Enzo Bianchi, L’altro siamo noi, Einaudi
Un nuovo testo del fondatore e priore della comunità monastica di Bose sul nostro rapporto nei confronti degli Altri. Sul dialogo tra culture e religiosità diverse. Il dialogo, appunto, come reciproco progresso, per “avanzare insieme”. Un piccolo saggio da leggere e sul quale riflettere, non importa se laici o credenti. Perché essere democratici, aperti, antirazzisti, pacifisti è più facile a dirsi che a farsi; è un lavoro “faticoso ma prezioso”, un confronto che ciascuno può compiere personalmente, ma che anche la società tutta dovrebbe intraprendere, per evitare che quel confronto si trasformi in “un muro contro muro tra identità violente”. Aveva scritto il segretario generale dell’Onu Kofi Hannan che “un’Europa ripiegata su se stessa diverrebbe più meschina, più povera, più debole, più vecchia”. Mentre un’Europa aperta ai migranti, invece, sarebbe certamente “più giusta, più forte, più ricca, più giovane”.
Lev Nikolaevič Tolstoj, Chadži-Murat, trad. di P. Nori, Voland
Lunga vita ai piccoli editori. Senza di loro, infatti, l’editoria sarebbe in buona parte fatta di best-seller spesso di dubbia qualità e di uffici stampa sempre a caccia di giurati per aggiudicarsi un qualsiasi premio. Questa volta è il caso di Voland che con questo bellissimo romanzo postumo di Tolstoj, “Chadži-Murat” – Šklovkij scrisse che “è il racconto sui contadini che l’autore per tutta la vita desiderò scrivere” -, inaugura una collana, almeno per ora, dedicata a grandi autori russi tradotti da importanti scrittori italiani (e come non ricordare la leggendaria ma sventuratamente defunta serie einaudiana di “Scrittori tradotti da scrittori”?) Un ritorno alle origini della casa editrice nata proprio con l’intento di promuovere in Italia la letteratura russa e, più in generale, le letterature slave. Prossimi autori: Turgenev, Čechov, Gor’kij, Dostoevskij, Puškin, la Cvetaeva, tradotti da, oltre a Nori, Pia Pera, Niero, Daniele Morante e Serena Vitale. Formato tipo la mitica vecchia Bur e con tanto di nome del traduttore in copertina. Evviva.
Michèle Petit, Elogio della lettura, trad. di L. De Tomasi, Ponte alle Grazie
Può l’antropologia essere applicata ai libri e ai loro lettori? A quanto pare sì, ci spiega l’autrice – antropologa francese, per l’appunto – di questo piacevole saggio per scrivere il quale ha studiato “sul campo” i lettori, e ne ha raccolto parole ed esperienze. Cosa significa aprire un libro e mettersi a leggerlo? Molte cose e molto diverse: scoprire mondi lontani, o magari se stessi nelle parole di un altro, vivere emozioni sconosciute, regalarsi uno spazio e un tempo che nessuno – almeno per ora – può portarci via, crescere, darsi strumenti per affrontare meglio la vita (ricordate la commedia di Dario Fo “L’operaio conosce 300 parole, il padrone 1000, per questo è lui il padrone”?) Imperdibile poi il capitolo 7, “La paura del libro”, in cui si tratta di divieti della Chiesa, di potere, di leggi che vietavano l’insegnamento della lettura ai neri (fino a metà Ottocento in South Carolina), o la proibizione di leggere il “Don Chisciotte” durante la dittatura del macellaio cileno Pinochet, o il rogo di libri ordinato dal mullah Omar in Afghanistan…
Paolo Collo (Torino, 1950) ha lavorato per oltre trentacinque anni in Einaudi, di cui è tuttora consulente. Ha collaborato con “Tuttolibri” , “L’Indice” e “Repubblica”. Ogni settimana ha una rubrica di recensioni su "Il Fatto Quotidiano". Curatore scientifico di diverse manifestazioni culturali a Torino, Milano, Cuneo, Ivrea, Trieste, Catanzaro. Ha tradotto e curato testi di molti autori, tra cui Borges, Soriano, Rulfo, Amado, Saramago, Pessoa.