Dovevamo vedere anche questa: Scilipoti che si compiace di sollevare la cornetta del telefono per porgere il verbo berlusconiano a una platea che, attraverso la tv, diventa il Paese tutto. Ma una scena così avrebbero potuto risparmiarcela, se non volevano che ci accorgessimo della emergenza democratica, etica, ma prima ancora ridicola. E dire che il Tg1 a truccare la realtà ci è abituato, visto che lo fa ogni giorno, capovolgendo la gerarchia delle notizie “ad personam”. Se c’è da nascondere un’altra magra del piccolo Silvio, si apre con la politica estera, mentre se c’è da esaltare una nuova bufala propagandistica, finisce in coda anche la morte dei nostri soldati in guerra (al cui funerale il premier non sacrifica certo un bunga bunga). Ma pazienza: ormai non hanno vergogna più di niente e Minzolini è costretto a reggere il culo (flaccido) di Berlusconi, se vuole continuare ad accollare le sue spesucce al popolo italiano, alla maniera di Nicole Minetti.
Silvio difende lo zio Mubarak, Napolitano difende l’Italia
La querelle sul federalismo è stata veramente difficile da interpretare per noi comuni spettatori, ma non ci sarebbe riuscito neanche colui (Champollion) che decriptò la stele di Rosetta. Una «riforma storica» defunta in commissione e poche ore dopo riportata in vita come Lazzaro, per ordine del re dei re. E Bossi, che appena 24 ore prima aveva pronunciato il suo solito, retorico e falso aut aut («federalismo o morte!»), si acconciava ancora una volta a tirare a campare. Poi, nella gazzarra dei talk show, qualcuno riusciva a far capire (anche al popolo leghista!) che un federalismo capace solo di alzare le tasse se lo possono pure ficcare nella padania. Ma poi è arrivato Minzolini che ci ha propinato i proclami di vittoria per il miserabile golpe abortito, che il presidente Napolitano respingeva al mittente. Mentre Berlusconi parlava al mondo della sua enorme popolarità, senza dimenticare di difendere zio Mubarak, la cui sorte ormai sente strettamente legata alla sua.
Tutta colpa di Berlinguer
Mentre dal resto del mondo ci arrivano immagini di folle in rivolta e di repressioni sanguinose a dorso di cammello, Silvio Berlusconi si fa intervistare da giornalisti compiacenti, che gli porgono pacate domande scritte da lui medesimo (o da Giuliano Ferrara, che è molto più intelligente di lui). Si tratta del nuovo episodio di una fiction, lunga quasi quanto Sentieri, visto che nessun politico al mondo ha potuto godere di una campagna ininterrotta durata decenni (e purtroppo non ancora finita). Il nuovo set è stato già analizzato da tutti i giornalisti con qualche sgomento, ma pochi hanno voluto sottolineare la finezza con cui Berlusconi ha attribuito il gigantesco debito pubblico accumulato dal 1980 in poi, non ai democristiani e a Craxi, suoi alleati e foraggiati, ma ai comunisti e a quel Berlinguer che fu l’unico a sostenere la necessità di una politica di rigore economico e morale. Perciò Berlusconi, lasci stare Berlinguer e si dimetta, magari insieme allo zio di Ruby.
Il federalismo di Bossi? Più tasse per chi le paga
Nonostante lo straripare di Maurizio Lupi, che, come tutti i berluscones ha l’obbligo dell’incontinenza (speriamo solo verbale), la puntata di Ballarò è stata interessante. Bersani, pur dopo la presa in giro di Crozza, ha continuato a usare le sue metafore, mentre il fido Pagnoncelli ci ha insegnato ancora una volta a leggere i sondaggi con paziente precisione. Anche se Lupi, appena pochi minuti dopo che era stata comunicata la quota del Pdl (27%), già si allargava al 50%. Invece è chiaro e certificato da tutti gli istituti di ricerca che Pdl e Lega insieme, al momento non arrivano nemmeno al 40%. In particolare è stato bello scoprire che a credere nella panzana leghista secondo la quale il federalismo fiscale farà diminuire le tasse, è solo il 12 % degli italiani, cioè pressappoco la percentuale che viene attribuita al partito di Bossi. Gli altri italiani, quelli normali, hanno capito che invece le tasse locali aumenteranno. Ma solo per chi già le paga, ovviamente.
La “morosa” del Capo e i servizietti della fedelissima Lega
Certo, si fa una gran fatica a capire che cosa succede attraverso la mera tv. Non parliamo del resto del mondo, dove si avventura giusto Gad Lerner che è straniero, ma di questa nostra Italia, che ha 150 anni, ma ne dimostra più di duemila. Comunque, una cosa l’abbiamo capita, almeno su Arcore, ormai nota hard-core. Nicole Minetti, messa con le spalle al muro dal cerbero Boccassini, ha confessato di essere lei la «morosa» di Berlusconi. E infatti lui ce lo aveva detto, nel filmato, che la sua fidanzata era presente alle feste e dunque non poteva trattarsi di festini a luci rosse. E se la ragazza del suo cuore (anzi dei suoi denti) usava soldi di Berlusconi per riempirgli la villa di escort, non era per incitamento alla prostituzione, ma solo per amore. Un sentimento di cui, del resto, anche la pm Boccassini si macchiò, trent’anni fa. Ci sono le prove, gentilmente fornite al Giornale da un consigliere di Cassazione leghista. E poi dicono che alla Lega interessa solo il federalismo.
Sono nata a Ghilarza (Oristano), ho studiato lettere moderne all’Università Statale di Milano, in pieno 68. Ho cominciato a lavorare all’Unità alla fine del 73, quando era ancora ‘organo’ del Pci, facendo esperienza in quasi tutti i settori, per approdare al servizio spettacoli negli anni 80, in corrispondenza con lo straordinario sviluppo della tv commerciale, ovvero con l’irresistibile ascesa di Silvio Berlusconi. Ho continuato a lavorare alla redazione milanese dell’Unità scrivendo di televisione e altro fino alla temporanea chiusura del giornale nell’anno 2000. Alla ripresa, sotto la direzione di Furio Colombo, ho cominciato a scrivere quotidianamente la rubrica ‘Fronte del video’, come continuo a fare oggi. E continuerò fino a quando me lo lasceranno fare. Nel 2003 è stato stampato e allegato all’Unità un volumetto che raccoglieva due anni di ‘Fronte del video’.