Caro Domani, non è che i black bloc siano figli dei violenti che anni fa destabilizzavano per mantenere in vita i governi Andreotti?
17-10-2011
di
Giuliano Tassi, giornalista, Torino
Gli scontri di Roma non devono far dimenticare il motivo della manifestazione, un disagio ormai sempre più insopportabile. Sabato scorso ho seguito le dirette di giornali e televisioni sulla manifestazione di Roma. E ho avuto un pensiero: che gli scontri affossino del tutto le sacrosante istanze che hanno portato 200 mila persone in piazza. Ecco, a questo proposito suggerirei due ragionamenti, collegati tra loro. Il primo: la manifestazione di Roma è avvenuta in contemporanea a molte altre in giro per il mondo. La violenza si è scatenata solo qui, neanche a Parigi – dov’era in corso il G20 – si è visto anche un solo episodio del genere.
A me, che ho qualche anno in più rispetto ai ragazzi indignati, hanno fatto venire in mente i “gloriosi” (si fa per dire) anni di destabilizzazione per stabilizzazioni di cui hanno goduto personaggi come Giulio Andreotti, oggi acciaccato senatore a vita. L’Italia, anche adesso e più che in quegli anni, è un Paese con un governo più che traballante, sconvolto e al contempo indifferente agli scandali e alle accuse che lo bersagliano. Si salva sempre per il rotto della cuffia. Ma adesso, forse, ha più che bisogno che mai di un motivo “destabilizzante” che lo “stabilizzi”.
Allora, dal loro punto di vista, ben vengano gli scontri, non importa da chi provocati (se facinorosi davvero, infiltrati o entrambi). Però in questo modo si raggiunge un obiettivo: tralasciare la disperazione di non solo una generazione, ma di più generazioni, “destabilizzate” – quelle sì – da precariato, mancanza di alternative e spettri concreti di una povertà sconosciuta negli ultimi decenni dia più. Gli scontri di Roma possono quindi essere il pretesto per saltare a pie’ pari le istanze politiche che hanno portato alla manifestazione.
Allora cerchiamo di riportare il focus sul vero argomento, la società che non ne può più e non vede futuro. Il resto, semmai, è questione da aule di giustizia e non dove di quelle in cui si dovrebbero offrire prospettive per l’avvenire di un intero Paese. Che ne ha bisogno più che mai.