La Lettera

Per Terre Sconsacrate, Attori E Buffoni

Governo denunciato

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Dire, fare, mangiare

E la chiamano cellulite

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Maurizio CHIERICI – “Chi si astiene è un assassino e una spia”

25-03-2010

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Lettera a Le Monde alla vigilia delle elezioni francesi che hanno rimpicciolito Sarkozy. “Assassino della democrazia che la destra sta svuotando; democrazia che la Francia ha conquistato due secoli fa e difeso da nazismo e fascismo, purtroppo meno dagli affari, ma siamo sempre lì, sempre di guardia per impedire la catastrofe. Questo è il momento. Spia, perché il lampeggio delle nostre astensioni segnala agli autocrati decisi a governare senza controlli, la debolezza di un buonsenso debole per litigiosità interne che offuscano l’impegno di una solidarietà consolidata dalla storia, impegno da rafforzare per rafforzare la dignità di tutti i francesi”. Esagerata retorica, ma a Parigi è andata bene; adesso tocca a noi.

La mia generazione è cresciuta nel dopoguerra sui banchi di una scuola che aveva sopportato il fascismo. Adesso lo so: una fortuna negata ai ragazzi che si abbandonano inconsapevoli alla tv. Il maestro di montagna arrivava in classe con un vecchio giornale: Popolo d’Italia, fondato da Benito Mussolini, diretto da Arnaldo Mussolini, fratelli impegnati ad imbrogliare il paese. Seduto in cattedra, declamava la lezione di storia che abbiamo subito capito e amato. Non parole solenni; cronaca di un’adunata fascista a Livorno. Duce sul palco, “diecimila balilla” ascoltano. Omelia a domande: “Volete voi che le potenze plutocratico- massoniche umilino il popolo italiano imponendo leggi degenerate?”. Cosa potevano rispondere i balilla? “Volete voi che le regie colonie strappate alla barbarie dal sacrificio eroico dei nostri soldati, vengano ingoiate dai nemici dell’Italia, prima nel mondo?”. Il finale li coinvolge con un impegno assoluto: “Siete voi disposti a morire per difendere il sacro suolo della patria fascista?”. La banda attacca Giovinezza, i balilla cantano sfoderando il saluto romano e il maestro di montagna ripiegava il giornale con due parole: “Ho voluto farvi sapere come si può essere ridicoli disinformando chi non sa”.

Ridicolo e dittatura diventano l’equazione che ci accompagna per tutta la vita nella convinzione che il ritorno alla democrazia aveva sepolto per sempre il grottesco dei regimi. Ecco il brivido che immalinconisce cinquant’anni dopo, ascoltando Berlusconi sul palco dell’amore di piazza San Giovanni. Dogmatico, risoluto. “Volete voi che la sinistra vada al governo per raddoppiare le tasse? Volete voi che i magistrati della sinistra ascoltino le vostre telefonate usurpando il sacrosanto diritto alla privacy? Siete disposti a lottare per impedire che l’Italia perda la libertà?”. Subito l’inno “Silvio c’è, Silvio c’è” e Silvio e i suoi ministri e il popolo della piazza ascoltano con la mano sul cuore. Non è una liturgia che ha sbagliato secolo. L’avanspettacolo comunica intenzioni che il condottiero annuncia nel suo regno televisivo: repubblica presidenziale, riforme che imbavagliano i magistrati, mano dura contro l’eversione di un’informazione infame perché racconta tutto, proprio tutto, e il potere non lo sopporta. Una differenza col passato c’è: giurano e battono le mani non scolari costretti all’obbedienza in divisa, ma adulti che vanno in ufficio, al ristorante, al cinema, liberi di scegliere di vestirsi come capita. Cittadini, non manichini. Magari uomini d’affari illusi dagli affari che il presidente del consiglio promette. Purtroppo nessuna speranza che prima o poi escano dalla zona grigia per misurarsi con la realtà. Galleggianti nel vuoto.

Ma la democrazia non prevede vuoti. Le ostentazioni di disappunto per errori che ci sono e vanno isolati dopo aver fermato il disegno dei piccoli uomini convinti di essere giganti; questo disappunto segnala diserzioni e dispersioni le quali minacciano il buonsenso. Rafforzano poteri estranei all’etica e ingrandiscono la rassegnazione in un paese quasi indifferente. Esasperano rabbie individuali trascurando l’urgenza del buonsenso. Nell’impossibilità di distinguere gli scontenti e gli indignati dai menefreghisti, il non voto di protesta di chi non sopporta il grottesco di un governo pronto a egemonizzare il potere, autorizza questo potere girando la testa con un sospiro: “Passerà”. Lo ripetevano i democristiani cileni la cui neutralità ha condannato alla morte e all’esilio per 17 anni un milione di cittadini colpevoli di non disarmare davanti alla dittatura di Pinochet. Errore che una certa Italia ha evitato negli anni della Resistenza. I fazzoletti garibaldini, Bobbio, Galante Garrone, Ugo La Malfa e Giorgio Bocca di Giustizia e Libertà, partigiani cattolici e partigiani fedeli alla monarchia, si sono uniti senza scavare le differenze per affrontare assieme l’ingiustizia dei poteri assoluti. Aspettando il plotone di esecuzione, Giacomo Ulivi, studente liberale, lascia poche righe di rimpianto per le ragazze che non potrà più amare ma ribadisce la speranza che uniti sia possibile rovesciare l’oppressione. Solo dopo aver firmato la Costituzione, De Gasperi e Togliatti hanno preso strade diverse, con occhi rivolti ad amici che non si somigliavano. Ed è cominciata quest’Italia fino ad oggi democratica, malgrado tutto. Difenderla o affidarla alle mani che sappiamo, domenica dipende da noi. Poi ne parliamo.

 

Commenti

  1. Marco Sabattini

    Belle parole sì..qui da noi in Toscana i fatti intanto dimostrano che in termini di difesa ambientale, sanità e sQuola la nostra
    regione non è meglio di altre, TUTTI i politici si giustificano puntualmente di fronte a domande “scomode”
    come la TAV (e sul Mugello farei notare che il silenzio assenso pesa di più di quello della Val di Susa..), l’edilizia selvaggia o il “pattume” facendo notare che se ci sono dei guasti sono inferiori
    a quelli di altre regioni! NOT IN MY NAME..NON VOTERO’ PER NESSUNO, NESSUNO RAPPRESENTA IL MIO PENSIERO, e se ci sarà bisogno di
    tornare alle macchia, cercheremo di essere degni di quelli che ci hanno preceduto!

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