Il carattere “mediterraneo” è sempre stato un mito per eccellenza intorno al quale noi italiani abbiamo da sempre rappresentato i nostri pregi e difetti, al punto da farci inventare degli stereotipi universali che per tanto tempo abbiamo creduto inossidabili. Il tipico “Latin lover”, ad esempio, è universalmente ancora considerato il tipico maschio mediterraneo seduttore e rubacuori, che dagli anni Cinquanta almeno, imperversava d’estate sulle spiagge italiane, puntando con particolare attenzione le bellezze straniere in vacanza – rigorosamente nordiche svedesi, al minimo anglosassoni o tedesche – per sedurle e farle sognare al ritmo di una canzone e di un Martini. Chi non ricorda al riguardo gli esilaranti film con Sordi o Gassman?
Le straniere venivano in Italia per le bellezze artistiche e per il clima, certamente, ma anche attratte dal mito degli uomini tanto irresistibili per fascino e romanticismo. Anche se poi tutto si risolveva in una nottata, senza troppi rimpianti dall’una e dall’altra parte. Dopo il Sessantotto i costumi sessuali più liberi avevano indubbiamente incoraggiato le avventure poco impegnative, anche se poteva capitare anche di innamorarsi e di sposarsi con il bell’Italiano. Spesso succedeva anche che il matrimonio era più o meno felice, dicono le statistiche, basandosi sulla teoria di stampo darwiniano, che l’accoppiamento tra ceppi culturali diversi sia più efficace, anche ai fini della sanità della prole. “Prole”, chi era costei? Oggi non esiste più nemmeno il proletariato, figuriamoci la prole. Ai tempi Totò coniò la battuta, e alla domanda “scusi, lei ha prole?”, ribatteva prontamente: “Come no? Un prolo e una prola”. E tutti morivano dal ridere perché gli italiani sapevano anche tanto ridere.
Già, però anche i figli erano un dono tutto italiano, tradotti nella famiglia numerosa come valore in sé, specie al sud, dove il numero dei figli era inversamente proporzionale al reddito del “capofamiglia” (altra parola in disuso). Ma per capire meglio quella concezione bisognerebbe risalire almeno alla propaganda fascista, che per un ventennio ha martellato e condizionato la nostra storia in modo da lasciare comunque qualche grave strascico. Se si pensa che le donne italiane (dette allora “fattrici” per il “ruolo” fondamentale assegnato loro di procreare) sono ancora tra quelle meno rappresentate in politica, nonostante ci siano volute le originalissime “pari opportunità” (dette anche, più atrocemente, “quote rosa”) per consentire loro di sedersi, pur se comunque in numero sparuto, nelle poltrone parlamentari. E se pensiamo che il codice Rocco che stabiliva forti attenuanti per il delitto d’onore è stato abolito in era repubblicana molto avanzata, ci possiamo sentire orgogliosi dei passi notevoli che ha fatto la nostra impetuosa e passionale natura mediterranea.
E oggi? Cosa siamo diventati oggi, in epoca di omologazione europea e globalizzante mondialità? Oggi che la tradizione italiana vorrebbe che i Crocifissi fossero “imposti” nei luoghi pubblici , in nome della libertà religiosa, malgrado la Corte di Strasburgo avrebbe qualcosa da obiettare, proprio in nome del pluralismo delle confessioni, se non semplicemente nella necessità di garantire la laicità dei luoghi pubblico…Ma la religiosità mediterranea è un fatto politico, a quanto pare, anche se non è mai stato fatto un referendum al riguardo (e… preghiamo tanto Dio che non si faccia).
Insomma siamo meno identificabili, nemmeno come “italiani brava gente”ci si riconosce più, ma quando mai lo siamo veramente stati? La generosità, l’ospitalità, il sorriso erano, certo, le nostre qualità migliori, e individualmente ancora si trovano sicuramente italiani così. Ma cosa vuol dire essere mediterranei se si può diventare xenofobi e razzisti nei confronti di quelli che vengono addirittura dallo stessa area?
Mare tra due terre, si dice, tra Occidente e Oriente. In questi giorni nel mio paese natale, due ragazzini bulgari sono stati colpiti mortalmente a coltellate da un ragazzino calabrese, per motivi irrilevanti, il presunto furto di una bicicletta.
La Bulgaria non è proprio affacciata sul Mediterraneo, ma appartiene oramai da un pezzo all’Unione Europea, come la Romania. Fin dagli anni della fine del comunismo però tante donne dei paesi dell’est si sono trasferite in Italia, senza famiglia, spesso con figli lontani, svolgendo per lo più l’attività di collaboratrici domestiche o, più spesso, preziose “badanti” di persone invalide. A volte forse qualcuna si è “felicemente” sposata in Italia, magari con lo stesso anziano che assisteva. Il “latin lover” italiano deve essere tramontato da un pezzo se l’amore sognato è diventato un lusso. Nell’area mediterranea sicuramente, da un po’ di tempo, si seduce, si sorride e si canta un po’ meno.
Giusy Frisina insegna filosofia in un liceo classico di Firenze