Ha commesso il gravissimo errore di sospettare che Falcone si fosse arreso alla "normalizzazione" del ministro Martelli. Non era vero. Ma Orlando, ex sindaco di Palermo, ha ravvivato la speranza nella lotta contro la mafia, perché dimenticarlo? Non erano le lettere anonime del Corvo che hanno avvelenato le ricerche del pool di Borsellino. Saviano ha sbagliato. Errore pericoloso con la macchina del fango che imperversa
Difendo Leoluca Orlando dalle accuse di Saviano
11-11-2010
di
Pietro Ancona
Sebbene Leoluca Orlando abbia commesso errori gravissimi di giudizio su Falcone con il quale ebbe dissensi a proposito di Andreotti e nutrì sospetti per l’incarico ricevuto da Martelli fino a denunziarlo al Csm di tenere nel cassetto inchieste scottanti non si può fare di lui il regista della macchina del fango che avrebbe travolto Giovanni Falcone. In primo luogo perché Giovanni Falcone non fu travolto dalla macchina del fango ma ucciso dalla mafia nel contesto di una guerra in cui questa era alleata con lo Stato.
In secondo luogo perché le critiche di Leoluca Orlando seppure pesanti ed inaccettabili provenivano da ambienti della antimafia e non della zona grigia ed oscura né paramafiosa che effettivamente usava la diffamazione contro il grande Magistrato. Erano critiche sbagliate e basta. In sostanza quello che si chiama “fuoco amico” fatto alla luce del sole e con pubbliche e roventi polemiche. Non erano le lettere anonime del Corvo che fecero del Palazzo di Giustizia di Palermo un luogo di tragedie in cui si tramavano intrighi spaventosi contro Falcone e quanti come lui volevano davvero lottare la mafia. Fare di tutto un mazzo come ha fatto ieri sera Saviano, sommare le critiche sbagliate di Orlando e Della Chiesa o Galasso a quella del “Corvo” e dei tanti che lottarono Falcone con mezzi subdoli è sbagliato ed inaccettabile.
Giustamente Giovanni Falcone definì le critiche di Leoluca Orlando “komeiniste”. Ma si trattava di critiche provenienti dagli ambienti palermitani impegnati nella lotta contro la mafia che erano basate su un tragico errore di valutazione dovuto al fatto che Falcone sosteneva che il cosidetto terzo livello non esiste e che la mafia non aveva mandanti ma era un potere in sé. Affermazione che oggi possiamo ritenere valida proprio nel momento in cui emergono gravi complicità tra Stato e Mafia che hanno le stesse responsabilità nel processo decisionale come possiamo constatare leggendo le confessioni di Massimo Ciancimino.
Falcone sostenne di non poter tenere conto delle dichiarazioni di un pentito contro Andreotti perché calunniose cosa questa imperdonabile per Leoluca Orlando che fece della lotta ad Andreotti ed al suo potere politico in Sicilia una bandiera. Ed ancora destava sospetti negli ambienti komeinisti della antimafia siciliana che comprendeva esponenti del PCI e del mondo cattolico il fatto che il socialista craxiano Martelli lo chiamasse al Ministero. Falcone accettò l’incarico e questo fu visto come una fuga dalla prinma linea della lotta alla mafia. Non fu così perché tutti gli strumenti giuridici e le strutture organizzative della lotta alla mafia di oggi sono state studiate e proposte da Giovani Falcone proprio durante la sua direzione al Ministero della Giustizia.
È un giudizio storicamente e politicamente sbagliato quello di Saviano. Falcone fu indebolito dalle critiche ingiuste di Leoluca Orlando, ma la sua terribile morte non può essere attribuita a quelle critiche ma al tumore maligno che cresceva dentro lo Stato e che ancora oggi seppur individuato probabilmente continua a crescere.
La macchina del fango è quella che si è messa in moto contro Fini per mesi sottoposto ad un vero e proprio linciaggio mediatico per la casa di Montecarlo. È quella che si era cominciata a muovere contro la Marcegaglia dopo le sue critiche al governo. E’ l’uso combinato del dossieraggio e dell’attacco di spregiudicati cinici e prezzolati giornalisti che disonorano la professione. È certamente anche quella che si è mossa dentro lo Stato contro Falcone ostacolandolo nella carriera di magistrato. Ha ragione Saviano nel ritenere la democrazia in pericolo per l’uso appunto della “macchina del fango” contro tutti i possibili critici o avversari di Berlusconi.
Ma questo deriva dal fatto che lo Stato è diventato possesso privato di una persona ricchissima e potentissima che lo usa nella lotta contro i suoi avversari politici e non. Deriva dallo indebolimento della Costituzione e dalla crescente differenziazione tra la Giustizia per i potenti e quella per i poveri e la gente comune che emerge dai pacchetti sicurezza. Dall’indebolimento della società civile e dei lavoratori a cui vengono sottratti diritti con ogni legge prodotta durante questa legislatura. La macchina del fango è possibile quando lo Stato non è più lo Stato di Diritto ma lo strumento con il quale una parte della società opprime l’altra, la più debole.
Già membro dell'Esecutivo della CGIL e del CNEL, Pietro Ancona, sindacalista, ha partecipato alle lotte per il diritto ad assistenza a pensione di vecchi contadini senza risorse, in quanto vittime del caporalato e del lavoro nero. Segretario della CGIL di Agrigento, fu chiamato da Pio La Torre alla segreteria siciliana. Ha collaborato con Fernando Santi, ultimo grande sindacalista socialista. Restituì la tessera del PSI appena Craxi ne divenne segretario.