Il padre – un maestro - si è incatenato ed ha attraversato a piedi la Colombia; incatenato è arrivato a Roma, Madrid, Bruxelles, Parigi per chiedere la liberazione del suo ragazzo. Per anni il presidente Uribe ha rifiutato di riceverlo dalle mani delle Farc
Colombia – Moncayo, ostaggio liberato, avverte il presidente Uribe: le Farc esistono, tenetene conto
05-04-2010
di
Alessandra Riccio
La storia di Pablo Emilio Moncayo, liberato dalle Farc, la guerriglia colombiana che da più di quaranta anni resiste e attacca nelle intricate selve del paese, ha più di un motivo di straordinarietà: la lunga detenzione del soldato Moncayo, catturato quando aveva diciannove anni e tenuto in ostaggio per 12 anni; la testarda disperazione di suo padre, il maestro Moncayo battezzato “caminante por la paz” per aver intrapreso durante molti anni, una camminata per mezzo mondo, carico di catene, per far conoscere la tragedia colombiana –non solo della sua famiglia- dovunque le sue gambe lo portassero; il ruolo davvero ammirevole della decisa e risoluta senatrice Piedad Córdoba, convinta che la guerra fra le forze armate statali e gli irregolari rinserrati nella boscaglia, ma soprattutto la tragedia dei sequestrati, vadano risolte con il dialogo, i patteggiamenti, gli accordi possibili. Per far questo, la senatrice si sobbarca fatiche intellettuali e fisiche enormi e sopporta sempre nuovi ostacoli e trappole tese dal presidente Uribe, inflessibile nella sua determinazione (frustrata) di sconfiggere quegli avversari. E c’è, infine, un dato nuovo, anche esso interessante: durante la delicatissima fase del rilascio di Moncayo, i guerriglieri –come è loro prassi- ne hanno filmato le varie fasi; hanno poi mandato il filmato a varie televisioni colombiane, ma solo una – la multistatale Telesur – le ha trasmesse, dandoci così conto del buono stato di salute del prigioniero e della regolarità del rilascio del soldato nelle mani di Piedad Córdoba, del vescovo Leonardo Gómez Serna, della Croce Rossa e dei funzionari brasiliani che il Presidente Lula ha messo a disposizione per quella operazione umanitaria. Immediatamente il governo colombiano ha criminalizzato Telesur, accusandola di essere presente sul luogo del rilascio con le sue telecamere e insinuando l’accusa di essere connivente con la guerriglia. Per Uribe le Farc devono essere ignorate; se non le ha potute distruggere, nonostante l’impiego di mezzi e di uomini, ne vuole annullare l’esistenza cancellandole dagli schermi e, soprattutto, non devono mai essere riconosciute come un oppositore belligerante. Sono dei fuorilegge, sono rinchiusi nei loro santuari silvestri, da decenni sopravvivono ricorrendo anche a mezzi condannabili come i sequestri, le irruzione nei villaggi, probabilmente il commercio di droghe, ma nessuno li ha ancora sconfitti e forse adesso anche loro sanno di trovarsi in un vicolo cieco. Forse un atteggiamento del governo più realista, disposto a riconoscere anche le proprie colpe (e sono tante) potrebbe portare finalmente ad una soluzione, dando respiro alle popolazioni contadine vittime di opposti schieramenti, eliminando finalmente l’orrore dei corpi paramilitari con licenza di seviziare, di uccidere, di massacrare.
Sbarcato dall’elicottero, un Pablo Emilio Moncayo in divisa, con un bel taglio di capelli militare, dopo aver abbracciato la famiglia e aver simbolicamente tolto le catene al suo coraggioso padre, si è detto felice di essere tornato nella civiltà ma ha avvertito che –per quanto invisibili- le Farc esistono.
Alessandra Riccio ha insegnato letterature spagnole e ispanoamericane all’Università degli Studi di Napoli –L’Orientale. E’ autrice di saggi di critica letteraria su autori come Cortázar, Victoria Ocampo, Carpentier, Lezama Lima, María Zambrano. Ha tradotto numerosi autori fra i quali Ernesto Guevara, Senel Paz, Lisandro Otero.E' stata corrispondente a Cuba per l'Unità dal 1989 al 1992. Collabora a numerosi giornali e riviste italiani e stranieri e dirige insieme a Gianni Minà la rivista “Latinoamerica”. E’ tra le fondatrici della Società Italiana delle Letterate.