Il Cile volta pagina e la destra torna al potere vent’anni dopo la caduta di Pinochet e quattro governi di centro sinistra. In apparenza il passaggio non è traumatico. Al Posto di Nixon e Kissinger, anime nere del colpo di stato che uccide Salvador Allende, a Washington c’è Obama e il mondo sembra cambiato, ma le radici politiche e il potere economico del nuovo presidente annunciano una trasformazione non indolore. Sebastian Pinera ha vinto per un soffio. Per un soffio aveva perso quattro anni fa con la Bachelet e per un soffio anche il socialista Lagos era entrato alla Moneda battendo gli ex pinochettisti di Lavin malgrado l’Opus Dei soffiasse alle spalle. La tragedia, i furti e le torture del governo militare non hanno cambiato un paese che resta spaccato in due. L’enigma Cile continua.
Pinera aveva promesso di risolvere un conflitto di interessi di abitudine berlusconiana. È proprietario della Lan Cile, colosso delle compagnie aeree nel continente; proprietario del Colo Colo, squadra più amata del paese; proprietario della Tv Chilevision e di 41 società raccolte in un grattacielo naturalmente suo. Partecipazioni a banche e giornali, miliardario dal profilo non latino: sorride ma non ride, distribuisce simpatia senza barzellette. Con qualche debolezza: ha orrore dell’invecchiare e affida al bisturi l’effimera giovinezza. Cinque anni fa via rughe cancellate e palpebre rialzate. 61 anni e radici familiari duramente pinochettiste. José, fratello maggiore, è il ministro dell’economia che ha disegnato il Cile dei militari. Una sera si é affacciato nei Tg unificati per annunciare “fra tre mesi lo stato non pagherà più le pensioni, anche gli imprenditori privati si adegueranno al nuovo sistema: dalla ripartizione alla capitalizzazione”. Insomma, provvedete da soli a garantire la vecchiaia. Boom di banche e assicurazioni, suicidi di vecchi pensionati disperati dal riconteggio che li lascia a tasche vuote. E l’emigrazione economica allarga la fila di chi scappa dalla paura.
Assieme a Joaquin Lavin (consulente di Pinochet), Sebastian Pinera va negli Stati Uniti per imparare da Milton Freedman, teologo del liberismo esasperato, le regole dei Chicago Boys: il Cile diventa paese cavia della dottrina che ha poi distrutto l’America Latina. Il 30 per cento della popolazione diventa classe privilegiata. Il resto deve tirare la cinghia sperando “nelle ricadute del benessere”. Dottrine sociali cancellate, sindacati imbavagliati. Il nuovo presidente è cresciuto così. Ma guardando Santiago da Chicago capisce che l’immagine della rivoluzione liberista soffre dalla presenza ingombrante del generale dagli occhiali neri. Nasce la necessità di un pinochettismo senza Pinochet e quando il dittatore pretende che un referendum ne allunghi il governo, Pinera vota no. “Cambiare protagonisti per confermare le buone regole”. Solo l’immagine è invecchiata.
L’altro partito della coalizione della destra che non dimentica Pinochet è guidato da Lavin: il più strutturato e con tanti deputati in parlamento. Nelle sue file i sopravissuti dei governi della repressione. Almeno all’inizio Pinera promette di non farli ministri. Ma non li esclude dagli incarichi chiave che regolano la vita e le speranze quotidiane. “Chi non ha violato i diritti umani può essere utile al paese”. La costituzione gli consente di cambiare 8.430 consiglieri e dirigenti, 20mila ausiliari preziosismi nei rapporti con la gente, 73 facce nuove nel ministero dell’interno, 8 giustizia e difesa, connubio del quale si è servito il centrosinistra per controllare le nostalgie militari. Chissà che fine faranno i processi. Spariranno nel mistero documenti mai rivelati su delitti e sparizioni: non c’è riuscita la Bachelet, adesso l’oblio. Bachelet che ha inaugurato nella settimana elettorale il museo della memoria. Pinera non si è visto: “Non mi hanno invitato…”, ma la signora presidente lo ha smentito: invito consegnato alla segretaria personale.
Gli sconfitti fanno il mea culpa. Troppi errori e divisione fatale di Marco Enriquez Ominami, corsa solitaria del ragazzo che voleva sciogliere la burocrazia della vecchia sinistra: il suo 20 per cento ha inginocchiato Frei. “Oggi si chiudono i vent’anni della transizione…”. Ma cominciano anni complicati. Più insidiosi. Nell’Italia ‘70 sconvolta dagli attentati, con P2 e servizi deviati alla regia, nell’Italia del delitto Moro, Il Time dedica la copertina alla nostra fragilità: “Spaghetti italiani in salsa cilena”. Nel nuovo Cile del Pinera miliardario e signore di tutto diventano “Spaghetti cileni in salsa italiana”. Dietro le buone parole la realtà è questa.