Le donne non hanno solo manifestato. Hanno dimostrato forza politica alternativa. Pensate che i politici “dei poteri” abbiano capito il danno che fanno alla società tutta intera – formata da due generi – sottraendo non la partecipazione omologata, ma il libero pensiero e l’autonoma volontà politica delle donne?
Sarà disastroso se ricominceranno, come sono abituati, a pensare di doverci dare, ebbene sì, due o tre posti in più da qualche parte. Per evitare le distorsioni, occorre rafforzare la consapevolezza della prova di forza che – senza che noi volessimo fosse una prova di forza – abbiamo dato.
Di fronte alla situazione fallimentare del governo non c’è stato un partito, un sindacato, un’associazione nazionale che abbia lanciato una protesta di tutto il paese in tutte le piazze a difesa dei principi. Perfino all’estero hanno fatto eco solo le donne. Perfino in Mozambico. Perfino con il tricolore….
Solo le donne hanno dimostrato coraggio e capacità politica alternativa. La parola “dignità”, risuonata in tutte le città, è il termine con cui la Costituzione dà significato alla cittadinanza. Nella protesta ha rivestito non il generico valore ideale, ma quello che coinvolge tutta la persona umana, anche il corpo. Infatti, nessuno può mai prescindere dalla corporeità, di cui il maschile si serve senza assumerla come valore e che usa nella competizione anche militare, nello sport, nelle relazioni interpersonali anche d’amore. Anche molti uomini hanno manifestato per la dignità delle donne: “io non mi comporterei mai come Berlusconi”, dicevano (ma qualcuno tacitamente lo invidiava); senza accorgersi che più ancora di quello delle donne è stato umiliato il loro corpo. Disperante che quasi nessuno se ne renda conto: le donne non possono sostituirli anche nella difesa della loro dignità. Se escludiamo questa coscienza per i due generi, la compravendita che fa reato sarebbe solo quella del vendere per denaro il voto o l’appartenenza politica.
Le amiche che, dall’interno della comunità femminile, temevano la discriminazione di donne perbene contro donne permale si saranno rese conto di essere fuori tema: era il momento di “fare politica di donne”, non di discutere se è scelta libera il vendere sesso (oppure organi da trapiantare). Anche se né il corpo del singolo – della singola – né la metafora del corpo sociale, del “corpo delle leggi”, dell’ habeas corpus sono merce: di per sé, tuttavia, contengono ancora il senso umano pieno perché prescindono dal significato non rigidamente astratto del termine. Anche questi corpi esigono una cura. Mite, nella responsabilità.
Un altro dato da rilevare, non senza connessione con la corporeità, è quello della comunicazione intuitiva che ha prodotto l’organizzazione. E’ bastato uno slogan (“se non ora quando?”) per realizzare in ogni città un minimo di intesa su ora e luogo d’incontro e le donne sono arrivate, ovunque con largo anticipo e senza carte di identità politica. Trasversali. Coerenti con gli obiettivi.
Mi piace sempre fare il punto sugli estremi, da una come la Bongiorno (che non accetta che il vendersi legittimi la designazione alle cariche istituzionali) o dalle prostitute (che hanno capito di non essere discriminate e si sono portate i loro bravi ombrelli rossi) fino alle suore. A Roma una ha preso la parola, ma guardando internet il caso non è stato isolato. Il sito delle comboniane in apertura accoglieva la denuncia delle stanchezze che esasperano le donne: “Stanche di essere più istruite e meno occupate. Stanche di non potersi concedere più di 1,4 figli a testa, per impossibilità di guardare il futuro. Stanche di arrivare sui giornali, quotidianamente, per mesi, ancora e solo per un machismo che pensavano superato. Stanche di essere maggioranza muta. Stanche di firmare contratti di assunzione accompagnati da lettere di dimissioni in caso di maternità. Stanche di sopportare da sole il peso della cura dei familiari. Stanche di dover scegliere tra lavoro e famiglia per colpa di uno Stato assente. Stanche, indignate, ma ancora una volta forti e in piedi, a mostrare l’autorevolezza di un genere che nel quotidiano sceglie tutti i giorni strade forse normali, comuni, ma di una dignità impagabile che oggi, più che mai, deve mostrarsi. Mostrare il volto migliore di un’Italia che resiste e che necessita la faccia di ciascuna di noi.”
Non aggiungono “stanche di questa chiesa governata da uomini che non tengono in conto la dignità delle donne ma neppure la propria, compromettendo le ragioni di una scelta religiosa per brama di denaro e potere oppure ricusando di assumere il corpo nel concetto anodino di persona”. Ma lo diciamo noi, per reciprocità intuitiva.
Giancarla Codrignani, docente di letteratura classica, giornalista, politologa, femminista. Parlamentare per tre legislature