Non ho niente contro e regali e contro il presepe, figuriamo se perdo tempo contro i mulini a vento con tutto quello che c’è fare sulle strade dei senza dimora e nell’aiuto a persone che non riescono nemmeno a trovare un riparo per sé e i propri figli. In fondo Gesù è stato fortunato: ha trovato riparo in un caravanserraglio, ha avuto il riscaldamento naturale delle eventuali bestie presenti, non ha patito la solitudine e l’abbandono perché gli angeli hanno sostituito il carillon e i pastori hanno provveduto al latte prescritto dal pediatra.
Il presepe è un segno, solo un segni, ma come tutti i segni deve essere vero e trasparente. Se diventa solo poesia e scusa per distogliere gli occhi dalla strada, allora è un inganno e una truffa e come fece Mosè che spezzò le tavole della Toràh contro il vitello d’oro, bisognerebbe annientarlo e buttarlo via. Tutto dipende dal cuore e dalle intenzioni. Se il presepe ci richiama all’esigenza di incarnare la nostra fede nella vita e nella storia facendoci carico dei tanti, troppi «Gesù Bambini» che non hanno nemmeno la stalla, la greppia e la mangiatoia per riparasi dal vento e dal freddo, dalla fame e dalla sete, allora sono il primo a fare non uno ma cento, mille presepi.
Ad una condizione, pero: chi attacca gli immigrati come causa dei mali italiani e pericolo per i posti di lavori che i nostri figli non vogliono fare e chi bestemmia contro i barboni perché sporcano le nostre città, costoro non possono in coscienza fare il presepio perché commettono un peccato che non sarà perdonato né in cielo né in terra perché è un peccato contro lo Spirito Santo. Chi è xenofobo, egoista, berlusconista, bossiano o bossita ed appoggia partiti che mettono in atto politiche di esclusione, non può fare il presepio perché rinnega Dio e la dignità umana che è il cuore dell’incarnazione di Dio.
Natale è riscatto dell’umanità, di tutta l’umanità di ogni umanità. Dio lo fa e tu?
Il regalo è un gesto umano e carico di sentimento. Quando uno fa un regalo, mette in esso il meglio di sé e lo consegna alla persona a cui fa il regalo. Se poi il regalo ricevuto è inatteso è ancora più bello perché è il simbolo del pensiero di chi lo fa senza aspettarsi un cambio. Fare un regalo è nell’ordine della natura e dell’autenticità del cuore. Per questo il regalo deve essere libero, sincero, espressione del profondo, segno espressivo di qualcosa di più grande che supera lo stesso gesto. Poiché uno non riesce ad esprimere con le sue capacità tutto l’amore che racchiude in sé si affida ad un regalo per dire l’indicibile. Il regalo è lì, osservato, guardato, interiorizzato: è il sigillo di un amore senza parole e senza null’altro che l’amore. Il regalo esprime l’unicità di chi lo riceve per chi lo fa.
Se però il regalo si fa perché lo si deve fare, perché è tempo di Natale e quindi di regali, perché lo impone la società, perché è San Valentino, la festa della mamma, del papà, dei nonni, del lusco e del brusco e tutti gli scemi corrono dietro al mercato che impone le sue esigenza e i suoi tempi, ammazzando lo spirito del regalo, allora no, allora è pura prostituzione: potrebbe significare che si fa un regalo perché obbligato, ma non parte dal profondo del cuore.
Ecco perché dico, a Natale non fate regali e ditelo: «non faccio regali a comando, io faccio solo regali d’amore». A Natale, uscite dalla chiese luoghi, spesso senza Dio, e andate a cercare quel Gesù Bambino smarrito e senza casa, abbandonato da tutti e dalla società dei regali e fatevene carico. Solo così Gesù non nasce più perché lui è nato ed è per sempre, ma possiamo rinascere noi come nuove creature che hanno fatto un passo in più alla ricerca del vero volto del Dio di Gesù Cristo.
Vivere tutto questo da soli è buono, ma viverlo in comunità e insieme è ancora più «segno» ancora più «dirompente».
Paolo Farinella, biblista, scrittore e saggista, è parroco nel centro storico di Genova in una parrocchia senza parrocchiani e senza territorio. Dal 1998 al 2003 ha vissuto a Gerusalemme "per risciacquare i panni nel Giordano" e visitare in lungo e in largo la Palestina. Qui ha vissuto per intero la seconda intifada. Ha conseguito due licenze: in Teologia Biblica e in Scienze Bibliche e Archeologia. Biblista di professione con studi specifici nelle lingue bilbiche (ebraico, aramaico, greco), collabora da anni con la rivista "Missioni Consolata" di Torino (65.000 copie mensili) su cui tiene un'apprezzata rubrica mensile di Scrittura. Con Gabrielli editori ha già pubblicato: "Crocifisso tra potere e grazia" (2006), "Ritorno all'antica messa" (2007), "Bibbia. Parole, segreti, misteri" (2008).