E la Lega del senatore Porcellum dopo anni di governo sopravvissuto col voto di fiducia scopre che il voto di fiducia chiude la bocca
19-12-2011
di
Gino Spadon
E bravo Fini ad aver richiamato all’ordine i leghisti sibilanti facendo loro notare che solo i pecorai fischiano. L’indegna gazzarra alla Camera, oggi, e al Senato ieri, ha fornito la riprova, se ancora ce ne fosse stato bisogno, di quanto sia patologica la smemoratezza e di questi novelli smemorati di Collegno.
Ma dove sono stati finora questi scalmanati, questi subumani inviperiti degni della più scalcinata commedia dell’arte? C’è da chiedersi se tanta incredibile smemoratezza non dipenda da qualche ampollina di acqua del Po bevuta in eccesso, tra un rutto e l’altro, mentre discutono sul tipo di corna da mettere al prossimo raduno di Pontida, o sul significato arcano di parole come “clivi” “membranza” “traggi” trovate nel “Va pensiero”, o sul “fato” incombente su tal Solima di cui, a detta dei leghisti più anziani, non si sa bene se sia brava donna o buona donna. Come faccia poi il popolo leghista a sopportare questi loro rappresentanti che han saputo solo divorare quel che hanno potuto in tutte le greppie, rimane un mistero per noi esseri umani. Forse ha ragione un mio conoscente della Valbrembana, bicornuto leghista della prim’ora, il quale sostiene che i Bossi, i Calderoli, i Castelli, i Bricolo, i Borghezio et similia sono venerati perché i loro nomi hanno stupefacenti virtù emetiche.
E’ infatti cosa nota e scientificamente accertata, che quando qualcuno in famiglia legaiola, dopo omeriche strippate di cassoeula o di polenta e osei, si sente torcere le budella e venir meno, è sufficiente pronunciare uno qualsiasi di questi nomi, mettiamo quello del dentista o quello del rintronato, perché il disiato vomito venga a liberarlo dallo strazio in modo torrentizio. Se così è, e mi guardo bene dal mettere in dubbio la parola di un leghista della prim’ora e per di più valbrembanese, devo riconoscere che una certa funzione, o funzione certa, ce l’hanno questi risibili urlatori della politica.
Gino Spadon vive a Venezia. Ha insegnato Letteratura francese a Ca' Foscari.