legge che entra in Parlamento come un cavallo, esce come un cammello; che le leggi approvate dalla sua maggioranza vengono poi vanificate da giudici di sinistra e abrogate dalla Corte di sinistra; che l’ “architettura costituzionale della nostra democrazia” è costruita in modo tale che non si può fare nulla di buono.

Queste cose, dette da uno qualunque in un bar dove si discute di calcio, sarebbero solo un tributo recato dall’ignoranza al qualunquismo, ma dette dal capo del governo indicano solo due possibilità: o questo governante deluso se ne va prendendo atto del fallimento, oppure traduce la sua frustrazione in un progetto golpista.

Siamo pertanto alla fine di un regno, col rischio che il regno si trasformi in regime. Purtroppo la nostra democrazia è stata privata delle uscite di emergenza, e inutilmente precipita la fiducia nei sondaggi se non si può votare una sfiducia in Parlamento. Ma quello che in ogni caso oggi finisce è il mito mediatico di un arcitaliano che può tutto grazie alla ricchezza e al potere, si propone come modello da imitare, promette brioches a tutti e se le case crollano non importa perché ci sono gli alberghi.

Nessuno, però, ha preparato un’alternativa. L’unica cosa che si sta preparando in Italia è una metamorfosi della destra, che la renda magari più presentabile, ma non più capace di offrire soluzioni alla crisi. La sinistra è fuori gioco perché da molti anni si sta lavorando per rendere impensabile un’alternativa reale. Esclusa ormai la pianificazione economica di stampo marxista, rimasta nell’impolitico l’alternativa radicale di matrice cristiana, utopica o terzomondista, l’unica alternativa oggi conosciuta alla globalizzazione selvaggia e al sistema di profitto e di guerra sarebbe quella di una forte ripresa dell’iniziativa e della regolazione pubblica, per indirizzare l’economia a fini sociali e riportare dalle banche alla politica la responsabilità del bene comune. La sola restaurazione democratica, per quanto indispensabile, non basta, e anche elettoralmente sarebbe inadeguata a mobilitare il consenso. Tuttavia questa possibile risposta viene oggi demonizzata e screditata, come espressione di una vecchia cultura, novecentesca e statalista, fonte di corruzione e buona sola a foraggiare “la casta”. Non importa che questa sia stata la cultura dei costituenti, e abbia innervato la concezione dello Stato democratico da Dossetti a La Pira a Moro, alla sinistra riformista comunista o lombardiana, alle encicliche sociali da Giovanni XXIII a papa Wojtyla. Essa viene bollata come “socialdemocratica”; e da quando a sinistra si è fatta la sciagurata scelta del bipolarismo si è considerata non più praticabile perché non in grado di prevalere sulla egemonia del mercato liberista, sul vangelo della competitività e sulla demagogia dello Stato leggero e senza tasse.

Nel Partito Democratico il gioco al massacro delle vecchie culture, in nome della fusione tra tradizione ex comunista ed ex cattolico-democratica, ha lasciato il partito del tutto senza cultura, e priva di ogni plausibile ragione la sua pretesa “vocazione maggioritaria”; il generoso tentativo di Bersani è contrastato dal nucleo ideologico veltroniano che milita per un neocapitalismo immune da politiche “intrusive”, e che considera “ambigua” la stessa “categoria di democrazia”, come scrive Stefano Ceccanti sul Riformista, a causa dell’eredità dossettiana; occorrerebbe invece passare a un regime di “Poliarchia”, vindice dell’egemonia del politico e “vero antidoto al virus statalista”. E tanto perché sia chiaro di che si tratta è stato costituito un comitato formato anche da dirigenti democratici intenzionato a battersi contro i referendum sull’acqua per non regalare, dicono, “l’acqua alla casta”.

Senza poter proporre un’alternativa, minato dall’interno dalle culture del nemico, con una leadership insidiata dal ricatto delle primarie, con una legge elettorale truffaldina, difficilmente il PD, a meno di un colpo di reni, potrà impedire la successione della destra alla destra.

Raniero La Valle è presidente dei Comitati Dossetti per la Costituzione. Ha diretto, a soli 30 anni, L’Avvenire d’Italia, il più importante giornale cattolico nel quale ha seguito e raccontato le novità e le aperture del Concilio Vaticano II. Se ne va dopo il Concilio (1967), quando inizia la normalizzazione che emargina le tendenze progressiste del cardinale Lercaro. La Valle gira il mondo per la Rai, reportages e documentari, sempre impegnato sui temi della pace: Vietnam, Cambogia, America Latina. Con Linda Bimbi scrive un libro straordinario, vita e assassinio di Marianela Garcia Villas (“Marianela e i suoi fratelli”), avvocato salvadoregno che provava a tutelare i diritti umani violati dalle squadre della morte. Prima al mondo, aveva denunciato le bombe al fosforo, regalo del governo Reagan alla dittatura militare: bruciavano i contadini che pretendevano una normale giustizia sociale. Nel 1976 La Valle entra in Parlamento come indipendente di sinistra; si occupa della riforma della legge sull’obiezione di coscienza. Altri libri “Dalla parte di Abele”, “Pacem in Terris, l’enciclica della liberazione”, “Prima che l’amore finisca”, “Agonia e vocazione dell’Occidente”. Nel 2008 ha pubblicato “Se questo è un Dio”. Promotore del “Manifesto per la sinistra cristiana” nel quale propone il rilancio della partecipazione politica e dei valori del patto costituzionale del ’48 e la critica della democrazia maggioritaria.
 

Commenti

  1. fussgaenger

    Non serve più e lo gettano, ma la cultura che lo ha generato rimane.

  2. Rosaria

    Che aspettano gli elettori di ex AN a scendere in piazza per appoggiare Fini. I deputati non lo appoggerannono mai perchè temono la fine della legislatura prima di essersi assicurati la pensione a vita, gli ex AN ministri invece poichè prima nessuno se li filava ora si sentono importanti e il Silvio li tirne per le p…. Sono sicura che i cittadini che hanno votato PDL in buona fede sono stufi di passare per corrotti, mariuoli e cammoristi, tutti ampiamente rappresentati nella rosa di governo e affini.

  3. Domenico Falconieri

    I cittadini in buona fede? Il fatto stesso d’aver votato il PdL, partito nato dalla trasformazione di un altro, di un movimento e poi quant’altro, ma comunque retto egemonicamente, dispoticamente ed unilateralmente da Berlusconi, dopo quindici e più anni di TUTTO (leggi ad personam, condanne estinte per legge, indagini di ogni genere, truffe etc.), dopo aver ormai acquisito nel proprio DNA l’ideologia dell’insofferenza a qualsiasi legge della democrazia, lei viene a parlare di cittadini in buona fede??? Ma mi faccia il piacere… !!!

  4. Luca

    Letto l’articolo in questione, viene da chiedersi perché la “sinistra cristiana” (io preferivo dire “cattocomunismo”) sembri oggi una brutta copia dei Radicali, straparlando di Costituzione, diritti degli omosessuali, rispetto delle istituzioni, antisemitismo, questione morale: temi che in realtà sono dei falsi-problemi, o polemiche ad uso e consumo della carta stampata manovrata oltreoceano. Sapete bene che i problemi d’Italia sono altri e che non conviene affrontarli, quindi meglio limitarsi a delle sterili critiche alle autorità. Basta vedere quanti articoli tutti uguali l’autore dedica assiduamente al sig. Berlusconi.
    Così oggi vi sta bene anche appoggiare il presidente della Camera nelle vesti di picconatore, così “intellettualmente onesto” da passare nel giro di qualche tempo dal “saluto romano” ai Kibbutz. Lui parla di legalità ed istituzioni, e questo alla sinistra italiana imbalsamata va già più che bene. Soprattutto oggi, dove incredibilmente un leader carismatico e CAPACE deve essere scelto tra Bersani, Franceschini, Luxuria, Bindi e Vendola. Secondo me tra questi candidati sarebbe più facile trovare la prossima “Miss Italia”.

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