Dopo aver fatto nelle mie lettere tanto esercizio di ironia e di sarcasmo nei confronti di questo puttaniere che ci sgoverna, di questo imprenditore che ha fatto i soldi sulla nostra pelle, di questo barzellettiere da trivio, di questo improbabile montone da racconto boccaccesco, di questo diplomatico da operetta, di questo bestemmiatore da osteria, di questo pallonaro supergalattico, di questo svenevole canzonettaro, di questo vero analfabeta dello spirito, oggi mi viene voglia di dirgli a muso duro:
Smettila, insopportabile bauscia, di pensare solo agli affaracci tuoi e di lasciare che l’Italia affondi ancor più in quel mare di merda dove tu l’hai cacciata. Invece di raccontare barzellette insulse o infami, invece di passare il più chiaro del tuo tempo con lenoni, puttane e puttanieri, corruttori e corrotti, estorsori, persone in odore di mafia, lecchini di ogni risma; invece di produrti in indecenti esercizi di bunga bunga tanto più estenuanti quanto più immaginari e immaginati, avresti fatto bene a imparare a memoria l’articolo 54 di quella Costituzione sulla quale hai giurato e a mettere in pratica il suo invito ad adempiere le tue funzioni “con disciplina ed onore”.
Ora è troppo tardi per imparare e qualsiasi cosa tu dica o faccia nessuno ormai ti crede più. Inutilmente in questi ultimi tempi evochi la questione giustizia o la questione intercettazioni e ce le propini ogni santo giorno come il cancro che divora il nostro paese. Tutti sanno che questo è solo un falso problema da te ingigantito ad arte per tuo calcolatissimo tornaconto. E smettila, infine, di raccontar balle e di dire che il popolo italiano è ancora con te. Questo popolo che tu hai impoverito e incanaglito, questo popolo al quale tu hai tolto la speranza nel futuro deve oggi mobilitarsi come è avvenuto in Tunisia, in Egitto, in Libia, in Siria e più recentemente in Israele, in Spagna e perfino negli Stati Uniti. Non occorre poi molto.
Basta che duemila persone occupino pa-ci-fi-ca-men-te e ininterrottamente per alcune settimane, una piazza di Roma, che distribuiscano opuscoli contenenti la denuncia delle tue malefatte e che gridino tutto il disgusto che tu ci ispiri per creare una pressione politica che non può essere ignorata né dal tuo governo, né dal Parlamento, né dalle rappresentanze internazionali presenti nella nostra capitale. Insisto: è attraverso manifestazioni pacifiche e responsabili che noi dobbiamo mettere con le spalle al muro questo governo di incapaci e di intrallazzatori insieme con colui che lo dirige (come ha dichiarato) per puro “passatempo”.
Gino Spadon vive a Venezia. Ha insegnato Letteratura francese a Ca' Foscari.