I medicinali per la prevenzione di questo genere di tumore si mostrano efficaci nel ridurre le neoplasie meno aggressive. Non quelle pericolose. Le evidenze in uno studio europeo
Cancro alla prostata: la chemio per il momento non salva la vita
16-09-2010
di
Stefano Ciatto
A prima vista i dati sulla prevenzione del carcinoma alla prostata con il medicinale Dutasteride sembrerebbero confortanti. Dai primi risultati dello studio europeo Reduce, pubblicati di recente sul The New England Journal of Medicine, emerge infatti che l’assunzione regolare di Dutasteride (agisce inibendo la produzione del testosterone) riduce di circa il 20 per cento l’incidenza del carcinoma alla prostata rispetto alla popolazione di controllo non trattata con il farmaco. Ma l’efficacia del suo uso preventivo nel ridurre la mortalità è ancora da dimostrare.
A sottolinearlo è un articolo pubblicato sulla rivista Dialogo sui farmaci (“Dutasteride e cancro alla prostata. La verifica delle ipotesi scientifiche” numero 4 – 2010). Lo studio Reduce, fa notare l’autore Stefano Ciatto, compara un gruppo di volontari trattato con Dustasteride e un gruppo trattato con il placebo. Come indicatore della presenza o meno del carcinoma al termine dello studio, viene praticata una biopsia multipla della prostata ai componenti di entrambi i gruppi. Sappiamo però che questo esame istologico identifica anche i carcinomi prostatici non pericolosi, cioè quelli “silenti”, non destinati a manifestarsi nella loro forma aggressiva se lasciati al loro decorso naturale. Di conseguenza, nello studio si finisce per valutare l’efficacia del farmaco nella stessa misura sia nelle forme pericolose della malattia sia in quelle non pericolose.
In buona sostanza, i risultati di Reduce aprono tre scenari differenti. Uno: la riduzione del 20 per cento nell’incidenza del cancro alla prostata nel gruppo trattato con Dutasteride si manifesta esclusivamente a carico dei carcinomi non aggressivi, cioè quelli che hanno una bassa probabilità di essere mortali. Due: i cancri prostatici con una buona probabilità di essere mortali risultano altrettanto frequenti sia nel gruppo trattato con il farmaco sia in quello trattato con il placebo (controllo) Tre: i tumori molto aggressivi sono decisamente più frequenti nel gruppo trattato col farmaco (rispetto al controllo).
D’altronde, anche una precedente sperimentazione clinica con un altro farmaco per l’iperplasia prostatica (Finasteride) aveva manifestato un mancato effetto di riduzione dei cancri aggressivi.
Per finire, visto che l’obiettivo della prevenzione con Dutasteride dovrebbe essere la riduzione della mortalità, usare questo farmaco sembra inutile. Comunque, dati più certi li avremo tra due anni. Quando si terminerà la seconda parte dello studio REDUCE, focalizzata sulla mortalità da cancro alla prostata.
Stefano Ciatto, Università di Padova, collabora a "Dialogo Farmaci", rivista indipendente di informazione e aggiornamento sanitario.