È un dovere urgente, impossibile trascurarlo per evitare che l'Italia non si chiuda in una società arrogante e violenta costruita in questi ultimi vent'anni dai picconatori e dagli innovatori, da Cossiga alla bicamerale. La riforma della legge deve servire a riprendere in mano l'unità del Paese
Raniero LA VALLE – Cambiare la legge elettorale vuol dire salvare la democrazia
08-11-2010Il cambiamento della legge elettorale non è più ormai solo una questione di funzionamento o non funzionamento del sistema, e perfino nemmeno una questione di salvezza o perdita della democrazia. È la prima e forse l’unica cosa che oggi possiamo fare perché l’Italia non si chiuda a lungo termine nel sigillo di una società arrogante incolta e violenta, quale è stata costruita in questi ultimi vent’anni dai picconatori e dagli innovatori da Cossiga alla Bicamerale a Berlusconi. Il bipolarismo maggioritario che ha messo i figli contro i padri e i poveri contro gli stranieri, ha reso popolare una cultura che congiunge ignoranza e violenza, e che ormai esce perfino dai tombini della Metropolitana.
Se la violenza magmatica che attraversa oggi tutti gli strati sociali dovesse trovare le vie di un minimo di strutturazione e di guida, gli esiti sarebbero tragici. Può un sistema politico essere causa di questo? Sì, perché se è la società a generare lo Stato, è vero – contro tutte le teorie di Stato Minimo – che lo Stato dà forma alla società. Il conflitto eretto come ideale e modello del rapporto politico è pedagogia, instaurazione e moltiplicazione del conflitto in tutti i rapporti della vita sociale.
Una riforma della legge elettorale deve riprendere in mano l’unità dell’Italia. È tutto il popolo che deve salvare il Paese, l’elettorato non deve essere falcidiato dalle soglie di sbarramento, i seggi devono corrispondere proporzionalmente ai voti e senza premi di maggioranza che diano tutto il potere alla maggiore minoranza senza neanche la garanzia di una soglia minima di suffragi. E allora il presidente del Consiglio avrà sopra di sé non Dio, ma il Parlamento, e un mandato popolare ogni giorno rinnovato non in TV ma nella partecipazione politica.
Il potere non permetterà questa riforma. Allora occorre fare con quello che c’è: la legge Calderoli. Si possono togliere le unghie al “porcellum”. La legge Calderoli è infatti una legge rigorosamente proporzionale che, a seggi già distribuiti e assegnati, toglie un gran numero di seggi a chi non ha vinto per trasferirli pari pari nel bottino del vincitore, fino ai fatidici 340 deputati alla Camera e 55 per cento regione per regione al Senato. Occorre togliere la materia del furto: se tutti i partiti che vogliono riprendere il cammino democratico si collegano tra loro, come la legge prevede, tutti insieme conseguiranno un risultato molto superiore al 55 per cento, dopo di che i seggi saranno tra loro ripartiti in modo corrispondente alla forza di ciascuno.
Sarà poi nell’ambito delle forze più omogenee che si faranno le più ristrette coalizioni di governo, e i cosiddetti “radicali”, potranno starne fuori. Ciò comporta un’operazione di bonifica di uno degli aspetti più incostituzionali della legge attuale: essa richiede la designazione di un capo della coalizione da parte dei partiti collegati, intendendo (senza dirlo) che esso sia il capo del governo. Ma basta distinguere capo della coalizione e candidato alla presidenza del Consiglio, per permettere la più larga alleanza elettorale di partiti anche diversi tra loro, con a capo una personalità autorevole e di alto profilo, lasciando a ciascun gruppo di partiti più omogenei la proposta di una propria candidatura alla guida del governo. E saranno gli elettori a decidere.
Raniero La Valle è presidente dei Comitati Dossetti per la Costituzione. Ha diretto, a soli 30 anni, L’Avvenire d’Italia, il più importante giornale cattolico nel quale ha seguito e raccontato le novità e le aperture del Concilio Vaticano II. Se ne va dopo il Concilio (1967), quando inizia la normalizzazione che emargina le tendenze progressiste del cardinale Lercaro. La Valle gira il mondo per la Rai, reportages e documentari, sempre impegnato sui temi della pace: Vietnam, Cambogia, America Latina. Con Linda Bimbi scrive un libro straordinario, vita e assassinio di Marianela Garcia Villas (“Marianela e i suoi fratelli”), avvocato salvadoregno che provava a tutelare i diritti umani violati dalle squadre della morte. Prima al mondo, aveva denunciato le bombe al fosforo, regalo del governo Reagan alla dittatura militare: bruciavano i contadini che pretendevano una normale giustizia sociale. Nel 1976 La Valle entra in Parlamento come indipendente di sinistra; si occupa della riforma della legge sull’obiezione di coscienza. Altri libri “Dalla parte di Abele”, “Pacem in Terris, l’enciclica della liberazione”, “Prima che l’amore finisca”, “Agonia e vocazione dell’Occidente”. Nel 2008 ha pubblicato “Se questo è un Dio”. Promotore del “Manifesto per la sinistra cristiana” nel quale propone il rilancio della partecipazione politica e dei valori del patto costituzionale del ’48 e la critica della democrazia maggioritaria.