Caro Domani, l’Afghanistan del lavoro è qui a casa nostra, ma il governo se ne dimentica
14-10-2010
di
Paolo De Gregorio
Anche nella morte non c’è “par condicio”. Se in Afghanistan cadessero tre soldati al giorno la cosa verrebbe considerata intollerabile. Se muoiono in Italia 1.050 lavoratori nell’ultimo anno, per condizioni di lavoro senza alcun controllo da parte dello Stato, per criminale desiderio di profitto dei datori di lavoro, tutte evitabili da una ordinaria applicazione di leggi esistenti, non c’è scandalo e la cosa viene considerata tollerabile.
Il “governo del fare” non fa nulla per fermare questo massacro, però trova cifre colossali per mandare mercenari in Afghanistan a rimorchio degli USsa, specialisti in guerre perdute e inutili, dove i “terroristi” sono gli invasori che hanno l’impudenza di definire la loro guerra di aggressione una missione di pace e di diffusione della democrazia.
Se veramente vogliamo mettere paura ai talebani, da un nostro bombardiere sganciamo il ministro La Russa, il più potente pallone gonfiato di cui dispone il nostro arsenale, facendo in modo che arrivi vivo. Un suo discorso alla popolazione indigena su pace e democrazia, in diretta tv, sarebbe paragonabile a una arma di distruzione di massa e la resa degli afghani agli occidentali sarebbe immediata.
Paolo De Gregorio, nato a Roma, ha lasciato l'attività professionale e la grande città: oggi abita in Sardegna, dove ha realizzato un orto biologico. Partecipa alla vita politica e sociale pubblicando on line riflessioni e proposte.