Caro Domani, arriva l’estate e avrei voglia di sognare una vacanza e un po’ di riposo, ma come si fa quando non si tira la fine del mese?
30-05-2011
di
Rossana Perger, editor, Torino
Far parte del popolo della partita Iva non è una scelta dettata oggi dalla voglia di evasione delle tasse. Forse lo è stato, ma aprirla da diversi anni a questa parte è uno dei tanti sistemi attraverso cui si finisce nel mondo del precariato. Svolgere una libera professione, a meno di non essere affermati e con una lunga lista di clienti, significa tirare a campare. Lo si fa non staccando la maggior parte delle sere, nei week end, d’estate. E dire che, per una volta, avrei voglia di progettare non dico un futuro (non pretendo tanto), ma una vacanza. Di quelle che durano una settimana, dieci giorni al massimo, a zonzo, senza fare follie, vivendo un po’ di quella libertà che questa società si è mangiata e continua a mangiarsi sempre di più.
Eppure non si può. Non si può progettare neanche questo. Resti sempre a guardare diffidente la buca della posta, in attesa della prossima bolletta (e magari del prossimo conguaglio). Resti ad attendere la fattura del commercialista, i movimenti della carta di credito (quasi unico sistema per finanziarsi, a suon di interessi vicini all’usura, le spese rimandandole al mese successivo), il conto del dentista. La vita, per chi è precario, è scandita da divieti. Quelli più normali, quelli che dovrebbero portare via la testa dai problemi di ogni giorno. Anche entrare in una libreria è diventato un lusso. Anche attendere i saldi è vano perché tutto è sempre un po’ fuori a portata.
E allora, caro Domani, chiedo a te e ai tuoi lettori, come si fa a parlare di politica, di cultura, di società civile se non si riesce neanche più a vivere dignitosamente?