Fonte: http://job24.ilsole24ore.com
Hotel Armani e appartamenti di lusso, 30 mila dollari al giorno. 10 miliardi pagati dallo sceicco per tamponare il debito di 60 miliardi. Quanti “schiavi” morti sul lavoro? Segreto di stato. Niente paura: indiani e bengalesi. Silenzio delle famiglie liquidato con mille dollari, salario della paura dei fragili nababbi.
DUBAI – Il 4 gennaio, alle ore 20.30 di questo deserto, lo sguardo del mondo si è fermato sull’esplosione di luci e fuochi d’artificio spettacolari che hanno animato l’inaugurazione del grattacielo più alto del mondo, il Burj Khalifa di Dubai.
Le celebrazioni negli Emirati non sono solo inaugurazioni, sono la possibilità di sfoderare l’orgoglio nazionale, di far vedere al mondo di cosa questo pezzo di deserto che fino a 25 anni fa non aveva altro che sabbia e cammelli, è riuscito a creare.
Grazie ai suoi leader, sceicchi che di generazione in generazione, a partire da Sheik Zayed, hanno dato vita ad uno sviluppo ed una crescita non indifferenti. Tutti hanno visto la scintillante inaugurazione, tutti sono rimasti a bocca aperta davanti allo spettacolo, i presenti hanno guardato un video che non ha solo celebrato la nascita del grattacielo dei record, ma i 4 anni di regno dell’attuale sceicco e la sua visione moderna di sviluppo di Dubai.
Quello che era il Burj Dubai fino a ieri, nome che ha accompagnato la fondazione della prima pietra nel 2004, oggi si chiama Burj Kalifa per omaggiare lo sceicco di Abu Dhabi che, tra parenti fa di tutto pur di lavare i panni sporchi in famiglia: ha elargito 10 miliardi di dollari per tamponare la crisi della Dubai World ed aiutare a ripagare il debito di 60 miliardi di dollari.
Il gigante di 828 metri, altezza precisa svelata soltanto durante la cerimonia, supera di gran lunga il Taipei 101, solo 509.2 metri, e le Petronas Towers con 452 metri, insomma oltre al record uno “schiaffo” ed un messaggio all’Asia: il futuro e la tecnologia non abitano più lì. Vi hanno lavorato 12.000 operai al giorno, tutti i giorni, anche sotto il sole cocente dell’estate araba e nessuno parla di quanti ne possono essere morti in incidenti sul lavoro: di solito, quando succede, il corpo sparisce e si manda alla famiglia del defunto una cifra irrisoria di 1.000 massimo 2.000 dollari per “compensare” la perdita. Soldi che finiscono in India o nel Bangladesh, fornitori non ufficiali di manodopera a bassissimo prezzo e di schiavi moderni.
Sarà sede di uffici, negozi, un Hotel Armani ( un incanto: ma chi saranno i turisti disposti a pagare 30 mila dollari al giorno per affacciarsi sul niente ) ed appartamenti di lusso i cui proprietari hanno avuto, insieme allo sceicco ed ai suoi invitati privati, un palco riservato all’inaugurazione.
La pessima macchina organizzativa che, nel giorno dell’inaugurazione ufficiale del Burj Khalifa, ha aperto la stazione della metro adiacente. La metropolitana di Dubai, inaugurata cinque mesi fa, non ha ancora tutte le stazioni funzionanti. Se il flusso di curiosi e invitati può essere stato intenso, ma regolare prima della cerimonia, alla fine si è trasformato in bolgia incontrollata. Avevano raccomandato di viaggiare in metro per non penare nel traffico: sono arrivata a casa quattro ore dopo. Anche il treno sotterraneo era un inferno. La stazione, incapace di contenere la gran folla, è stata presa d’assalto e si sono create code ed assembramenti inenarrabili. Alcuni pazzi hanno attraversato una super strada di scorrimento per tentare l’accesso dalla parte opposta. Nessuno, malgrado l’ingente apparato di “sicurezza” ed organizzazione, è stato in grado di gestire il caos. La zona intorno al grattacielo si è paralizzata, e c’è chi ha aspettato più due ore per prendere un taxi facendo la fila al centro commerciale vicino. L’ incubo continua.
Incubo del quale la stampa locale ( e lo si capisce ) non ha speso una parola, purtroppo anche i media internazionali non ha fatto cenno: nel giorno della gloria nazionale tutto deve essere per forza perfetto e, se qualcuno non può tornare a casa in elicottero, e si deve fare quattro ore di attesa per trovare un mezzo di trasporto, non si deve sapere. Per non spaventare le banche sparse nel mondo che hanno condiviso la follia e adesso fanno i conti. In rosso.
Giulia Tosi, ricercatrice impegnata nell’analisi sociale e politica del Medio Oriente